Home Il collegio Il Collegio spopola, l’autore Busso a Blogo: “Non c’è niente di fiction, anche se a volte può sembrare surreale”

Il Collegio spopola, l’autore Busso a Blogo: “Non c’è niente di fiction, anche se a volte può sembrare surreale”

Il Collegio di Rai2 raccontato dall’autore Luca Busso.

pubblicato 20 Febbraio 2019 aggiornato 31 Agosto 2020 00:29

Giunto alla terza edizione, Il Collegio è un piccolo gioiellino del palinsesto di Rai 2. Non ha soltanto il pregio di unire i buoni ascolti agli apprezzamenti della critica, ma può anche contare su risultati importanti nella fascia dei più giovani. La seconda puntata, andata in onda il 19 febbraio, ha segnato il 41% sul target 8-14 anni (+9 rispetto alla puntata precedente), intanto il programma raggiunge sempre il primo posto dei trending topics su Twitter e i giovani protagonisti si vedono gonfiare a dismisura i followers dei propri profili social. Per parlarne abbiamo contattato l’autore del programma realizzato in collaborazione con Magnolia – Banijay Group Luca Busso, che cura la trasmissione sin dalla prima stagione (da quest’anno senza Massimo Righini, nel frattempo diventato direttore creativo di Nonpanic).

Come mai Il Collegio piace così tanto?

“Il programma, di stagione in stagione, si è consolidato. Quest’anno poi abbiamo optato per un cast più variegato per rappresentare varie tipologie umane. Ci sono quelli più scatenati, ma anche quelli più riflessivi: l’obiettivo era raccontare lo scontro che si è visto nel ’68 tra le regole e contro le regole. Così, abbiamo cercato delle persone che potessero portare avanti delle idee simili a quelle di quell’epoca di rivolte. Quest’anno tra gli alunni ci sono delle differenze molto marcate, infatti il gruppo non è così unito come negli altri anni”.

Quanto c’è di reality e quanto di fiction?

“Non c’è assolutamente niente di fiction. Non lo dico per nascondere qualcosa, ma perché è realmente così. Anche a me ogni tanto il programma appare come finto o forzato, ma posso assicurarvi che non è così. Ovvio, noi facciamo gli autori e lavoriamo affinché le cose succedano, ma non stabiliamo niente a tavolino né indirizziamo i ragazzi su cosa dire o fare. La cosa bella di questo programma è che tutto è imprevedibile”.

Perlomeno i professori sono guidati da voi?

“Noi guidiamo il cast del professori, ma in un certo senso anche quello va da solo perché composto da persone che fanno i professori anche nella vita. Loro sanno benissimo che il nostro obiettivo è raccontare un collegio del ’68, quindi molto rigido e spesso cattivo. Certe volte però si incazzano davvero (ride, ndr)”.

La mia sensazione è che siano i ragazzi a giocarci su, recitando un copione.

“Questo può anche essere. Ormai siamo alla terza edizione, i ragazzi sanno come funziona il programma e sono ben consapevoli di essere dentro a un prodotto televisivo. Ma posso assicurarti che quando entrano nel collegio per loro avviene un cambio totale di abitudini. Sono abituati a stare tutta la giornata con il cellulare in mano, stare senza li disorienta e ben presto si immedesimano nella parte degli alunni. Iniziano a temere davvero i professori o il preside. Tanti entrano davvero in crisi e infatti decidono di tornare a casa. Pensa che noi giriamo d’estate: loro dovrebbero essere in vacanza, invece si ritrovano in un’aula a studiare davvero”.

Ecco, ma chi glielo fa fare? Per la popolarità?

“Le risposte possono essere diverse, perché ci sono persone con motivazione diverse. Ai casting quest’anno si sono presentati migliaia di ragazzi. Ci sono quelli che hanno già una vita social intensa e che si presentano perché attratti dalle telecamere. Altri lo fanno semplicemente perché vogliono mettersi davvero in gioco e vogliono. Ero presente ai casting: quello che attrae la maggior parte di loro è il fare una cosa che non succederà mai più nella vita, assolutamente unica. Certo, ci sarà anche chi lo fa solo per avere più followers sui social… “.

Tanti degli ex alunni sono diventati degli influencer (gran parte seguiti dall’agenzia House Of Talent). Il caso più eclatante è quello di Jenny De Nucci, diventata attrice e volto da un milione di followers.

“Nonostante sia stata bocciata da noi (ride, ndr)… Lei è stata bravissima”.

Una riflessione spicciola: non può diventare pericoloso esporre dei ragazzi così giovani a una popolarità incontrollabile?

“Effettivamente il pericolo può esserci. Fossi nei loro genitori starei bene attento a indirizzarli. Ma stiamo parlando comunque di una generazione estremamente social, sono cresciuti con il telefonino in mano e sono abituati a esporsi da sempre. Spero e penso che abbiano tutti gli strumenti per gestire questa popolarità, consapevoli del fatto che si affievolirà nel giro di qualche mese. Poi se c’è qualcuno come Jenny che ha voglia di mettersi alla prova per altri talenti, questo non dipende da noi”.

Perché Il Collegio piace tanto anche ai giovani? Non è scontato nella tv di oggi.

“Oggi per i giovani c’è poco da vedere in tv, infatti si riversano sul web. Questo programma porta li porta davanti al televisore: non è scontato che faccia il 41% tra gli adolescenti, e chissà in quanti se lo riguarderanno su RaiPlay. Però noi siamo felici perché facciamo arrivare ai giovani anche dei contenuti. Non ci sono soltanto le urla e le stupidate, ma anche dei contenuti di studio, di racconto delle proprie esperienze come il bullismo, di momenti discussione sulla società che ci circonda”.

Rolling Stone ha scritto: “E’ tutto così surreale da diventare ipnotico”.

“(ride, ndr) Mi è piaciuto molto quell’articolo. Se ci pensi hanno ragione: alcune volte è surreale. Alcune scene sembrano uscite da una telenovelas, ma – lo ripeto – posso assicurarvi che non c’è niente di costruito. E l’importante è che il racconta tenga e diventi, appunto, ipnotico”.

Il collegio