Home Notizie Nessuno può volare, Simonetta Agnello Hornby a Blogo: “Letteratura e tv? Non capisco chi li considera mondi opposti”

Nessuno può volare, Simonetta Agnello Hornby a Blogo: “Letteratura e tv? Non capisco chi li considera mondi opposti”

Un libro, un docufilm, un giro d’Italia: Simonetta Agnello Hornby ha fatto del dialogo tra mondi diversi e codici espressivi un unico strumento di comunicazione.

pubblicato 25 Ottobre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 04:44

Nessuno può volare ha tanti volti: nasce come un composito  progetto editoriale di Simonetta Agnello Hornby per Giangiacomo Feltrinelli Editore e laF, come libro dallo stesso titolo, uscito il 28 settembre, e come tour di incontri nelle principali città italiane. Un progetto prismatico che mostra questa sera, mercoledì 25 ottobre, su laF il suo aspetto audiovisivo con la messa in onda alle 21.15 del docufilm realizzato da Pesci Combattenti con Simonetta Agnello Hornby e suo figlio George. Li abbiamo incontrati a margine dell’anteprima, organizzata al MIA – Mercato Internazionale Audiovisivo di Roma.

Nessuno può volare è un progetto articolato, in cui narrativa e televisione sono complementari: nessun linguaggio traspone l’altro, ciascuno contribuisce a compiere il ‘viaggio’ dell’altro. Il libro si è nutrito del film e il film del libro. E dire che spesso narrativa letteraria e televisione vengono considerati due mondi distinti, per qualcuno addirittura in antitesi.

Io non ho mai pensato che la letteratura sia separata dalla tv: quando leggo un libro lo vedo, mi faccio io la mia ‘televisione’; quando vedo la tv, talvolta la ‘scrivo’, appuntando qualcosa di bello che ho sentito. Non ho mai avvertito una separazione così netta. Mi servo della parola scritta perché è quella che so fare meglio, ma tutti i media sono importanti per raccontare una cosa così fondamentale come la disabilità.

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Un dialogo tra linguaggi e mezzi, un dialogo tra madre e figlio, un dialogo diacronico tra perfetti e imperfetti, come George definisce ‘abili’ e ‘disabili’: il dialogo come struttura profonda di questo progetto e di questo docufilm. E’ George a raccontarci come è nato:

Questo progetto di fatto è nato due anni fa, quando abbiamo realizzato, sempre con Pesci Combattenti, Io & George [docuserie in onda su Rai 3 nel 2015 ]. Andando in giro per l’Italia mi sono reso conto che i disabili in società non si vedono. Eppure i numeri parlano di un disabile ogni 6 cittadini europei. Ma sono invisibili. Perché? Perché è ancora forte lo stigma della disabilità per l’individuo e per la sua famiglia Questo film è parte di un progetto personale più ampio volto a stimolare proprio una discussione sull’assenza dei disabili dalla società. Mi sono reso conto girando la prima docuserie che confrontandosi si possono trovare soluzioni brillanti ed efficaci alle difficoltà quotidiane. Quando ho spiegato quello di cui avevo bisogno non solo è stato possibile organizzare un viaggio, ma è diventato anche piacevole.

Qual è la situazione dei disabili in Italia? La parola passa alla voce profonda, determinata, decisa di Simonetta:

I servizi pubblici sono pochi, come ho sempre detto, a cominciare dai bagni. I locali pubblici devono averli per legge e hanno anche dei contributi per realizzarli, ma sono usati per tutt’altro. Per farle un esempio, all’aeroporto di Lametia Terme la porta del bagno disabili non si chiude dall’interno. Immagini cosa vuol dire usare un bagno sapendo che da un momento all’altro qualcuno può aprire la porta. Io l’ho fatto ed è stato orribile, imbarazzante…

Ma non ci sono altre priorità?

Dal bagno pubblico passa la dignità della persona. Senza un bagno attrezzato e agibile un disabile non può uscire di casa, non ha neanche la dignità di bere una birra. La mia speranza è che tutti i bagni d’Italia siano agibili: senza non c’è, lo ripeto, libertà e dignità.

Che viaggio è stato?

Ho imparato tanto da questo viaggio. E’ stato bello conoscere l’Italia, un Paese in cui ognuno cerca di aiutare nel proprio piccolo, ma in cui manca una cultura istituzionale. In Inghilterra magari c’è più indifferenza, ma a volte l’indifferenza è meglio del pietismo. Dobbiamo imparare tutti a gestire i disabili e noi stessi col disabile. Non ci rendiamo conto che anche noi invecchiando diventiamo disabili: abbiamo bisogno di bagni puliti, servizi più efficienti.

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In effetti non pensiamo mai a quando saremo noi vecchi e alla ricerca di spazi dignitosi, di servizi più efficienti. Può essere questa la chiave per sensibilizzare davvero alle esigenze di chi consideriamo ‘lontano’ da noi?

Può essere una chiave, anche perché è una novità: il concetto di invecchiamento come disabilità è recente, visto che l’età media si è alzata, per cui dobbiamo imparare a gestirla.

Cosa le piacerebbe ancora raccontarci della sua vita con George?

Il mio modo di vivere con Giorgio cambia continuamente perché la sua malattia cambia, perché i suoi figli crescono, perché tutto cambia. Quello che è importante, secondo me, della vita è non fermarsi mai a quello che crediamo sia scritto in pietra. Cambia tutto con la disabilità, ancor di più se progressiva. Le mieline non portano più gli ordini alla braccia e alle gambe, ma un giorno non li porteranno più neanche al cervello: ci sarà un momento in cui la personalità di Giorgio, così solare, potrà cambiare, magari in meglio, forse in peggio. E sarà ogni giorno diverso.

Per ora Simonetta e George ci fanno entrare nel loro rapporto, nei loro pensieri, in un quotidiano vissuto da prospettive diverse tra loro e da quelle solite. Intanto la presenza in tv di protagonisti e storie di disabilità (e penso a formati come La vita è una figata! con Bebe Vio) stanno contribuendo a rompere quel muro di invisibilità evocato da George. Confidando che sia un primo passo verso un dialogo concreto e non solo un’attenzione di ‘tendenza’.