Home Virus – Il contagio delle idee, un talk show che mantiene intatto il suo moderno anacronismo

Virus – Il contagio delle idee, un talk show che mantiene intatto il suo moderno anacronismo

La recensione della prima puntata della nuova edizione.

pubblicato 11 Settembre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 10:56

Virus – Il contagio delle idee, il programma condotto da Nicola Porro tornato in onda su Rai 2, ha trovato definitivamente il proprio format e questa non è più una novità.

Il giornalista e conduttore romano ha impiegato molto tempo per attribuire un’identità ben definita al suo programma.

Virus, all’inizio, infatti, non era altro che un talk show classico che si mimetizzava in mezzo ad altri talk show classici, senza identità e soprattutto senza utilità se non quella di dare una voce di centrodestra in più all’immenso panorama di programmi di approfondimento giornalistico in tv.

Ad oggi si può affermare, quindi, con certezza che Virus – Il contagio delle idee è un programma riconoscibile.

Riconoscibile, però, per cosa?

Al netto dei contenuti del programma (non è questo il posto adatto per intavolare discorsi ideologici), Porro si adagia sullo schema del bipolarismo per selezionare i propri ospiti in studio.

Il giornalista e conduttore punta su un talk show ordinato e minimale (forse anche fin troppo), scelta che gli permette di dirigere facilmente il traffico anche quando si aggiungono altri ospiti in collegamento.

Il bipolarismo, quindi, svanisce (ma non del tutto) e si ottiene una più fedele rappresentazione della scena politica attuale, come sappiamo, molto più frastagliata del passato.

Sull’uno contro uno, però, è stata strutturata anche la nuova rubrica di quest’edizione chiamata Il corpo a corpo durante la quale una vicenda viene raccontata nei dettagli e sviscerata successivamente dai protagonisti, in contrapposizione tra loro.

Il “popolo del web”, quindi, anche quest’anno, può ergersi eccitato a giuria popolare, scegliendo via Twitter chi ha ragione. L’anno scorso, il “popolo del web” faceva lo stesso con i due ospiti politici in studio.

Porro, quindi, non riesce a rinunciare a questo schema dualistico fin troppo classico, logoro, facile da elaborare e da mettere in atto. La crossmedialità, poi, rende il tutto modernamente anacronistico.

Evitare che il “popolo del web” alzi la paletta per giudicare il migliore sarebbe la vera novità, considerando, ormai, che la quasi totalità delle opinioni politiche presenti sui social newtork è priva di qualsivoglia credibilità.

Riguardo l’aspetto più positivo della serata, Porro appare più sincero nell’utilizzo della scheggia impazzita, Vittorio Sgarbi.

L’anno scorso, infatti, la lezione d’arte sembrava, più che altro, una paraculata per legittimare eventuali, anzi sicure, escandescenze del noto critico d’arte.

Per quest’edizione, Porro ha fatto sì che Sgarbi riesumasse in pratica Sgarbi Quotidiani (l’arte, comunque, è rimasta), lasciandogli campo libero e addirittura in apertura di puntata.

In questo tipo di trasmissioni, infine, la personalità del timoniere ha un ruolo decisivo e delicato perché il padrone di casa deve essere tale ma non egoriferito.

Porro ha personalità ma, facendo riferimento anche all’edizione passata, spesso scivola nell’individualismo.

Ultimo appunto: il titolo.

Ovviamente, non si può modificare (dopo tre edizioni…), ma il contagio delle idee tanto auspicato, alla fine, non si rivela altro che il solito alternarsi di opinioni che il più delle volte è già ampiamente noto in quanto, anche a Virus come in altri tanti talk show, gli ospiti sono come i “certi amori” di Venditti, fanno dei giri immensi (ma neanche tanto…) e poi ritornano.

Rai 2