Home Alessandro Cattelan E poi c’è Cattelan sdogana l’intervista omoaffettiva. E fa il grande salto Cabello-cult

E poi c’è Cattelan sdogana l’intervista omoaffettiva. E fa il grande salto Cabello-cult

Alessandro Cattelan è cresciuto tantissimo e ha fatto un grande salto di qualità nella prima puntata della seconda edizione del suo show di SkyUno

pubblicato 30 Gennaio 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 19:14

La prima puntata della seconda edizione di E poi c’è Cattelan è stata a dir poco sorprendente. Sorprendente come il ragazzino che, al ritorno dalle vacanze estive, ha avuto l’impennata della crescita. Sorprendente come lo studente asino che arriva a prendere 8 in latino. Sorprendente come Alessandro Cattelan, che finalmente ha smesso di giocare a fare il talk all’americana e lo fa sul serio.

La prima puntata di E poi c’è Cattelan è quello che si dice un compito in classe calligraficamente perfetto. Ben scritto, più misurato, genialmente calibrato nella scelta e nella resa degli ospiti, (quasi) senza sbavature. A migliorare sono state anche la regia e l’estetica del format, con il logo spalmato ovunque come branded content.

Per non parlare dell’rvm introduttivo, due minuti di Cattelan come alter ego di Cremonini al cesso, con tanto di incursione aziendalista cult di Carlo Cracco: “Vai a fare questa cazzo di intervista e non rompere i coglioni”. Ecco, questa è una di quelle perle che ti fanno disprezzare meno la categoria degli autori televisivi.

Al resto del programma, invece, è stato finalmente tolto quell’effetto da divertentismo posticcio, oltre al sovrabbondante numero di ospiti che faceva tanto marchetta telefonata: ora è diventato un interview show.

In un’oretta di trasmissione Cattelan ha una scrivania à la Letterman e uno studio che si compone come un puzzle. Inoltre dedica una mezz’ora circa a personaggio svelandone i lati più inediti e disimpegnati, ma con l’acquisita maestria di chi sa gestire il cazzeggio.

Così la sfida al monopattino tra lui e Cremonini che scorazzavano per gli studi Sky (un po’ il luna park di Cattelan conduttore) o la battaglia dei pollici con Capatonda hanno decisamente divertito e ben intrattenuto.
Ma le stesse interviste hanno regalato aneddoti gustosi, come il primo incontro tra i coetanei Cremonini e Cattelan, dalla viva voce del conduttore che ha imparato a far sua la scaletta:

“E’ una delle migliori persone che io conosca. Però il mio primo ricordo di te è pessimo. Presentavo un piccolo programma su Viva. E sono arrivati i grandi Lunapop, che avevano già vinto i Festivalbar. Eravate tanti e avete distrutto lo studio. Mi stavo per mettere a piangere. Viva ha chiuso la settimana dopo perché non sapeva dove girare”.

Per non parlare della sdoganata passione per Non è la Rai di Maccio Capatonda, finora emersa solo a Reputescion di Andrea Scanzi:

“Io vivevo per andare a Toma al Palatino per Non è la Rai. Francesca Gollini e Ilaria Galassi erano le mie preferite, perché Ambra era inarrivabile. Metto la telecamera dentro al finestrino. Sono andato a casa, ho rivisto il registrato, c’era il tappo”.

Cattelan, insomma, riparte dallo humour della Cabello, ma con quel gusto omoaffettivo nel senso più “Achille e Patroclo” del termine. Nel suo talk assistiamo a una virilizzazione della complicità maschile, che esula dal “parliamo di calcio e tette” per consegnare una nuova identità di genere, fatta da mediomen che si piacciono o almeno ci provano, di Herbert Ballerina che si è infighettito, di aspiranti alla copertina di GQ.

Insomma, dopo i troppi salotti femminili finalmente un bar del pop per wannabe metrosexual. Di cui, se c’è qualcosa che continua a non convincerci, è solo il monologo iniziale (lo stesso conduttore ammette di non esserne all’altezza).

Vedere Cattelan fare la gag sulla voce telefonica stile call center (un’idea di Mammucari a Libero dieci anni fa), oppure dare a Carlo Conti dello showman di colore è il solo neo di una puntata di E poi c’è Cattelan da antologia. Conclusasi con un Cattelan che ha realizzato grazie a Maccio il suo sogno: fare l’usciere e ritrovarsi in uno studio Sky vuoto. Non si vedeva una tv così smart dal vecchio Quelli che il calcio di Victoria Cabello.


E poi c’è Cattelan, le foto della seconda edizione

Alessandro CattelanSky Uno