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Erba – I giorni dell’odio e della docufiction

Bene. Matrix è andato in onda con la sua docu-fiction. Ma nonostante le apparenze, non sono qui per sostenere ancora una volta la tesi dell’erronea definizione, né per alimentar polemiche relative alla collocazione in questo o quel genere. Non solo. Ritengo, è doveroso dirlo, che l’esperimento – sostanzialmente bocciato da quei nostri lettori che hanno

pubblicato 19 Giugno 2007 aggiornato 6 Settembre 2020 07:24


Bene. Matrix è andato in onda con la sua docu-fiction.
Ma nonostante le apparenze, non sono qui per sostenere ancora una volta la tesi dell’erronea definizione, né per alimentar polemiche relative alla collocazione in questo o quel genere. Non solo.
Ritengo, è doveroso dirlo, che l’esperimento – sostanzialmente bocciato da quei nostri lettori che hanno voluto dire la loro – avrebbe più onestamente potuto collocarsi nell’ambito della ricostruzione, e tanto sarebbe bastato a renderlo più onesto.
A voler calcar la mano, Dipollina oggi, su Repubblica, cita un meraviglioso esempio che si può far risalire a un genere analogo: Scacco al re, il racconto della cattura di Provenzano realizzato da Canepari. Ebbene, vi invito a controllare cosa c’è scritto sulla scheda del programma: fiction.

Ma avevamo detto che avremmo parlato d’altro: del resto il prodotto Erba – I giorni dell’odio si presta a una serie di critiche di vario genere. Innanzitutto, sbandierato come grande novità, semplicemente non lo è, ma si basa su una serie di lavori che potrebbero senza problemi essere ricondotti a un filone tradizionale di ricostruzione storica.

Con l’aggravante di questa recitazione affettata, di questa pretesa assoluta di veridicità, di ricostruzione di scene che non avrebbero bisogno di essere ricostruite, di questa campagna pubblicitaria che doveva prefigurare un grande evento televisivo che, in definitiva, non si è visto. Come non si è vista questa presunta, ostentata – bollino rosso – violenza esplicita.

E cito ancora Dipollina, non me ne vogliate, non sarà l’unico – siamo almeno in due – a inarcar più d’una volta il sopracciglio di fronte a certe pretese di questa docu-fiction:

magari è un genere destinato a trionfare, ma appena inizieranno a scarseggiare i quadruplici omicidi bisognerà trovare qualche soluzione.

Sì, perché tutto, fin dalla scelta dell’episodio – mentre ci sono casi di cronaca, magari meritevoli di un’inchiesta giornalistica approfondita, che potrebbero riservare in qualche modo elementi di sorpresa o di interesse nella messa in scena -, lascia pensare che si sia ceduto alla tentazione della spettacolarizzazione.