Home Il Gusto di Sapere, Rossano Boscolo a Blogo: “Niente urla e piatti rotti: parto dai libri per far conoscere la storia della cucina”

Il Gusto di Sapere, Rossano Boscolo a Blogo: “Niente urla e piatti rotti: parto dai libri per far conoscere la storia della cucina”

Un format inedito che racconta la cucina italiana attraverso i libri che l’hanno fondata.

pubblicato 9 Maggio 2020 aggiornato 30 Agosto 2020 02:09

Un cooking show sui generis: si presenta così Il Gusto di Sapere, al via domani, domenica 10 maggio, alle 13 su La7 e a partire da sabato 16 alle 19.20 su La7d. Alla guida Chef Rossano Boscolo, un uomo innamorato della cucina e della sua cultura: si sente dalla gioia con cui ne parla, dai sorrisi che accompagnano i suoi racconti. E’ uno studioso appassionato ed entusiasta, collezionista curioso ma lontano dalle polveri dell’Accademia, quelle che spesso allontanano i giovanissimi. Ed è invece proprio ai ragazzi che guarda Chef Boscolo, non solo con la cura che riserva agli allievi della sua Campus Etoile Academy, ma anche col suo nuovo programma. Un format del tutto inedito, che parte dai libri per arrivare ai fornelli: i protagonisti sono i grandi classici della letteratura gastronomica non solo italiana che hanno gettato le basi per la cultura culinaria del nostro Paese.

Al centro, quindi, ci sono gli autori prima dei cuochi, che pure sono chiamati a realizzare le ricette ‘oggetto di studio’, ma che prestano di fatto mani e conoscenza per trasformare in azione quanto tramandato. La centralità del ‘sapere’ è data anche dalla location scelta, ovvero il del Garum, il museo e biblioteca della cucina di Roma dove si conservano gli antichi, e preziosi, volumi che raccontano e testimoniano l’evoluzione della cucina italiana.

L’aspetto storico e culturale della cucina è spesso ignoto ai giovanissimi, anche a quanti anelano diventare grandi chef magari attirati ‘solo’ dalla popolarità televisiva delle star tv. Ed è proprio a loro, oltre a quelli che pensano di sapere tutto per meriti televisivi, che si rivolge Boscolo con queste prime 8 puntate, realizzate da Prodotto, fattori di videoevoluzione con il supporto di NEFF – e in collaborazione con la divisione Lab7 di Cairo Pubblicità. Non è una prima volta tv per lo chef, che abbiamo visto insieme a Massimiliano Rosolino in Un dolce da maestro.

Ma a raccontarci la filosofia, gli obiettivi e la struttura di questo nuovo programma è lo stesso chef Boscolo che abbiamo avuto il piacere di intervistare alla vigilia del debutto in solitaria. Ma chiariamo subito, non è una conduzione, come specifica subito chef Boscolo.

“Come è questo programma? Beh, intanto mi piace pensarlo come un incontro tra amici per parlare di storia della cucina, una chiacchierata tra colleghi partendo da una ricetta tratta da uno dei libri che hanno fatto la storia della cucina. Partiamo dalla Belle Epoque per arrivare al secondo Dopoguerra…”

Si parte dal Novecento, quindi…

Sì, perché è un periodo di grande sfarzo, in cui non mancano libri sulla ‘cucina dell’amore’ o di ricette per ‘conquistare’ una donna, in cui si descrivevano non solo i piatti e le mise en place ma anche i tessuti migliori per decorare la sala da pranzo. C’è una varietà di testi molto curiosa, ma poi scoppia la Prima Guerra Mondiale, con la prima grande crisi del Novecento; il primo dopoguerra sembra ridar fiato, ma poi le sanzioni contro il Fascismo creano condizioni ancora diverse, fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale e al secondo Dopoguerra. Un altro grave periodo di crisi, quindi, come quello che stiamo vivendo.

In effetti si tratta di situazioni anche molto attuali…

Sì, in questo è molto interessante e anche per questo abbiamo deciso di partire dal Novecento. Avremmo potuto iniziare con la cucina del Cinquecento, quella delle corti, dei signori, dei Papi, che hanno sempre avuto i migliori cuochi, diciamocelo (e ridacchia sornione). Ma sarebbe stato un racconto troppo lontano da noi. Ci interessava, invece, mostrare proprio le similitudini col passato e cosa abbia significato il Novecento per la nostra cucina. Ci sono cose molto curiose e particolari: la cucina regionale italiana, ad esempio, nasce con le sanzioni del 1935. La necessità di dover utilizzare solo i prodotti nazionali fa si che si sviluppino nuove ricette, nuove tecniche, come quella dello Chef Pettini che per risparmiare combustibile s’inventò la pentola ‘a cassetta’ (oggi ‘cassetta di cottura’, ndr) e si riscopranoi prodotti del territorio, come il riso, per evitare i costi del trasferimento in altre zone. Una antesignano di quello che oggi chiameremmo il Km Zero, allora dettato dalla necessità. In quegli anni cambia, per forza di cose, l’economia e cambia anche la cucina. Tutte cose che si ritrovano nei libri, non semplici chiacchiere.

Quando dice ‘noi’ a chi si riferisce? Ha scelto lei tutte le ricette che fanno parte di questo primo percorso nella storia della cucina?

In questo percorso mi è stato vicino il mio amico e ‘libraio’ di fiducia, Matteo Ghirighini: è lui che mi segnala i volumi più interessanti. Perché tutte le ricette arrivano dalla mia collezione personale, sa (e si sente nella voce tutto l’orgoglio del collezionista appassionato). Sono oltre 3000 volumi originali che ora sono in mostra al Garum, al Circo Massimo, dove abbiamo realizzato le puntate. E tra i vari volumi parleremo anche dell’Almanacco della Cucina Regionale Italiana del 1937, giusto per tornare al nostro discorso.

Si passa quindi dalla pagina scritta alla ricetta: ma come?

L’ingrediente chiave è proprio il libro. In ogni puntata chiacchiero, come dicevo, con amici chef  di quel che leggiamo sui libri. Non importa chi l’abbia scritto, se di destra o di sinistra, se un signore o un poveraccio… quel che conta è quello che c’è scritto, è quello il nostro riferimento. Leggiamo, commentiamo e realizziamo: la cosa particolare, però, è che nella realizzazione della ricetta si vedono solo, o almeno principalmente, le mani. Mentre leggiamo prende forma la ricetta. Poi ci sono degli inserti, ci sono le tavole realizzate dalla Scuola Internazionale di Comics di Napoli: vedrete, è una cosa davvero particolare.

Libri e mani protagonisti più di ‘volti’ e ‘nomi’. La presenza della scuola di Napoli mostra ancora di più la sua voglia di coinvolgere i giovani. Qual è l’obiettivo di questo format?

Far conoscere la storia della cucina. Voglio far conoscere ai ragazzi, e non solo, chi ha fatto la storia della cucina, chi ha segnato la cultura gastronomica del nostro paese. Spesso sono nomi poco conosciuti, che in tv non si sentono mai nominare, che sul web non si trovano. La tv e il web hanno alzato un ‘muro’ tra quello che si vede facilmente e quello che bisogna andare a cercare. Tra un po’ i ragazzi non sapranno più neanche chi è Gualtiero Marchesi, nonostante sia il padre della cucina italiana moderna, e di certo già pochissimi ricordano Angelo Paracucchi, grandissimo chef insieme a Marchesi, che però era più riservato, meno abile nella comunicazione e per questo dimenticato. Ecco, i ragazzi oggi sono più attratti dallo show e sempre meno dalla ‘ricerca’, dallo studio. E invece è fondamentale anche perché sono convinto che nessuno più inventi niente, ma che ciascuno di noi possa dare un contributo per migliorare qualcosa già fatto da altri. Ma bisogna conoscere cosa è stato fatto.

In fondo lei centra uno dei grandi problemi culturali della formazione di oggi, la mancanza di cultura storica…

Guardi (e il tono si fa sorridente), ìo ho fatto tante cose importanti della mia vita…. Ho 64 anni e li ho vissuti tutti nella gastronomia, ho fondato la più importante scuola di cucina in Italia, che posso dire essere ‘la madre di tutte le scuole’ e oggi non mi interessa tanto andare di ricetta in ricetta. Oggi mi dedico alla cultura, all’insegnamento e sto scrivendo la storia mia e degli ultimi quarant’anni della pasticceria perché voglio che i giovani sappiano cosa c’era prima. Il mio obiettivo, da oggi in poi, è dare valore a chi ha fatto la storia della cucina, a chi ha segnato la gastronomia italiana.

Un’opera di divulgazione culturale prima ancora che gastronomica, insomma…

Assolutamente sì. Il programma vuole basarsi soprattutto su questo. E anche per questo quello che si vedrà in tv è davvero una cosa unica. Niente schiaffi o parolacce o piatti che volano in cucina, ecco. E spero che continui e che si possa andare avanti, perché abbiamo tanto da raccontare: dal Cinquecento a oggi, la storia della cucina è anche la storia politica, che passa dai banchetti delle grandi corti europee alla cucina borghese post Rivoluzione Francese. E un capitolo a parte meriterebbero le cucine dei Papi e dei Cardinali, sa, che hanno sempre mangiato molto bene: i migliori chef sono sempre stati i loro! (e ride di gusto). Ma, come dicevo, abbiamo preferito iniziare da qualcosa di molto più vicino a noi, che i nonni possono ricordare e che i nipoti possono imparare.

E in effetti, come dicevamo all’inizio, il settore della ristorazione sta vivendo una grave crisi: come pensa se ne possa uscire?

Spero davvero che ne usciremo con qualche valore in più. Di certo questo periodo ha fatto riscoprire a tutti il valore della cucina, della preparazione, della convivialità, forse dato un po’ troppo per scontato: farina a ruba, lievito al mercato nero… gli italiani si sono ritrovati ai fornelli. La cucina, come valore, come espressione di cultura, ha tenuto molto bene. Ecco, penso che ce l’abbiamo nel DNA ed è importante conoscerla, al di là di quello che ci raccontano gli show più popolari o gli spezzoni su YouTube.

 

La speranza, quindi, è che il programma vada ben oltre le puntate finora realizzate. Di certo il format si presenta come un unicum nel panorama di genere e potremo seguirlo da domani, domenica 10 maggio, su La7 alle 13. Buona visione. E buona lettura.

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