Home Notizie Hashtag 24, Riccardo Bocca a TvBlog: “Non ci saranno haters e aggressioni. Punto alla sostanza dei fatti. Ho l’ansia della qualità, non degli ascolti”

Hashtag 24, Riccardo Bocca a TvBlog: “Non ci saranno haters e aggressioni. Punto alla sostanza dei fatti. Ho l’ansia della qualità, non degli ascolti”

L’intervista di TvBlog al giornalista e conduttore del programma di Sky Tg 24.

pubblicato 21 Settembre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 08:11

Questa sera, venerdì 21 settembre 2018, a partire dalle ore 21, avrà inizio la seconda edizione di Hashtag 24 – L’attualità condivisa, il programma di approfondimento giornalistico condotto da Riccardo Bocca, in onda su Sky Tg24.

Anche in quest’edizione, Hashtag 24, ogni settimana, affronterà una notizia d’attualità, portando gli utenti al centro del dibattito, attraverso la partecipazione attiva e l’interazione sui social. Il pubblico potrà interagire attraverso le pagine Facebook e Twitter di Sky TG24, WhatsApp (al numero 349.6032901) e soprattutto sul gruppo Facebook del programma, Hashtag24.

Il tema della prima puntata sarà l’abuso di alcol nei giovani e gli ospiti saranno Emanuele Scafato, Liliana Di Micieli e Paolo “Pau” Bruni, frontman dei Negrita.

Noi di TvBlog abbiamo intervistato Riccardo Bocca con cui abbiamo parlato nei dettagli del programma, reduce dal successo della prima edizione.

Quali saranno gli argomenti che verranno trattati in questa seconda edizione?

Gli argomenti vengono decisi nel corso della settimana, prima della trasmissione, e sono legati all’attualità. Non posso ora anticipare quali saranno tranne che per la prima puntata, durante la quale verrà trattato il tema dell’alcolismo nei minori. Il tipo di argomenti che trattiamo sono connessi a tematiche sociali e, all’interno di meccanismi sociali, sono inclusi argomenti che hanno a che fare con la sanità, con l’economia, con la cultura… E’ un sistema di interpretazione giornalistica che parte da un elemento di attualità che, però, cerca, attraverso gli ospiti e il confronto con chi è a casa, di costruire un percorso che risponda ai perché impellenti suscitati dai temi trattati.

Verranno trattati temi strettamente politici?

No. La nostra scelta è quella di considerare la politica come uno degli elementi cruciali all’interno dei fatti. Per esempio, quando trattiamo di periferie, è evidente che i progetti che sono stati fatti dalla politica hanno una forte valenza politica ma la politica diventa un sistema interpretativo, non diventa chiacchiera politica. Quando invitiamo politici, il politico entra in questo meccanismo, non diventa protagonista in quanto sostenitore di una specifica idea politica ma diventa protagonista di un dialogo con me, con gli ospiti e con chi è a casa, all’interno della comprensione di quello di cui stiamo parlando. Da qui, l’impossibilità scientifica di sviluppare risse e polemiche che ci allontanino dalla comprensione che, tra l’altro, è lo stile di Sky. Evitare l’inutile battibecco e puntare alla sostanza dei fatti in funzione di servizio nei confronti del nostro pubblico.

Molti programmi televisivi usano l’interazione con i social. Quali sono le altre differenze dagli altri programmi che usano i social?

Noi non usiamo i social. Noi viviamo con la comunità dei social. Il programma dura tutta la settimana: continuiamo a confrontarci con il pubblico, decidiamo quali temi trattare con la collaborazione del pubblico… Non è uno strumento tecnico. E’ una comunità sempre più ampia che si trova a dialogare attraverso la tv. A questo aggiungiamo la video-lettera finale: una richiesta esplicita ad un protagonista evocato durante la trasmissione al quale chiediamo conto di particolari comportamenti oppure che sollecitiamo per eventuali interventi. Da qui, nasce un ulteriore fase di comunicazione che è quella della diffusione in rete della video-lettera che porta ad un dialogo con coloro che la ricevono. Non è solo un espediente tecnico.

L’idea della video-lettera finale, precisamente, da dove viene?

Fa parte del mio DNA personale che ho portato a Sky. Era stata fatta in chiave basica a L’Espresso dove lavoravo prima. Qui, è completamente cambiata. E’ stata rielaborata all’intenro di un meccanismo che a Sky abbiamo interpretato come la volontà collettiva di aprirci completamente e di coinvolgere i protagonisti dell’attualità. Ci tengo a sottolineare anche che abbiamo un’assenza totale di interazioni aggressive, insulti, haters…

A proposito di questo, considerando quello che vediamo quotidianamente sui social network ogni giorno, tra fake news, bufale e diffamazioni vere e proprie, l’opinione del popolo dei social come può essere considerata autorevole?

Io faccio un ragionamento diverso. Le persone che sono sui social non sono completamente differenti da quelle con le quali condividiamo la nostra vita. Non c’è un popolo del web, c’è un popolo, quello italiano, che si esprime in tutte le sue diversità, con profondità, insolenze, volgarità ma anche momenti di eccellenze, attraverso uno strumento collettivo che è la rete. Nel momento in cui questo viene perimetrato attraverso un dialogo continuo, non di chiusura, ma di richiesta di partecipazione, esclude automaticamente tutti coloro che cercano un luogo di violenza e di aggressione. Abbiamo un supervisor della parte social che segnala che il livello di aggressione è pari a zero totale.

Qual è il bilancio della prima edizione dal punto di vista della partecipazione del pubblico?

Siamo molto soddisfatti. Sky ha più livelli di ascolti: la diretta, le repliche, l’on demand. Questa fruizione ci permette di lavorare diversamente e di non dover forzare i toni ma di costruire un livello di garanzia e di affezione. Il gruppo Facebook ha, al momento, oltre 3500 persone che costantemente ci seguono e che l’hanno fatto durante l’estate. Siamo rimasti molto colpiti da questo. E’ stato come se il programma continuasse all’interno di uno scambio continuo. Questa nostra costruzione quotidiana nei confronti di fiducia e di affidabilità è la sfida che ci interessa maggiormente.

Quindi, non ha mai avuto l’ansia degli ascolti o dei risultati?

Ho l’ansia della qualità ed è un’ansia molto sana. Nella squadra che lavora con me, c’è il continuo stress della qualità. Noi proponiamo, ad inizio puntata, un’apertura che non è un semplice servizio introduttivo, è un lavoro, da un punto di vista visivo, linguistico e grafico, che costruisce un percorso narrativo che permette sia l’approfondimento che un’introduzione emotiva alla puntata. Modifichiamo sempre, passo dopo passo, per migliorarci sempre. Abbiamo cambiato le musiche, la sigla… Cerchiamo di dare un aspetto subliminale, culturale e applicativo, dal punto di vista televisivo, in modo da far percepire al nostro pubblico, una cura particolare in quello che facciamo che non è semplicemente informare ma coinvolgere con tutti gli strumenti meravigliosi e affascinanti che la tv, in generale, ha.

E’ difficile trovare ospiti disposti a confrontarsi con le domande dei social, senza filtri e senza condizioni?

E’ una bella domanda! Non c’è la difficoltà tanto a trovare ospiti disposti a confrontarsi con il pubblico. E’ una cosa che preoccupa ma non è una discriminante. Preoccupa, più che altro, il fatto che tutti coloro che arrivano in trasmissione hanno la piena consapevolezza che si entrerà sempre e realmente nel merito delle questioni, quindi, non è possibile dare risposte di comodo, visto che io le contesterò in diretta. Non ci accontentiamo della prima risposta se non è esaustiva. Vogliamo pertinenza nelle risposte, civile, educata, serenissima ma puntuale nei confronti di chi ci segue.