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Fiction italiana in crisi: cala il fatturato e l’investimento, aumenta l’importazione di serie tv straniere

Secondo il quarto rapporto Fiction della Fondazione Rosselli il fatturato delle imprese della fiction italiana è in calo del 24% negli ultimi cinque anni. Le reti tv preferiscono acquistare serie tv dall’estero. Mentre aumentano i minuti passati davanti alla tv.

pubblicato 19 Aprile 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 19:07

Un settore in crisi, con investimenti e fatturato in calo parallelamente alla crisi economica che sta attanagliando l’Italia e l’Europa da ormai cinque anni: è questa la situazione della fiction italiana che emerge da “Il mercato audiovisivo e la fiction: quali leve per lo sviluppo?”, quarto rapporto Fiction realizzato dalla Fondazione Rosselli, per Regione Lazio, Sviluppo Lazio, Associazione Produttori televisivi e Camera di Commercio di Roma.

Con un calo delle risorse televisive calato da nove miliardi del 2010 agli otto miliardi del 2012 (e strettamente legato al calo degli investimenti pubblicitari), anche le imprese produttrici di fiction in Italia hanno a che fare con minori entrate e maggiori difficoltà di produzione.

Il fatturato del settore si è attestato, lo scorso anno, a 650 milioni di euro, con un calo del 24% rispetto a cinque anni fa. Cifre che, nel corso degli anni, si sono sempre più concentrare sui maggiori produttrici di fiction, con il 70% delle produzioni in mano alle venti aziende “big” che hanno beneficiato, dal 2009 al 2011, dell’aumento dell’1,3% del loro fatturato. Di conseguenza, molte delle aziende “minori”, non riuscendo ad accedere al credito, sono più a rischio fallimento.

Male anche l’investimento dei broadcaster nei confronti della fiction: nonostante il genere continui a reggere (salvo alcune eccezioni) negli ascolti, le reti preferiscono investire in altre produzioni. Così, dal 2009 al 2011, la spesa delle reti sulle fiction è calato dal 18,6% al 12,3%, a fronte di un investimento nei tre Paesi europei al centro del documento (Italia, Francia e Gran Bretagna), che oscilla tra il 12,3% ed il 20,9%.

Meno fiction, dunque, ma la necessità di riempire i palinsesti resta la stessa: ecco che, oltre all’investimento sui programmi televisivi (anch’esso comunque limitato), le reti preferiscono acquistare serie tv dall’estero (principalmente americane, ma anche europee), riuscendo a contenere le spese ed a coprire sufficientemente il loro fabbisogno di produzioni da trasmettere.

Anche qui i dati spiegano bene la situazione: tra settembre 2011 ed agosto 2012 in prima serata su Rai e Mediaset sono andate in onda 1.731 ore di fiction, delle quali 1.151 (oltre il 66%) provenienti dall’estero, mentre 580 di produzione italiana.

Si arriva così ad una situazione in cui le reti italiane, che spendono poco per produrre fiction, le comprano all’estero, ma non riescono ad ottenere nuove risorse dalla vendita delle loro produzioni all’estero. Se gli altri Paesi puntano soprattutto su questo, cercando di raccontare storie che possano interessare un pubblico internazionale, da noi ci si accontenta di un buon ascolto nazionale, ma di una difficile vendita fuori dai confini nostrani.

Di fronte a questi dati, uno sembra portare un po’ di ottimismo, quello relativo alla delocalizzazione delle produzioni: calano le produzioni all’estero, con il 14% del 2012, segno che si vuole tornare a produrre in Italia, favorendo così il settore ed il lavoro della manodopera nostrana (Eleonora Andreatta, a capo di Raifiction, ha annunciato di voler insistere in questa direzione). Il tutto, mentre aumentano i minuti passati davanti alla tv degli italiani: una media di 253 minuti quest’anno, contro i 246 dell’anno scorso.