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Editoriale di Pasquetta

Cari lettori, non si sa bene, di questi tempi, se fare auguri o no: c’è ben poco da festeggiare, a guardarsi intorno. A meno che non si recuperi un gusto per le piccole cose, che pure mantenga la giusta distanza anche da esse. Un gusto quasi gozzaniano, decisamente poco televisivo. Tuttavia, laddove sia una bella

13 Aprile 2009 10:10



Cari lettori,

non si sa bene, di questi tempi, se fare auguri o no: c’è ben poco da festeggiare, a guardarsi intorno. A meno che non si recuperi un gusto per le piccole cose, che pure mantenga la giusta distanza anche da esse. Un gusto quasi gozzaniano, decisamente poco televisivo. Tuttavia, laddove sia una bella giornata di sole, laddove troviate – e questo è quello che vi auguro – motivi per essere felici, allora è il caso di fare gli auguri. Oggi, come in tutti gli altri giorni.

Chiusa la parentesi aulica, e chiuse – almeno in parte – altre parentesi decisamente meno piacevoli, torniamo a noi. Leggevo, nei giorni scorsi, sulle pagine di un piccolo quotidiano locale di una piccola vallata che non ha a che fare con il terremoto ma che conosce bene, per esempio, le alluvioni, l’editoriale del direttore che diceva che, ogni volta che un pezzetto di terra viene inghiottito, dall’acqua, dalla terra stessa, l’informazione fa un passo indietro. E’ quel che è successo in queste giornate, cari lettori.

L’informazione televisiva ha davvero dato il peggio di se, con la spettacolarizzazione di eventi naturali catastrofici che non avrebbero dovuto essere spettacolarizzati, che avrebbero dovuto essere solo raccontati con la nuda cronaca, con l’inchiesta laddove ci sia il dolo umano, con l’uso di termini chiari e tecnici. Non è stato fatto. Non sempre, almeno. Ora il dramma non è più caldo. Ora si può ragionare a freddo e – forse – c’è tempo per rimediare, anche se la vergogna di certi orsacchiotti di pelouche è difficilmente cancellabile.

Può darsi, però, che, toccato il fondo, anche l’informazione televisiva cominci a risalire la china. Dubito, personalmente.