Home Notizie C’è tempo per… togliere gli occhi dal gobbo. Cronaca di un programma dove niente è spontaneo

C’è tempo per… togliere gli occhi dal gobbo. Cronaca di un programma dove niente è spontaneo

A C’è tempo per… Beppe Convertini non stacca mai gli occhi dal gobbo. Agli ospiti vengono poste domande, ma mentre rispondono il conduttore è già concentrato sul quesito successivo. Sembrano prove tecniche di trasmissione, invece è il programma vero e proprio

pubblicato 12 Agosto 2020 aggiornato 29 Agosto 2020 22:25

Guardare C’è tempo per… significa stare per tutta la durata della puntata col dubbio che ci sia qualcuno dietro le tue spalle, perché è lì che finiscono puntualmente gli occhi di Beppe Convertini. Lo sguardo non è mai diretto alla telecamera, visto che è impegnato a controllare anche le virgole sul gobbo.

L’analisi del programma estivo di Rai 1 potrebbe fermarsi qui. Nulla è genuino o naturale. Tempi e reazioni sono studiati, scritti, preventivati. Motivo per cui non è ipotizzabile il fuori programma, l’imprevisto che non ti aspetti, la battuta brillante che rompe gli schemi.

Il tono della voce non cambia mai e lo spettatore non percepisce il cambio di situazioni, umori, argomenti. Tutto resta identico, come se un musicista decidesse di utilizzare un’unica nota.

Agli ospiti vengono poste le domande, ma le risposte non interessano perché mentre queste arrivano si è già pronti col quesito successivo, a prescindere dagli spunti offerti dall’interlocutore. Per Convertini è tutto un “grande”, “straordinario”, “bellissimo”. Va un po’ meglio alla compagna di viaggio Anna Falchi, che perlomeno di tanto in tanto tenta la strada della spontaneità, anche se con risultati insufficienti.

Qualcuno ha detto che sei il nuovo Corrado” dice lei, rivolgendosi al collega. Convertini è inorgoglito, gli spettatori a casa si mettono invece le mani nei capelli. E’ un raro momento non previsto dal copione che probabilmente spiega alla perfezione perché gli autori evitino di lasciarli a briglia sciolta.

C’è tempo per… è semplicemente surreale. Il pubblico è a disagio, prova imbarazzo e non si capacita di come quelle che sarebbero prove tecniche di trasmissione si possano essere trasformate in programma televisivo.