Home Braccialetti rossi Eleonora Andreatta e la “sua ” Raifiction: meno storie in costume, più attenzione al sociale, produzioni per Raidue ed internet per svegliare il pubblico

Eleonora Andreatta e la “sua ” Raifiction: meno storie in costume, più attenzione al sociale, produzioni per Raidue ed internet per svegliare il pubblico

Eleonora Andreatta, nuova rsponsabile di Raifiction, anticipa le novità: più spazi alla contemporaneità, produzioni per Raidue e per internet

pubblicato 22 Febbraio 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 21:07

Se non è una rivoluzione, ci siamo quasi. Almeno stando a leggere sul “Venerdì di Repubblica” le parole di Eleonora Andreatta, nuova responsabile di Raifiction, da qualche mese a capo di una struttura capace di regalare grandi ascolti alla Rai (i più recenti sono quelli di “Volare-La grande storia di Domenico Modugno” e di “Che Dio ci aiuti 2”), ma anche grandi polemiche.

La fiction italiana, si è sempre detto, è lontana dal sentire comune, racconta storie che non rispecchiano la società, sembrano voler prendere le distanze dal pubblico. A questo vuole rimediare la Andreatta, che alla spalle ha un curriculum di tutto rispetto: laureata in Lettere, ha studiato in America ed è in Rai dal 1995. E sempre avere le idee chiare su come cambiare la fiction del servizio pubblico.

“Prima di tutto [bisogna partire] cercando di rappresentare il mondo contemporaneo e la molteplicità e ricchezza dei punti di vista”, spiega il neocapo di Raifiction, che ha già ordinato nuovi titoli che dovrebbero andare in questa direzione. Nello specifico, le nuove serie racconteranno un nuovo modello femminile, non più legato a canoni desueti, ma legati a tematiche moderne e portatrici di sani valori.

In questo senso va interpretata “Le due leggi”, fiction di Andrea Purgatori e Laura Ippoliti che racconterà di una direttrice di banca che, di fronte a numerosi clienti in difficoltà, decide di aiutarli aggirando le regole. Oppure “Un’altra vita”, scritta da Ivan Cotroneo, Monica Rametta e Stefano Bises, che avrà come protagonista un medico che, dopo uno scandalo che coinvolto il marito, si trasferisce con i figli e trova lavoro in un ambulatorio.

Questo non vuol dire addio alle fiction in costume. Se ci devono essere, però, che vengano raccontate con una declinazione moderna:

“Continueremo a fare fiction d’epoca, magari meno ma soprattutto mai polverose e distanti. Lavoreremo sul genere in modo innovativo, come si fa nel resto d’Europa. Produrremo una serie in sei puntate, ‘La dama velata’, ambientata all’inizio del ‘900 che mescola mèlo e fantasy”.

Spazio, come sempre, anche alle monografie dedicate a personaggi che hanno fatto la storia del nostro Paese, come Giorgio Ambrosoli, al centro di “Qualunque cosa accada” con Pierfrancesco Favino, ed una miniserie sul maestro Manzi, che contribuì al alfabetizzare l’Italia con “Non è mai troppo tardi”.

Nuove vie saranno invece rappresentate da fiction che proveranno a raccontare il mondo degli adolescenti, come “Braccialetti rossi”, remake di una serie catalana, in cui seguiremo le vicende di un gruppo di ragazzi ricoverati in un ospedale pediatrico, mentre “L’oro di Scampia”, con Beppe Fiorello, mostrerà il desiderio di riscatto sociale con lo sport.

Sul fronte lunghe serialità, arriverà “La porta rossa”, poliziesco-sovrannaturale scritto da Giorgio Rigosi, Silvia Napolitano e Carlo Lucarelli mentre, dopo anni, si tornerà a produrre anche per Raidue:

“Ogni rete ha un pubblico diverso. Ed è fondamentale che la nostra offerta possa diversificarsi. Poi se Raiuno ha un pubblico più ampio e tradizionale ed è quindi necessario rinnovare con gradualità, Raidue e Raitre permettono di introdurre una maggiore velocità di innovazione.”

Il rinnovamento, pare, passerà anche per internet, con Raifiction pronta a produrre anche per il web, come il già annunciato “Una mamma imperfetta”:

“Ogni mezzo ha le sue regole che influenzano le possibilità del linguaggio, e per un grande editore come la Rai è fondamentale e stimolante sperimentare nuove forme di racconto. Il web, poi, permette una vera interattività con uno spettatore. Ci piacerebbe che il pubblico non fosse un terminale passivo della nostra offerta, ma complice rispetto al racconto. Anche in televisione non vogliamo una fiction dei telefoni bianchi, ma racconti che giochino con i generi e che coinvolgano lo spettatore con tematiche che possano appassionarlo. Vogliamo un telespettatore attivo, che non si addormenti”.

Ecco, è proprio quest’ultima parte il problema vero della fiction italiana: non riesce a stimolare il pubblico, a tenerlo sveglio, a creare dei gruppi di discussione, a spaccare e, perchè no, a diventare fenomeno. Una lacuna che il servizio pubblico non può ignorare.

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