Home Un posto al sole Peppe Zarbo a Blogo: “Un Posto al Sole dà voce a chi non ce l’ha. Franco? Vivrà un periodo difficile”

Peppe Zarbo a Blogo: “Un Posto al Sole dà voce a chi non ce l’ha. Franco? Vivrà un periodo difficile”

Il pubblico di Un Posto al Sole trattiene il fiato per scoprire cosa succederà a Franco Boschi. Noi l’abbiamo chiesto al suo storico  interprete, Peppe Zarbo.

pubblicato 19 Marzo 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 22:53

E’ una delle colonne di Un Posto al Sole, nel cast dal 1996 nel ruolo di Franco Boschi, cui gli autori non hanno risparmiato nulla nel corso degli anni, tra tenebre e resurrezioni, romanzi criminali e salvataggi eroici: parliamo, ovviamente, di Peppe Zarbo, da 23 anni protagonista della Soap (con S maiuscola) della tv italiana. Proprio in questi giorni è al centro di una delle storyline più tensive degli ultimi tempi: gli aficionados di UPAS (circa 2 milioni ogni sera su Rai 3, nella fascia più competitiva del palinsesto) l’hanno visto nella puntata di ieri, lunedì 18 marzo, difendere Giulia Poggi (Marina Tagliaferri) dalla vendetta di Manlio Picardi (Paolo Maria Scalondro). E così lo abbiamo lasciato sul pavimento della Terrazza mentre lamenta di non sentire più le gambe: uno shock per i telespettatori, che hanno in mente una sola domanda, la stessa che abbiamo fatto anche noi a Zarbo, che ringraziamo subito per averci concesso un po’ del suo tempo nella fitta agenda di registrazioni di UPAS. La domanda è, ovviamente….

Come sta Franco?
Franco sta bene, grazie (e sorride ‘con la voce’, ben conoscendo la sete di spoiler di chi è dall’altra parte della cornetta). E’ chiaro che la situazione avrà i suoi sviluppi e andrà avanti per alcune settimane… ma non posso dirti molto, anche perché Un Posto al Sole è bello viverselo giorno dopo giorno.

Sì, ma io un’altra domanda te la devo fare: rivedremo Prisco?
Beh, in fondo non è mai andato davvero via: se Franco era costretto alle stampelle era per colpa sua, che ha mandato i suoi scagnozzi a dargli una lezione. Diciamo che lo rivedremo: sta girando nuove puntate… Peraltro è davvero un piacere lavorare con lui.

L’importante è che tu non vada via…
Ma guarda, anche noi viviamo l’avventura di UPAS giorno per giorno, quindi non si può mai dire cosa succederà. Occhio, non sto dicendo che vado via, eh… Semplicemente che siamo lavoratori che si impegnano ogni giorno e che a fine anno raccolgono i frutti di quel che hanno seminato. E nulla va dato per scontato. Non è che il fatto di essere qui da 22 anni ci garantisca qualcosa, anzi: riuscire ad andare avanti è una sfida continua. Gli ascolti ci premiano, ma il contesto è sempre più competitivo, tra il web, le altre reti, le nuove piattaforme: resistere e soprattutto fare bene, rendendo sempre credibili le nostre storie, è la nostra mission.

Peppe e Franco, una storia lunga 22 anni: peraltro il tuo personaggio è stato tra quelli che ha avuto un arco di sviluppo tra i più interessanti e costanti. Entrato da ‘maudit’, come soggetto poco raccomandabile, si è poi affermato come uno dei protagonisti più affidabili: da ‘cattivo soggetto’ a ‘supereroe’, insomma, che non ha paura di intervenire, di proteggere gli altri…
E’ una fortuna interpretare un personaggio così positivo. Proteggere qualcuno è un atto d’amore ed è bello potersi spingere in questa direzione nella costruzione del personaggio. Ne sono contento, anche perché tendo ad essere protettivo anche nella vita, ma senza essere ossessivo, perché gli altri devono poter fare le proprie esperienze…

… sento molto il tuo essere papà in questo…
Eh beh, sì, stavo pensando proprio ai miei tre figli (sorride) che sono i miei maestri, da cui imparo tanto.

E anche Franco sta imparando qualcosa in questo periodo: l’incidente alla schiena prima e le conseguenze dell’attacco di Manlio lo stanno mettendo di fronte alle sue debolezze. Che momento è per Franco?
Sicuramente in questa fare il personaggio sta attraversando delle fragilità: quando fai i conti con un incidente, con problemi fisici anche importanti, la vita – e ne parlo come attore e come persona – cambia completamente. Franco ha sempre raccontato delle storie universali, che hanno a che fare con il Bene e il Male, e in questo momento vive un blocco: per lui è un momento di grande riflessione. In fondo anche nella vita di tutti i giorni tendiamo a dare tante cose per scontato e fin quando le cose scorrono tranquille viviamo spesso anche in modo superficiale. Arriva però il momento in cui qualcosa cambia e rimetti in discussione tutte le tue priorità: capisci che si è fallibili, che si è vulnerabili. Franco è in questa fase: lui che non esitava a buttarsi nelle cose, a intervenire per difendere gli altri, si trova a fare i conti con questa sua nuova dimensione.

Franco quindi si avvia verso una nuova fase. Cosa vuol dire per Peppe?
Per me è una grandissima opportunità: lavorare in un progetto come questo, a lungo termine, dà la possibilità di cambiare continuamente prospettiva. Non è vero che i personaggi sono sempre uguali: i personaggi cambiano davvero, cambiano con i tuoi umori, cambiano con l’età e io continuo a divertirmi. Leggere delle scene in cui il personaggio si comporta in maniera completamente diversa da quello che ti aspettavi è stimolante: la scrittura riesce a sorprendere ancora e io provo sempre grande piacere e grande gioia nel fare Un Posto al Sole.

Eppure fare UPAS è davvero un impegno continuo…
Ti dico solo che in questo momento stiamo lavorando su 5/6 blocchi in contemporanea: moltiplicali per i giorni della settimana e ti rendi conto che abbiamo in piedi circa 35 episodi aperti ogni giorno. Non c’è davvero modo di annoiarsi (sorride). Da una parte gli scrittori ti apparecchiano possibilità interessanti e dall’altra ci siamo noi che cerchiamo di renderle al massimo, sempre, nei tempi a disposizione. Giusto per farti un esempio, la scena di ieri, in cui Franco si spacca la schiena, in una fiction verrebbe girata in due giorni: noi l’abbiamo girata in due ore. E così si lavora di istinto e di tanta preparazione prima. Ma i risultati alla fine sono belli e la soddisfazione è nel rapporto con il pubblico.

Nel bene o nel male, devi fare i conti con l’identificazione Peppe – Franco…
Ma sai, la cosa più bella è che è il pubblico il primo a immedesimarsi, non solo nelle storie. Per i telespettatori i Boschi, i Ferri, i Poggi sono dei vicini di casa, che vedono ogni sera e come tali ci trattano.. Poi qui a Napoli ci hanno adottato: è una città meravigliosa. Siamo cresciuti col pubblico, siamo invecchiati con loro… Mi fa ridere, e mi fa anche un po’ impressione, avere delle fans, magari anche coetanee, che sono nonne, giuro! (E sorride).

Franco Boschi non ti ha tolto nulla?
Franco, e Napoli, mi hanno regalato tante soddisfazioni. Sono riuscito a costruire cose davvero belle intorno a me. Noi facciamo un mestiere meraviglioso, perché possiamo interpretare i nostri personaggi finché non moriamo (sorride). Non mi sento un attore a un punto ‘morto’, anzi: Franco mi ha permesso di raccontare tantissime storie, belle e intense, e tante altre, sono certo, ne verranno. Il problema sai qual è?

Dimmi…
E’ che qui stiamo bene: stiamo bene a Napoli, stiamo bene al Centro Produzione Tv, stiamo bene a UPAS. Certo, c’è sempre il desiderio di andare oltre, ma è anche vero che Un posto al sole ti impegna per 47 settimane l’anno su 52 e i protagonisti registrano 256 episodi l’anno. E’ un impegno gigantesco: e se vuoi goderti almeno un po’ anche la tua famiglia non c’è molto tempo per fare altro. Ma poi, come dicevo, con Franco non mi annoio mai! Guarda, ti dirò che alle volte invidio chi ha linee più leggere come Marzio Honorato (Renato) o Patrizio Rispo (Raffaele)… loro sono davvero supereroi della risata (sorride). Con Franco, invece, l’adrenalina è sempre alta, bisogna stare sempre sul pezzo.

E sul pezzo c’è sempre anche Un posto al sole: proprio la storia di Manlio e Adele cade in un periodo in cui femminicidio e violenza domestica sono argomenti particolarmente caldi.
Guarda, il bello di Un Posto al Sole, e uno dei motivi per cui per me è un cult, è che riesce a trattare temi importanti con leggerezza, senza quella morbosità che si trova in altri tipi di prodotti e di programmi tv. A noi interessa portare all’attenzione di tutti un tema, in questo momento quello del femminicidio, senza cavalcarlo, ma per invitare a riflettere. La cosa che mi piace è che ne parliamo in punta di piedi, senza concessioni alla morbosità, senza mercificare il dolore, senza rendere la vittima di violenza anche vittima di un certo modo di fare tv. Noi li trattiamo con un’apparente leggerezza, giusta anche per la fascia oraria in cui andiamo in onda e considerato anche che nel nostro pubblico ci sono bambini e giovanissimi. Le battute di Raffaele e di Renato, anche in una puntata drammatica come quella andata in onda ieri, servono a sdrammatizzare per non traumatizzare chi è davanti alla tv: ed è questa la natura profonda di Un posto al sole.

Direi di sì, visto che proprio in questo periodo UPAS ha toccato uno dei suoi record d’ascolto.
Il messaggio che vogliamo far passare con la storia di Adele e Manlio è quello di denunciare, denunciare, denunciare sempre, anche un solo schiaffo. Magari una puntata di UPAS può aiutare qualcuna a trovare il coraggio di uscire dal guscio. Un Posto al Sole diventa un modo per dare voce a chi non ha il coraggio di farlo.

Bene, ora noi speriamo di vedere Franco di nuovo in sella alla sua moto…

Chi lo sa! Staremo a vedere! E’ tutto in progress e stiamo cercando di raccontare anche qualche disagio del personaggio, quella fragilità che viene fuori quando affronti eventi che cambiano la tua vita.

 

Noi ci contiamo.

Un posto al sole