Home Fiction Furore, la Ares prova a cambiare ma non stravolge il suo pubblico

Furore, la Ares prova a cambiare ma non stravolge il suo pubblico

Furore-Il vento della speranza prova ad essere diversa dalle solite fiction della Ares, ma resta comunque su uno schema che il pubblico già conosce, con storie semplici raccontate allo stesso modo delle altre serie tv

pubblicato 14 Maggio 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 04:30

La Ares vuole diversificare: se da una parte produce fiction che sembra abbiano come unico scopo quello di alimentare l’ilarità su Gabriel Garko e Manuela Arcuri, dall’altra tenta di emanciparsi e di allontanarsi dall’idea comune secondo cui la casa di produzione realizza solo fiction trash. Con Furore-Il vento della speranza, si preferisce mettere da parte la storia che alimenta scene ai limiti dell’inguardabile per pescare dal passato e dalle tematiche sociali.

In questo caso, l’intenzione è quella di raccontare le difficoltà ed i pregiudizi dei meridionali che, nel dopoguerra, arrivavano al Nord in cerca di lavoro: ghettizzati, accusati di portare malattie, per loro non era vita facile. Non siamo, ovviamente, di fronte ad una fiction d’impegno sociale, ma sembra che il lavoro svolto voglia sfruttare il modello delle fiction precedenti -personaggi passionali, dialoghi semplici, regia che accompagna il pubblico scena dopo scena- per portare in tv qualcosa di nuovo.

Il tema è ancora molto attuale, e verrebbe da chiedersi perchè la Ares debba per forza usare un contesto remoto invece che osare e provare a raccontare una storia ambientata ai giorni nostri. Sappiamo già il motivo: qui si cerca un pubblico che possa trovare nel racconto parte del proprio passato, delle proprie origini. Insomma, di raccontare le difficoltà di oggi poco importa, meglio restare nel passato, modificarlo a proprio vantaggio e renderlo affascinante come se fosse stato disegnato appositamente per essere visto da un pubblico in cerca proprio di quello.

Come Baciamo le mani, che raccontava la lotta di due donne contro la mafia, Furore si pone davanti alla questione sociale, ma senza approfondirne i dettagli e riuscendo così a catturare due piccioni con una fava. Non è possibile, infatti, accusare la fiction di copiare quelle già andate in onda, ed allo stesso tempo riesce a non snaturare la propria missione di costruire storie dalla struttura già rodata e funzionale al proprio scopo.

Furore, quindi, conferma e smentisce ciò che fa la Ares da tempo: la sua storia è funzionale a Canale 5, che fa affidamento sul pubblico da soap, e serve alla casa di produzione a sperimentare, anche se il massimo della sperimentazione è cambiare location e sfondo, senza dimenticarsi di mettere ogni tanto un attore a torso nudo. Perchè non ci sarà Garko, ma i bellocci devono esserci comunque.


Furore – Il vento della speranza