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Massimo Giannini a TvBlog: Il mio Ballarò: Si alle notizie. No ai professionisti dell’ospitata

E’ stato il colpo giornalistico dell’estate appena terminata, a seguito del passaggio di Giovanni Floris alla corte di Urbano Cairo e noi di TvBlog ve l’abbiamo annunciato in anteprima.

di Hit
pubblicato 12 Settembre 2014 aggiornato 21 Gennaio 2021 17:15

Parliamo dell’arrivo a Ballarò dell’ormai ex vice direttore di Repubblica Massimo Giannini. Incontriamo velocemente Giannini fra una riunione e l’altra per il debutto di Ballarò di martedì prossimo. Ecco l’intervista che abbiamo realizzato per i lettori di TvBlog.

Martedì si parte con il nuovo Ballarò di Massimo Giannini. Differenze con le precedenti edizioni del talk show di Rai3 ?

Non ragiono in termini di differenze rispetto al passato, ti posso però dire quello che mi piacerebbe fosse questo Ballarò. Mi piacerebbe cioè abbandonare quel sentiero visto e stravisto, già arato con successo calante nel corso dell’ultimo anno, della chiacchiera in studio dei professionisti dell’ospitata. Vorrei andare oltre la consueta compagnia di giro che frequenta certe scene, ormai nota e stranota.

Ci saranno quindi dei volti nuovi?

La ricerca sarà quella. Naturalmente lo facciamo in un paese in cui c’è un drammatico deficit di classe dirigente a livello politico, economico e sociale. Purtroppo dobbiamo partire da questo dato di fatto, che però non deve impedirci di cercare comunque il meglio. Per quanto riguarda il dibattito in studio, sia sul fronte politico, che sul fronte dell’economia e della società, il tentativo sarà quello di far uscire personaggi meno visti e che sopratutto abbiano qualcosa da dire di concreto in base alla loro esperienza.

Più nel concreto come sarà il Ballarò di Massimo Giannini ?

Vorrei tornare al buon giornalismo. Credo che anche nei talk show il lavoro, sia del conduttore che degli inviati, che ho selezionati nuovi, debba essere in una logica un po’ meno autoreferenziale, aprendo le porte degli studi televisivi a quello che succede davvero nella società italiana. Il lavoro del conduttore è importante, ma è ancora più importante il lavoro che riusciremo a fare con i nostri servizi. Racconti di fatti, storie, inchieste, possibilmente notizie. Il mio ideale sarebbe che Ballarò riuscisse a dare anche delle notizie. Un luogo in cui le informazioni diventino poi oggetto del dibattito in studio. Questo è il primo obbiettivo che mi prefiggo ed è quello per cui ho lavorato in questo mese. Tutto questo implica che dobbiamo far convivere quella dimensione didascalico-descrittiva, che ha reso Ballarò il programma che è, cioè il programma leader della prima serata della Rai, con il lavoro che riguarda più da vicino la “militanza giornalistica”, cioè fare del giornalismo a tutto tondo, a tutto campo. Non limitandosi cioè solo a spiegare un determinato fenomeno, ma cercare addirittura di produrlo, di portarlo in studio, come assoluta novità. Non più solo un fenomeno o un problema che c’è, ma qualcosa che produciamo noi stessi attraverso il nostro lavoro di scavo. Intorno a quello poi si, sviluppare il dibattito in studio.

Ci puoi fare degli esempi concreti ?

Per esempio, sapere cosa ne pensano, dico due nomi a caso, Serracchiani e Gasparri sull’Italicum, forse, interessa sempre meno all’opinione pubblica. A me piacerebbe, per esempio, fare un inchiesta, anche di soli 8 minuti, in cui si racconta, sto facendo un esempio intendiamoci, come lavora la comunità dei cinesi a Prato. Luogo quello in cui si è prodotta mesi fa quella tragedia che sappiamo. Un inchiesta di quel tipo, secondo me è infinitamente più interessante di un dibattito in studio sulla riforma del Senato. Che è certamente importante, ma forse è un tema per cui il pubblico da casa, non si può riconoscere più di tanto. Faccio un altro esempio, un inchiesta sui Minijob in Germania, mi aiuta a capire se conviene essere davvero flessibili, piuttosto che invisibili, per usare una formula oggi molto in voga, rispetto ad un giovane che si affaccia di questi tempi nel mondo del lavoro e sa di non poter contare su nessuna garanzia.

Quindi ci saranno più servizi filmati e meno talk in studio ?

Adesso non sto qui con il bilancino a dire cosa sarà di più, cosa sarà di meno. Quello che voglio dire è che nell’economia del programma, la parte servizi diventerà altrettanto importante, se non addirittura più importante della parte talk. I servizi saranno quindi la fondamenta della nostra casa ed il talk sarà quello che ci costruiremo sopra.

Si dice che ogni puntata partirai con un tuo editoriale, è vero ?

Editoriale è una parola forse troppo pretenziosa, ma diciamo che vorrò fare un po’ il punto di quello che è successo durante la settimana appena trascorsa.

Altra notizia che circola in queste ore è l’arrivo di Roberto Benigni alla prima puntata, ce la confermi? Esattamente cosa farà ?

Stiamo lavorando. Quello che farà lo vedrete martedì sera, per adesso non facciamo anticipazioni, anche perchè farne, con un grande personaggio come lui, diventerebbe impossibile.

Si parla anche di una sit com con Filippo Timi dal titolo “Il candidato-Zucca presidente”, di cosa si tratta ? Non ci saranno dunque più le copertine satiriche affidate ad un comico ad ogni inizio di emissione?

Noi immaginiamo una forma molto flessibile. Non ci siamo dati una scaletta rigida che possa valere sistematicamente per tutte le puntate. Quello che posso dire sarà un appuntamento fisso della serata, sarà la conclusione con questa sitcom, a mio parere molto divertente. E’ una serie a puntate, ciascuna delle quali autosufficiente, nella quale si raccontano le disavventure di un candidato alle primarie, un po’ improvvisato che si trova catapultato in una sfida politica, senza avere gli strumenti per affrontarla. Il candidato è interpretato da Filippo Timi. E’ una specie di “House of cards” all’italiana, Secondo me è molto calata nella nostra realtà, non ha la pretesa scenica e seriosa del telefilm americano, ma è molto piacevole. Questa soluzione mi è piaciuta, perchè essendo un giornalista di carta stampata, mi sembra questo il “fogliettone” ideale per la prima pagina di Ballarò. E’ un alleggerimento, ma un alleggerimento intelligente.

Avete mai pensato di cambiare titolo al programma e cambierà la sigla storica della trasmissione ?

La sigla cambierà perchè Ivano Fossati, che è un mio amico ed un grande amico di Ballarò, ci ha fatto un regalo ed ha riaggiornato la vecchia sigla, ma lo ha fatto alla sua maniera, cambiandola in modo radicale. Il fondo sarà chiaramente intuibile, ma la sigla avrà tutt’altro impatto, poi la scoprirete. Ivano ha fatto un lavoro davvero straordinario, con un grande arrangiamento. Cambiare il titolo proprio no. La valutazione che ha fatto la Rai, prima ancora di coinvolgermi, è che Ballarò è un marchio Rai e tale doveva rimanere. Non c’era proprio ragione di cambiare il titolo della trasmissione. Giovanni Floris è andato via, ma Ballarò rimane. E’ vero che nell’ultimo anno c’è stato un calo di share, ma negli anni questo brand si è ritagliato un ruolo ben preciso nel palinsesto del servizio pubblico radiotelevisivo.

Ballarò può parlare solo di politica o avete in mente di trattare anche di altro ?

Il cavallo di battaglia sarà comunque l’economia e la politica. La stagione che abbiamo di fronte, dico purtroppo, ci ripropone ancora una volta tutti i nodi di una crisi economica non sciolta, anzi, se vogliamo più intricata. La politica avrà un peso importante nell’informazione che vogliamo fare. Anche perchè è sempre più chiaro a tutti, che l’economia si sovrappone e si integra con la politica. Ogni scelta che si dovrà fare in campo economico, chiama ad un modello e ad una ispirazione poltica che secondo me continua ad esserci. Non sono fra quelli che pensa che destra e sinistra siano categorie superate e che non esistano più. Il discrimine è sempre di più sulle scelte economiche, non tanto sui temi sociali. E’ l’economia la vera cartina di tornasole.

Che obbiettivi di ascolto vi ha dato la Rai ?

Non ne abbiamo. Da questo punto di vista ho detto fin da subito, che sarebbe ora che la Rai ritrovasse il senso della sua missione. Per la Rai, troppo spesso delegittimata, screditata -devo dire che alcune volte ci ha messo del suo in questi anni, ci mancherebbe altro- sarebbe davvero il momento di ritrovare del sano orgoglio aziendale, perchè questa resta sempre la più grande azienda culturale del nostro paese. In questo quadro, il ruolo che può svolgere, per la storia che ha la Rai e anche per le piattaforme tecnologiche di cui dispone, è fondamentale. Può permettersi il lusso, non dico di ignorare lo share, ma certo di non trasformare lo share in una schiavitù di qualsiasi iniziativa giornalistica che si prenda. Qui si tratta semplicemente di cercare di fare della buona informazione, poi io sono convinto che anche i risultati dal punto di vista degli ascolti verranno. Credo che in questo paese, dove l’antipolitica la fa da padrone e dove ci sono forze che la cavalcano scientificamente, si nasconda in realtà una forte domanda di politica. Certo di politica altra, diversa, però non c’è il rifiuto della politica, ma di questa politica. Tanto che la televisione che continua a riproporla nello stesso modo, diventa parte di questo rifiuto e finisce di esserne vittima. Se la Rai riesce ad uscire da questo schema e a raccontare temi della politica e dell’economia con uno spirito di verità che si è un po’ perso in questi anni, secondo me poi anche i risultati arriveranno. Io ci credo e vorrei che anche la Rai ci credesse. A volte basta fare scelte molto semplici, che però scardinano le incrostazioni anche culturali. Basta la somma delle volontà individuali.

Come ti sei trovato in Rai e come va con i suoi dirigenti ?

Mi sono trovato molto bene. Una certa retorica giornalistica, non inventando nulla intendiamoci, si è ormai consolidata come se la Rai fosse un enorme carrozzone che non è in grado di muovere un passo, sia per ragioni burocratiche che di condizionamento politico. Ti devo dire in tutta sincerità, pur avendo io solo un mese di esperienza da questo punto di vista, che finora ho trovato un bel patrimonio di risorse umane, di professionalità e di competenze che non immaginavo di trovare. Sopratutto e la cosa che mi da più soddisfazione in questo momento, una totale libertà di manovra che mi viene garantita dal direttore generale, dal direttore di rete, in giù. Questo riguarda sia l’impostazione del format, che la linea politica, passami il termine enfatico, del programma. E’ una cosa questa significativa e per certi versi sorprendente, però è una sorpresa ,molto positiva. Poi si certo, c’è qualche rigidità di troppo, tipo il pass che non c’era all’ingresso di via Teulada e ti ritrovi li fermo in attesa dell’arrivo del famoso funzionario Rai, ma alla fine di poca cosa si tratta.

Ti sei sentito in queste settimane con Floris? Se posso, che cosa vi siete detti ?

Ci siamo scambiati messaggi via sms, in cui ci facevamo reciprocamente gli in bocca al lupo. Di Giovanni sono amico, ci siamo frequentati sopratutto nell’ultimo anno e mezzo, siamo andati a cena fuori anche con le mogli. Si è quindi sviluppato un bel rapporto e spero che rimanga. Sono convinto che fra di noi non ci sia nessuna becera rivalità e neanche quelle miserie che spesso capita di vedere o di sentire nei rapporti fra giornalisti, non solo di televisione, ma anche di carta stampata. Per fortuna credo non sia il nostro caso, sicuramente non è il mio.

Quanti anni di contratto hai firmato con la Rai? Pensi ad un futuro in televisione, o prospetti un tuo ritorno alla carta stampata fra qualche tempo?

Il mio contratto dura due anni, cosa succederà dopo questi due anni, sperando che io riesca a coprirli tutti, proprio non lo so. Non mi sono posto un obbiettivo di medio termine. Ho accettato questa sfida, perchè mi piaceva l’idea di cambiare un po’, dopo tanti anni di un’esperienza magnifica che ho fatto nel giornale, per cui ho sempre sognato di lavorare, fin da quando ero studente. Era il momento giusto per cambiare verso, come direbbe simpaticamente il nostro Presidente del consiglio. Che succederà dopo non lo so. Certo, io vengo dalla carta stampata e scrivere mi piacerà sempre tanto. Però credo che, anche nella logica della fuoriuscita della crisi che l’editoria oggi sta attraversando, una ibridazione tra i media, ovvero carta stampata, internet e televisione, non solo sia possibile, ma credo persino necessaria. Posso dire da questo punto di vista, che dopo averne parlato, ora provo a farlo nel concreto, lavorando per la televisione e vediamo che succederà. Per ora comunque non mi pongo obbiettivi al di la di questo biennio. Cerco di fare bene quello che devo fare in questi due anni, poi succederà quello che succederà, vedremo. Per dirla alla Renzi, il Renzi ragionevole e non quello che si illudeva di spezzare le reni a tutti i resistenti: passo dopo passo.

Al termine della puntata di Ballarò di martedì prossimo, cosa ti piacerebbe che pensasse il telespettatore che l’avrà vista ?

Già se riuscissimo a far dire al telespettatore che ci avrà seguito: “Ora ne so di più di questo tema, ho scoperto due, tre cose che non sapevo e so come pensarla su questo determinato argomento”, secondo me avremo fatto, nella logica del passo dopo passo, un buon passo avanti e saremo partiti col piede giusto. Mi limito a dire questo, di più non ho la pretesa di fare in questo momento.

In bocca al lupo a Massimo Giannini per la nuova avventura a Ballarò, da martedì prossimo nella prima serata della terza rete del servizio pubblico radiotelevisivo.

Rai 3