Home Un posto al sole Perché Un Posto al Sole non meritava di uscire dal palinsesto

Perché Un Posto al Sole non meritava di uscire dal palinsesto

La tv è ritualità, la soap è ritualità nella ritualità: 25 anni di appuntamenti quotidiani interrotti all’improvviso e non (solo) per Coronavirus sono un’ingiustizia.

pubblicato 31 Maggio 2020 aggiornato 30 Agosto 2020 01:22

Da lunedì 25 maggio Un Posto al Sole non è più nel palinsesto di Rai 3: dopo quasi 25 anni di presenza praticamente quotidiana, la soap opera all’ombra del Vesuvio ha visto sparire anche l’appuntamento con le repliche, dovuto allo stop delle riprese causa Coronavirus. Per non lasciare sguarnita lo slot, UPAS e Rai Fiction avevano pensato di riproporre le puntate del 2012 per ricordare le origini della storia d’amore tra Filippo e Serena. Non un’operazione di puro riempimento, però: a sostegno delle repliche, la squadra web di Un Posto al Sole ha pensato ad alcune iniziative parallele come il commento live in second screen con gli attori, anche quelli ormai fuori dal cast regolare, e il recente Un po’ sto a casa, su RaiPlay, che ha provato a testare forme narrative in presenza, sul set a prova di Covid, e a distanza per non far perdere al pubblico il contatto con i suoi beniamini. E anche per non per perdere il contatto col racconto del quotidiano tanto caro alla soap.

Eh sì, perché dall’ottobre 1996 Un Posto al Sole non ha mai lasciato la sua posizione se non per qualche evento eccezionale, come qualche copertura informativa extra o qualche evento sportivo, provvedendo sempre a recuperare le puntate saltate alla prima occasione possibile. Qualche anno sono state realizzare persino versioni ‘estive’ per limitare al minimo la lontananza con il pubblico: non sempre sono venute bene, non sempre hanno raggiunto i risultati sperati, ma lo zoccolo duro dell’ascolto, che è poi quello che regge la lunghissima serialità non ha mai davvero mollato l’appuntamento quotidiano con il suo rito.

La televisione, si sa, è sopratttutto rito, anche in tempi di programmazione personalizzata, di library originali h24, di piattaforme che sfornano titoli sulla base dei pollici su. La televisione generalista è rito e l’appuntamento con la soap del cuore è un rito nel rito: è l’orologio che scansiona la giornata, è il momento di distacco dalla realtà, è la coccola, per molti il guilty pleasure inconfessabile.

Fin dal debutto, quindi, Un Posto al Sole non ha mai abbandonato il suo pubblico, raccoltosi su una rete storicamente e tradizionalmente lontana dalle soap come Rai 3, ma in fondo perfetta per accogliere una sfida. E quella di UPAS è stata una sfida tripla: in primis perché ha significato l’arrivo in Italia di una british soap, di stampo sociale quindi, in un’Italia che non sa cosa sia EastEnders e che ha sempre cercato epigoni di Beautiful; in secundis perché è riuscita ad adattarsi così bene dall’originale australiano da mimetizzarsi con la realtà; infine perché ha puntato su un centro di produzione di tradizione, ma ‘delocalizzato’ come il CpTV di Napoli.

Ecco anche perché quasi 25 anni dopo il debutto, limitarsi a cancellare un appuntamento perché in replica o, peggio, per ‘bassi’ ascolti, è doppiamente ingiusto. È ingiusto verso il mezzo (la tv e la sua ritualità) e verso il genere (la lunghissima serialità).

Gli ascolti di Un Posto al Sole Classic

Se poi la scusa è quella degli ascolti, la mossa suona ancora meno opportuna. E ulteriormente ingiusta.

Le repliche di Un Posto al sole sono partite il 6 aprile, quando si è esaurita la riserva di puntate registrate prima del lockdown. Il calo degli ascolti era inevitabile, ça va sans dire, nonostante il già citato impegno per creare un second screen originale di supporto.

Lo scorso 25 maggio, poi, la decisione improvvisa del neo direttore di Rai 3 Franco di Mare di togliere dal palinsesto le repliche di Un Posto al Sole e anche il nuovo access di Salvo Sottile, Palestre di Vita, una nuova produzione che non ha di certo potuto godere del traino di UPAS e che per sua stessa natura non poteva contare sul richiamo da ‘evento’ di quanto l’aveva preceduto, come il ciclo de La Scelta – I partigiani raccontano di Gad Lerner.

Ciò detto, al posto delle repliche di Un Posto al Sole sono state programmate le repliche di GenerAzione Bellezza. Per quanto l’operazione repliche fosse ormai ridondante per parte del pubblico di fedelissimi, va detto che UPAS ha dimostrato di reggere botta. In un rapido confronto tra le ultime tre settimane di messa in onda delle repliche e la prima col nuovo assetto, non sembra che gli ascolti di fascia beneficino particolarmente del cambio di programmazione.

Fatto salvo venerdì 15 maggio, in cui UPAS non è andato in onda per dare spazio al ricordo di Ezio Bosso nel giorno della sua scomparsa, e sottolineato l’inizio della seconda parte della Fase 2 da lunedì 18 maggio, un confronto ‘secco’ tra le repliche non sembra giustificare la decisione di togliere UPAS dal palinsesto e di tagliare quel cordone ombelicale tra una soap e il suo pubblico, che al valore simbolico ne aggiunge uno intrinseco al linguaggio stesso della tv e della narrativa di lunga serialità.

Quale futuro per Un Posto al Sole?

Tempo di nuove sfide, quindi, per Un Posto al Sole. Primo punto, capire quando si potrà riprendere a girare. Per Un Po’ sto a casa gli attori sono tornati sul set, uno alla volta, per registrare brevi clip con la troupe ridotta all’osso. Sembra, però, che il settore sia arrivato a un protocollo condiviso di sicurezza per riprendere le produzioni cine-tv dalla fine di giugno.

Quando rivedremo UPAS su Rai 3 con le nuove puntate al momento però non è dato saperlo: l’impegno è quello di tornare presto. Le linee di produzione pre-Covid vedevano un gap di un paio di mesi tra realizzazione e messa in onda, ma vedremo che tempistica decideranno di adottare col ritorno sul set, considerato che un paio di settimane ad agosto sono di pausa, come è normale, al CpTV.

La sfida maggiore per UPAS, però, è il come.

Prima del lockdown, infatti, la soap di Rai 3 stava attraversando un momento non particolarmente brillante sul piano narrativo. Situazioni spinte al limite, personaggi che sembravano aver perso bussola e brillantezza. Una opacità di scrittura che stava avendo qualche riverbero sugli ascolti, per quanto, come dicevamo, l’ascolto di una lunghissima seralità soffre meno la variabilità sul breve termine, ma sa essere implacabile sul medio-lungo periodo.

Questa pausa potrebbe essere (stata) l’occasione giusta per rimettere a punto un meccanismo che rischiava di andare fuori fase: 25 anni sono tanti, certo, ma Un Posto al Sole ha mostrato nel tempo una grande capacità di rimodularsi. A volte fermarsi per riprendere fiato può servire. Talvolta anche fare un passo indietro per guardare meglio ‘the bigger picture’. Ad majora.

 

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