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Narcos 3, recensione in anteprima Blogo della serie Netflix

Recensione in anteprima dei primi 4 episodi della terza stagione di Narcos in arrivo il 1° settembre su Netflix

pubblicato 1 Settembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 06:57

Quattro al posto di uno. Dopo l’inevitabile morte di Pablo Escobar, Narcos torna su Netflix con la terza stagione a partire dal 1° settembre quando saranno disponibili i 10 episodi che compongono la stagione. E saranno quattro i “padrini” a cercare di riempire il vuoto lasciato da Escobar.

Dopo il rinnovo per due stagioni arrivato alla fine della seconda stagione, c’era grossa curiosità per capire come la serie sarebbe potuta sopravvivere alla morte del suo personaggio più importante ed iconico, Pablo Escobar interpretato da Wagner Moura per due stagioni. E per una serie tv intitolata “Narcos” e non “Pablo” la strada da proseguire era forse inevitabile quanto la stessa morte: raccontare il mondo dei narcotrafficanti Colombiani e la sfida della polizia, della CIA e della DEA (l’antidroga) contro il proliferare dei cartelli della droga.

L’attenzione si sposta così sul cartello di Cali introdotto già nella seconda stagione, un impero della droga che ha proliferato sfruttando la scia di Pablo Escobar e al tempo stesso provando a staccarsi da Pablo. Mentre tutta l’attenzione era su Escobar che portava morte e spargeva sangue sulle strade della Colombia, il cartello di Cali agiva nell’ombra. I morti sparivano e non venivano ritrovati, gli affari proliferavano grazie alla totale indifferenza della polizia e ai legami sparsi in tutto il mondo e a tutti i livelli e i suoi membri erano chiamati i “gentleman di Cali“.

A fare da collegamento ideale con le stagioni precedenti resta l’agente Javier Pena, interpretato da Pedro Pascal, cui viene affidato anche l’incarico di essere la voce narrante di questa stagione al posto del suo collega Steve Murphy (Boyd Holbrook). Narcos riparte mantenendo quindi saldo l’impianto delle stagioni precedenti, dalla sigla alle lunghe spiegazioni del narratore che hanno accompagnato i momenti più significativi della serie, provando a cambiare il meno possibile per non stravolgere troppo lo spettatore.

Dopo la visione dei primi 4 episodi, in attesa del rilascio completo su Netflix del 1° settembre, la sfida da questo punto di vista è stata vinta dal team di Narcos. La serie prosegue liscia senza grandi intoppi e a giustificare l’esistenza di una nuova stagione è lo stesso agente Pena che fresco di promozione, ritroviamo insofferente negli Stati Uniti e desideroso di tornare in Colombia per proseguire il lavoro iniziato. Perchè il flusso di droga non si è fermato con la morte di Pablo, anzi c’è qualcuno che si è arricchito ancor più di Pablo. Ma Pena sarà sempre più solo in questa lotta contro il cartello di Cali che permette la visione di una Colombia pacificata e priva di morti, utile e utilizzabile anche dagli stessi USA nello scenario globale sudamericano.

I quattro padrini di Cali sono Gilberto Rodriguez Orejuela (Damian Alcazar), Miguel Rodriguez Orejuela (Francisco Denis), Pacho Herrera (Alberto Ammann), Chepe Santacruz Londono (Pepe Rapazote), fulcro della stagione insieme all’agente Pena. Gilberto è una sorta di “Re dei Re”, è il leader del cartello, la faccia imprenditoriale e rassicurante, è l’opposto di Pablo con cui anche in passato si era scontrato. Il fratello Miguel è la parte più sentimentale e empatica del poker di padrini, mentre Pacho permette di approfondire il tema dell’omosessualità in un mondo così profondamente maschile e maschilista come quello dei narcotrafficanti. Sicario implacabile (almeno nelle prime quattro puntate visionate si rende responsabile di una tra le scene più cruenti), Pacho è il referente con i cartelli messicani, mentre Chepe Santacruz aiuta la serie a stare stabilmente negli Stati Uniti, considerando che è il responsabile degli affari a New York. Accanto a loro arrivano diversi nuovi personaggi come il capo della sicurezza di Rodriguez Jorge Salcedo (Matias Varela), un uomo sagace e abile nel proprio lavoro che vorrebbe al più presto uscire dal mondo dell’illegalità per dar vita ad una propria impresa, o l’agente della DEA Chris Feistl (Michael Stahl-David) che aspira a seguire le orme del capo, Pena, e sarà determinante nella lotta al cartello di Cali. Non mancheranno anche volti noti della serialità come Miguel Angel Silvestre visto in Sense 8 che sarà Franklin Jurado, incaricato di riciclare il denaro di Cali, e Kerry Bishe (Halt and Catch Fire) che sarà la moglie americana di Jurado. 

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Il cartello di Cali è una vera e propria impresa della droga, una rete internazionale di contatti, di traffici, impenetrabile, retta da un fitto lavoro di sorveglianza da fare invidia alla stessa CIA e non solo, una gestione completamente diversa e opposta rispetto a quella del cartello di Medellin di Escobar. Sarebbe però disonesto negare quanto l’assenza della figura di Pablo Escobar si faccia sentire. Senza Pablo, senza i suoi gesti, senza il suo sguardo malinconico, la sua cadenza, il suo lento parlare, Narcos si trasforma in una semplice serie tv sulla criminalità. Narcos senza Pablo è come una squadra di calcio senza fantasia, come un film fatto di soli comprimari. Alla terza stagione di Narcos manca la sua stella, la sua cifra caratteristica, il guizzo che l’ha resa tra le serie tv imprescindibili di Netflix. Wagner Moura – Pablo Escobar con i suoi gesti, la sua aria malinconica e i suoi guizzi di allegria, con il suo parlare cadenzato, con il suo “plata o plomo” ha creato un fenomeno globale capace di entrare nell’immaginario collettivo più di tante storie e trame complicate.

Superato il “lutto” Narcos riesce comunque a camminare sulle proprie gambe, forte di una struttura solida, di un gruppo di buoni attori e soprattutto della vera storia del narcotraffico e dei cartelli della droga che anche senza troppa fantasia forniscono un’ottima base di partenza alla serie. Ormai alla terza stagione e con un rinnovo furbescamente già ottenuto, Narcos non ha più bisogno di guizzi per portare i fan davanti allo schermo il prossimo 1 settembre.