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Sanremo 2014, i contestatori intervistati da Barbara D’Urso: tutto a posto e niente in ordine

I dimostranti in studio, intervistati da Barbara D’Urso.

pubblicato 23 Febbraio 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 07:46

Il diktat di Giancarlo Leone, direttore di Rai 1, era già noto: la Rai non avrebbe concesso ulteriore spazio ai due dimostranti che martedì sera, in occasione della prima serata della 64esima edizione del Festival di Sanremo, hanno interrotto l’introduzione di Fabio Fazio, minacciando il suicidio dalla balconata del Teatro Ariston.

A posteriori, l’imposizione di Leone, chiara risposta a quanto era successo nella notte di martedì con l’esclusiva in mano a La Vita in Diretta, nonostante possa scatenare più di un dibattito circa la violazione della libertà editoriale dei giornalisti, si è rivelata, a parer mio, lungimirante e corretta. Tra affermazioni raffazzonate, dettagli omessi, iperboli eccessive e negazioni evidenti, si può dire che Leone ne abbia azzeccata almeno una.

Poco male per i contestatori di Sanremo che, comunque, hanno trovato lo spazio che cercavano, su Canale 5 nel salotto di Domenica Live. La squadra capeggiata da Barbara D’Urso, ovviamente, ha accolto subito i protagonisti collaterali di questo Sanremo e vedendoli lì, su un piatto d’argento e pronti a parlare, ha preso prevedibilmente l’occasione al volo.

La situazione ha raggiunto un chiarimento? Ma de che…

Anzi, se è possibile, al di là delle innumerevoli congetture e opinioni, ben argomentate o nate sul momento sull’onda dell’adrenalina indotta dall’evento, la situazione generale, grazie alla spiegazione dei contestatori, alcuni lavoratori del Consorzio di bacino di Napoli e Caserta che rispondono al nome di Antonio Sollazzo, Marino Marsicano, Salvatore Ferrigno e Maria Rosaria Pascale, appare ancora più ingarbugliata di prima.

Sollazzo ha esordito con queste dichiarazioni:

Non era uno stratagemma. La signora Maria Rosaria si è sentita male davvero. Volevo lanciare la lettera a Fazio durante uno stacco pubblicitario. Siamo partiti da Napoli a Sanremo. I biglietti li ho comprati fuori dall’Ariston. Due biglietti: 100 euro ciascuno. Abbiamo fatto una colletta per finanziare i biglietti. Poi, con i botteghini aperti, abbiamo comprato altri due biglietti. Avevamo un budget di 600 euro. Io con la mia furbizia, con la mia rabbia e con la mia capacità, ci sarei entrato sicuramente a Sanremo. Anche indossando una tuta del 118, addosso. Noi non portiamo stipendio a casa da 16 mesi. Volevamo portare in giro questa voce.

Sempre Antonio Sollazzo ha tentato di spiegare nel dettaglio come si è consumata la protesta:

Io e Maria Rosaria siamo andati in giro in galleria. In galleria, lei ha iniziato ad agitarsi, siamo andati in bagno per alleviare la sofferenza che ci attanagliava. Loro erano seduti. Volevamo fare meno danno possibile. Io volevo lanciare la lettera a Fazio, quando Maria Rosaria si è sentita male, io ho visto questo varco come una finestra sull’oceano, non ci ho pensato due volte, sono salito su.

E’ possibile che su questa “finestra sull’oceano” non ci fosse nessun ulteriore vigilante e che sia davvero sufficiente soltanto una donna svenuta per mandare a quel paese un intero sistema di sorveglianza? Evidentemente sì:

Io ho chiamato gli altri due appena Maria Rosaria si è sentita male. Il mio amico, sapendo che soffro di vertigini, è salito su con me. Questa scala era libera, c’era gente ma non controllava questa scala. Io vedendo questo varco, sono salito.

Appena Barbara D’Urso ha cercato di essere un filino più insistente nelle domande, Sollazzo ha risolto tutto con la retorica strappa-applauso (applauso che non è neanche arrivato):

Devo portare soldi a casa, continuo a lavorare, svolgo il vigilante, il 31 dicembre ho aperto lo spumante da 3 euro e 50 in cantiere, avendo a casa moglie, figli e nipoti.

Spiegata, o meglio, non spiegata, la dinamica della protesta, i contestatori si sono divisi i compiti per rispondere alle varie accuse. Partiamo dalla discussione grottesca sulle scarpe firmate:

Queste scarpe sono state regalate da mio suocero. Mi vergogno di dirlo in diretta. Io non avevo le scarpe. Erano già sue. Non me l’ha comprate.

Il Consorzio unico, in passato, è stato accusato di assumere operai in numero esorbitante, pagati per non lavorare:

Non voglio che passi questo messaggio che veniamo pagati per non lavorare. Abbiamo la nostra dignità, sempre che il governo non ci faccia pagare anche la tassa sulla dignità. Quando svolgevamo servizi per i comuni gratis perché ci pagava il Consorzio, andava tutto bene. Voi sindaci invece di assumere noi, si sono presi ditte private, noi abbiamo fatto un bando pubblico.

Questa, invece, è la replica riguardante i loro precedenti penali:

Siamo stati fino alle 2 in questura. Verso le 10 di mattino siamo stati denunciati. Per assenteismo, il collega Salvatore si è allontanato per prendere buste paga. Io ho un problema di 35 anni fa, se vai in questura questo problema c’è ancora. Un problema che ho avuto a 17 anni non posso pagarlo ancora oggi che sono nonno e ho 52 anni.

Nel calderone sono stati gettati anche la “prova” dei mancati versamenti dei contributi e il contestatore che non paga il mutuo da due anni, particolari che fanno sempre effetto e che hanno immediatamente svegliato la D’Urso dopo aver trascorso una decina di minuti da moderatrice passiva.

L’intervista, paradossalmente, è finita con l’inizio di una dichiarazione che poteva rivelarsi la più interessante di tutte ma che è stata interrotta:

Io sono stato da Berlusconi…

Stop.

Se ne riparlerà domani a Pomeriggio Cinque (forse).

I dimostranti, ovviamente, hanno assicurato la loro presenza:

A noi basta che arrivi la verità.

Per far sì che la verità arrivi, però, per la prossima volta sarebbe utile la consulenza di uno spin doctor o qualsiasi altro esperto in comunicazione perché così non si va da nessuna parte.

Magari con un’altra colletta, ci si può riuscire…