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The OA, i creatori della serie tv di Netflix parlano del finale e della possibile seconda stagione

I creatori di THe OA parlano della serie tv che ha fatto molto discutere nei giorni scorsi, di come l’hanno pensata, del finale e delle possibilità di una seconda stagione

pubblicato 27 Dicembre 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 15:24

In un’anno in cui ha regalato gioielli come Stranger Things e The Crown, Netflix ha deciso di fare un’ultima grande sorpresa al suo pubblico, rilasciando, dieci giorni fa e con un preavviso molto breve, The OA, la serie tv che è finita sulla bocca di tutti per il suo formato insolito, i suoi personaggi ed il suo significato.

Soprattutto, la serie tv di Zal Batmanglij e Brit Marling (quest’ultima anche protagonista, nei panni di Praire, giovane non vedente che dopo 7 anni di reclusione riesce a liberarsi e torna a casa con una serie di misteri, tra cui quello della vista riacquisita) ha diviso la critica, tra chi ha trovato The OA sensazionale e geniale e chi, invece, dopo gli otto episodi si è sentito preso in giro.

Di certo, i due autori puntavano sull’effetto sorpresa, come ha spiegato Batmanglij: “Abbiamo chiesto agli attori di non annunciare che avrebbero recitato in questa serie, ed avevamo un logo in Braille per indicare il logo di The OA, così quando abbiamo girato a New York non ci sono stati segnali di quello che era lo show”. L’idea del telefilm e della sua protagonista, invece, è arrivata alla Marling (che con Zal Batmanglij aveva già lavorato in due film indipendenti):

“Tanti anni fa ho incontrato una donna che aveva avuto un’esperienza di pre-morte. Era una storia molto straziante -descriveva la sensazione di lasciare il proprio corpo e di vedersi nella stanza dell’ospedale, sentiva una sensazione di pace. L’unica cosa a cui pensava era: le persone a cui voglio bene sanno quanto gliene voglio? Ho iniziato a leggere un sacco sull’argomento delle esperienze pre-morte, e penso che sia interessante il fatto che non ci sia nessuno strumento metrico a proposito. Cosa succede quando una persona stonata muore per sette minuti e quando si sveglia ha una tonalità perfetta? Mi sembrava un trampolino molto interessante da cui buttarsi. Abbiamo passato molto tempo nelle classi del Midwest, incontrando ragazzi ed insegnanti. Ci siamo interessati all’idea di cosa significhi crescere in questo Paese. Tutte queste cose si sono intrecciate, e da qualche parte in questo caos la storia ha iniziato a formarsi”.

Una delle particolarità di The OA è il fatto che gli episodi hanno durata diversa: si va dai 70 minuti della prima puntata ai 31 della sesta. “Volevamo prendere ciò che ci piace dei romanzi e della loro esperienza e portarlo nel formato lungo delle serie, senza avere tutti i personaggi fin dal primo episodio e senza avere una durata uguale per ogni puntata”, ha rivelato Batmanglij. “Riuscite ad immaginare un libro con tutti i capitoli lunghi allo stesso modo? Volevamo provare a raccontare qualcosa in cui credevamo. La storia delle televisione consiste nell’annoiare a gente e portarla a comprare delle cose. Ovviamente questo ai nostri giorni non è più vero, ma siamo ancora legati a quella visione.”

Quello che ne è uscito fuori è uno show dai molteplici significati, che unisce l’azione alla suspence, fino alla fantascienza ed al paranormale ed ad un finale commovente che sembra avere come comune denominatore la speranza. “Credo che sia una serie sulla speranza”, ha ammesso la Marling, “perchè al centro ha l’idea che il racconto sia un modo molto potente per creare delle comunità e dei gruppi dove prima non c’erano. All’inizio della storia ci sono cinque persone isolate di Crestwood, così come ce ne sono nella storia che Prairie racconta. Credo che in quel contesto, il racconto diventa una forza che lega ed unisce tramite il gusto di sapere cosa succederà dopo, il desiderio di parlarne con la gente, e credo che dia speranza per come connette le persone.”

-Attenzione: spoiler sul finale-
Proprio l’idea dello spirito di gruppo affiora nell’ultima puntata: le cinque persone che hanno seguito il racconto della protagonista ed hanno imparato i suoi movimenti riescono a distrarre un attentatore entrato nel liceo in cui tutti e cinque si trovano, evitando una tragedia. “Credo che la versione naturale per quei ragazzi di cosa ha vissuto Prairie e di quel trauma sia una sparatoria a scuola”, ha aggiunto Batmanglij. “Quando abbiamo seguito i temi del nostro racconto verso la sua conclusione, è sembrata la scelta più onesta”, ha invece rivelato la Marling. “E’ il volto del nichilismo, della disconnessione, dell’assenza di significato e di storie, ed anche della virilità che prende una brutta piega.”

Per quanto esplicativo di ciò che volevano raccontare, però, la serie si chiude con un finale aperto: lecito, quindi, chiedersi se lo show potrebbe avere una seconda stagione. “E’ una storia che abbiamo attentamente pianificato”, spiega Batmanglij. “Quando abbiamo iniziato a pensare alla serie, abbiamo pensato a come costruire qualcosa che avesse un finale soddisfacente”, aggiunge la Marling. “C’è un finale e c’è una risposta ad ogni quesito. E sicuramente spero che riusciremo a raccontare tutto. C’è un posto in cui la seconda stagione è già iniziata nelle nostre menti ed un posto in cui si conclude”.

[Via TheHollywoodReporter]