Home L'aria che tira Myrta Merlino a TvBlog: “Contattata dalla Rai, ma sono radicata a La7. L’Aria che tira sarà il mastino di Renzi”

Myrta Merlino a TvBlog: “Contattata dalla Rai, ma sono radicata a La7. L’Aria che tira sarà il mastino di Renzi”

La conduttrice tornerà in onda ogni mattina da lunedì 15 settembre, mentre l’appuntamento con la versione serale de L’Aria che tira è partirà nella primavera del 2015

pubblicato 12 Settembre 2014 aggiornato 3 Novembre 2020 15:54

L’anno scorso è stato meraviglioso. Abbiamo avuto degli ascolti pazzeschi, il programma è cresciuto sempre. La prima serata è andata bene. La nostra formula ha dimostrato di funzionare molto bene. Sono contraria ai cambiamenti per cambiare; i cambiamenti servono per correggere qualcosa. Però c’è un cambiamento di clima nel Paese“. Myrta Merlino è carica per la nuova stagione. Da lunedì 15 settembre la conduttrice tornerà a presidiare il daytime mattutino di La7 con L’Aria che tira, in onda dalle 11 alle 13.20, prima del Tg. Nella prima settimana tra gli ospiti politici ci saranno Mariastella Gelmini, Pierluigi Bersani, Matteo Salvini e Daniela Santanchè; ma ci sarà spazio anche per volti ‘nuovi’, soprattutto tra gli economisti. Tra i temi in primo piano le promesse sui tagli alla casta politica e il disagio dei poliziotti (che siederanno tra il pubblico in studio). E in primavera si aprirà il ciclo de L’Aria che tira stasera.

Di seguito potete leggere l’intervista realizzata da TvBlog.

In che senso è cambiato il clima?

L’anno scorso la politica è stata deflagrante, fortissima e anche molto dinamica. Le primarie, poi l’uscita di Letta da Palazzo Chigi, l’arrembaggio di Renzi, il nuovo governo. Quest’anno la politica è molto ferma: c’è Renzi e basta. Non c’è una vera opposizione, non ci sono altri soggetti forti. Quindi in questa stagione bisogna lavorare sul fact check: dobbiamo controllare la distanza tra le promesse e i fatti. È il momento di sentire le voci dei tecnici, di persone in grado di spacchettare i problemi e capire se le soluzioni funzionano. Trovo più interessante il confronto tra un ministro e un economista piuttosto che il solito scontro destra-sinistra, che mi sembra ampiamente superato dai fatti. Poi è importante raccontare il Paese e tirare fuori i problemi reali; ho una squadra di filmmaker che va in giro per l’Italia anche per fotografare la fiducia dei cittadini nella politica. Proviamo a uscire dagli hashtag e dai tweet e ad entrare nella vita delle persone.

Insomma, quest’anno verificherete se le promesse di Renzi sono diventate fatti o meno…

Esatto. Il compito de L’Aria che tira quest’anno è fare il mastino, controllare tutto. Da Renzi in giù. Con la grande fortuna di essere in onda tutti i giorni per due ore e mezza per tutto l’anno. Possiamo tornare sulle cose, non molliamo niente.

L’ospite che vorresti intervistare?

Mario Draghi. È l’uomo chiave di tutto quello che succederà nel nostro futuro. È il sogno nel cassetto, è una roba molto complicata, quasi impossibile.

Giannini e Porro hanno affermato che ormai è finito il tempo del solito teatrino e delle solite facce nei talk.

Dubito sempre di questi giudizi tranchant. La verità è che siamo tantissimi, ci sono talk show in ogni fascia oraria, in ogni rete. La lotta per gli ospiti sarà spaventosa. Bisogna cambiare focus. Il mio problema non è se la Santanchè o Salvini tirano ancora. Il mio problema è: di cosa parlo con loro? Gli ingredienti sono quelli. Ma quest’anno sarà importante come si cucina. È inutile pensare di fare cose che non ci sono altrove perché la tv è troppo piena di informazione e di talk. Poi penso che bisogna abbandonare la formula ansiogena depressiva del ‘tutto va male’. Bisogna essere rigorosi sulle promesse della politica, ma anche avere un approccio positivo, un sorriso.

Sulla pagina Facebook de L’Aria che tira molti utenti vi accusano di essere renziani…

Con tutto il rispetto per i social, ho la sensazione che queste siano critiche fatte in automatico. Il social come sfogatoio. Cerco di fare il mio lavoro con onestà intellettuale, poi le critiche lasciano il tempo che trovano. Non sono né renziana, né antirenziana. Non sono ideologica, non è questo il mio modo di fare televisione. Sono una persona laica. I fatti prima di tutto. D’altra parte io parlo ad un pubblico meno orientato. Io non propongo il mio punto di vista, ma il racconto della realtà dando la parola a tutti.

Non hai menzionato la politica estera, quindi deduco che non parlerete di temi come il terrorismo islamico. Per questione di budget o perché il pubblico che vi guarda non ne è interessato?

La politica estera la mattina è molto complicata. Il nostro pubblico cerca soluzioni. Noi facciamo servizi, ci occupiamo di tasse, lavoro; ci mandano i curricula, siamo un grande sportello. Detto questo, noi comunque trattiamo tutto quello che impatta con la nostra vita. Per esempio nella prima o seconda puntata abbiamo un servizio sui ragazzi che diventano jihadisti in Italia. Certo, non posso permettermi il lusso di fare un servizio dalla Nigeria, non è nelle nostre corde e non abbiamo i mezzi. Noi siamo un programma low cost.

L’obiettivo di ascolti qual è?

La7 quest’anno è partita bassa. L’anno scorso abbiamo fatto risultati imprevedibili, anche per noi. Per me la cosa importante è mantenere il nostro pubblico. Ed esserci, nel corso dell’anno, nei momenti più importanti. L’anno scorso abbiamo preso un sacco di pubblico facendo dirette nei momenti topici.

Quindi il 6% nella prima parte del programma è l’obiettivo?

Sì.

L’Aria che tira stasera confermata.

Sì, 12 puntate in primavera, il mercoledì. Partiremo dopo la Bignardi.

L’idea è di attirare pubblico femminile nella serata in cui gli uomini guardano il calcio in tv?

Sì, l’idea è quella. Nel mio caso proverò a fare la politica facendo entrare una sensibilità femminile diversa rispetto ai talk di tutti i maschi che mi precedono il lunedì, il martedì…

Il cambio di collocazione dal lunedì al mercoledì cosa comporterà?

Sono molto sincera: lo scorso anno abbiamo fatto un esperimento, ci siamo buttati con quello che avevamo. E abbiamo fatto un piccolo miracolo perché le quattro serate sono andate bene pur non avendo nessun mezzo in più (media del 4,8% a giugno, Ndr). Quest’anno sarà diverso: 12 puntate sono una stagione. Io tendo a mantenere lo spirito de L’Aria che tira, perché è stato premiato. Però ci ragioneremo, faremo anche un’analisi del pubblico.

Teoricamente passando dal daytime mattutino al prime time un programma dovrebbe apportare modifiche visto che il pubblico a cui si rivolge è diverso. Voi non lo avete fatto. Perché?

Io ribalto completamente questo ragionamento. Io a Cairo l’ho sempre detto: L’Aria che tira è un programma diverso dagli altri, è un talk show di prima serata che va in onda di mattina. Io l’ho sempre costruito come un talk show di prime time. Noi tutti, autori e inviati, lavoriamo come fosse di prime time. Infatti il nostro pubblico è molto diverso da quello tipico della mattina. La scommessa è stata: riesco a portare con me questo pubblico dalla mattina alla sera? È andata bene, per il momento.

Anche a TvBlog qualche mese fa hai raccontato di non aver avuto un budget supplementare per le 4 serate del programma non previste. Anche per la prossima stagione lavorerete ‘gratis’?

Non ne ho ancora parlato, ma lo do per scontato. Abbiamo dato una bella dimostrazione di buona volontà e di capacità. A questo giro, se ci confermano le 12 serate, immagino che l’idea sia di investire su di noi. Lo do per scontato.

Non si sa mai, di questi tempi. Comunque, l’Aria che tira stasera ha ottenuto il 4,8% di media, ma per la nuova stagione è stata relegata alla primavera. Intanto su La7 Cairo ha investito milioni di euro in Giovanni Floris, che ha una striscia quotidiana e un programma in prime time sin da settembre. Tutto questo ti amareggia un po’? Ne hai parlato con Cairo?

No. Sono di un’altra scuola di pensiero. Mi sono guadagnata tutto con il lavoro, un pezzetto alla volta. Quando sono arrivata a La7 mi hanno dato 23 minuti e ora sono arrivata a 2 ore e mezza. Credo sia importante avere avuto quattro prime serate e la riconferma per questa stagione. Considero di essere a capo di un progetto molto interessante: ho una squadra di giovani autori e filmmaker, mi piace quello che faccio. Non mi metto a fare il confronto ‘cosa ha avuto Floris e cosa ho avuto io’. Certo, chiedo alla rete di valorizzare il grande lavoro fatto. Cairo lo sa molto bene: voglio che venga data visibilità e dignità a un progetto che connota molto La7.

È vero che questa estate sei stata contattata dalla Rai per Ballarò?

Ci sono state molte cose informali. Ho avuto vari contatti con la Rai, mi hanno chiamata per varie cose. Io ormai sono molto radicata a La7: ho 20 persone che lavorano con me, autori che stanno crescendo. Per andare via mi deve venir prospettato un progetto di pari solidità. Al momento c’è stato tanto pourparler, ma nulla che mi abbia fatto pensare di lasciare La7. La televisione la considero il mio lavoro, non fare 10 puntate di cui si parla e basta. La considero un lavoro per accumulo. Questo al momento a La7 è possibile. Se un domani venisse fuori un progetto altrettanto solido altrove ci penseremo.

Meglio La7 prima o dopo Urbano Cairo?

Non amo quelli che salgono sul carro del vincitore. Sono stata molto bene ne La7 di Giovanni Stella e Paolo Ruffini. Mi hanno apprezzata, hanno fatto crescere il programma. Sono cose che ricordo e che voglio dire. Sono persone a cui voglio bene e verso le quali sono riconoscente. Devo dire che a me la linea di Cairo piace. Perché è il contrario della Rai da cui sono andata via. Non ne potevo più di un’azienda nella quale le cose capitavano sempre per un altro motivo; non per come o quanto lavoravi, non per la qualità del lavoro, non per gli ascolti, ma per un altro motivo. A La7 se fai ascolti e costi poco, lui ti porta in palmo di mano. Se fai poco ascolto e costi troppi, lui ti butta fuori. È una regola di ingaggio chiara. Con i suoi pregi e i suoi difetti, ma a me piace lavorare in un posto in cui so cosa vogliono da me. Non mi chiedono di chiamare o non chiamare un ospite, di fare cose per loro, ma di costare poco e andare bene. Patti chiari e amicizia lunga. Mi sembra un approccio molto anglosassone.

Hai citato Paolo Ruffini, ultimo direttore di La7. Oggi qual è il punto di riferimento editoriale per te?

C’è Cairo. Urbano è un uomo h24. Gli piace parlare di tutto, intervenire su tutto, lo trovi sempre. Poi ci sono le persone che si occupano dei programmi, ma se devi prendere una decisione ti rivolgi a Cairo.

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