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Caso Craxi: Minzolini scatenato con un nuovo editoriale, Di Pietro annuncia una querela

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini l’aveva già chiarito, gli “editoriali” puntualmente al centro di mille polemiche sono una prerogativa alla quale non ha nessuna intenzione di rinunciare. Sono finiti i tempi in cui i giornalisti alla direzione del telegiornale più importante della Rai si mostravano in video in occasioni “straordinarie”, anche se è sempre

pubblicato 14 Gennaio 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 19:27


Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini l’aveva già chiarito, gli “editoriali” puntualmente al centro di mille polemiche sono una prerogativa alla quale non ha nessuna intenzione di rinunciare. Sono finiti i tempi in cui i giornalisti alla direzione del telegiornale più importante della Rai si mostravano in video in occasioni “straordinarie”, anche se è sempre stato così. Minzolini, per i meno teneri “Scodinzolini“, tratta il Tg1 come un qualsiasi quotidiano. Quando un fatto di cronaca o una polemica politica si affacciano sull’attualità il direttore, lui, è legittimato a raccontare il suo personalissimo punto di vista, alla faccia della Par Condicio e del “servizio pubblico”.

La conferma è arrivata nell’edizione delle 20 di ieri quando, senza che in verità nessuno glielo avesse chiesto, ha raccontato al paese la sua rilettura (ancora una volta pienamente coincidente con quella governativa, ma deve essere un caso) della figura di Bettino Craxi e delle vicende di Tangentopoli. Ecco alcuni passaggi significativi:

Una democrazia costosa, permise per cinquant’anni al nostro Paese di restare nel mondo libero: da un lato i partiti che governarono la prima Repubblica con i loro pregi e difetti, dall’altro il più grande partito comunista occidentale, con i suoi rapporti con l’Urss. Con la caduta del Muro di Berlino, per il solito paradosso italiano, i vincitori, quelli che erano sempre stati dalla parte giusta, invece di ricevere una medaglia furono messi alla sbarra. Basti pensare che il reato portante di Tangentopoli, cioè il finanziamento illecito ai partiti, era stato oggetto di un’amnistia soltanto due anni prima: un colpo di spugna che preservò alcuni e dannò altri. La verità è che a un problema politico fu data una soluzione giudiziaria. E l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fui spedito alla ghigliottina. Per questo Craxi non volle mai vestire i panni dell’imputato. E’ di quegli anni il vulnus che alterò i rapporti fra politica e magistratura. Un vulnus che per quasi un ventennio ha fatto cadere governi per inchieste che spesso non hanno portato da nessuna parte e che ha lanciato nell’agone politico i magistrati che ne erano stati protagonisti, che già per questo avrebbero dovuto dimostrare di non essere di parte.


Insomma, riassumendo il Minzolini pensiero, il pentapartito ci aveva portato sull’orlo del default con un debito pubblico da Sud America (che ci perseguita ancora) solo per garantire la nostra sopravvivenza nei confronti della minaccia comunista, Craxi (paragonabile a Papa Giovanni Paolo e a Ronald Regan) è stato eliminato in maniera pretestuosa da una rancorosa magistratura di sinistra che si è voluta vendicare dopo la caduta del Muro di Berlino con quei politici che avevano rappresentato un baluardo contro la dittatura del proletariato.

Alcuni saranno d’accordo, altri meno, ma questo non è rilevante. Non c’è formalmente nulla di male, ma basta si ammetta che Minzolini è il direttore del Tg1 apertamente (attenzione, ho detto “apertamente”, nel senso di “in maniera manifesta”) più fazioso della storia della Rai.

Dopo la messa in onda Antonio Di Pietro, chiaramente ed insieme vigliaccamente chiamato in causa pur senza venire nominato, ha annunciato querela con una dichiarazione alla stampa che ricalca in parte quelle solitamente pronunciate da esponenti di centrodestra che lanciano strali contro Michele Santoro:

Per quanto riguarda Craxi la storia lo giudicherà, se è statista o non statista, ma io da magistrato ho indagato e Craxi è stato più volte condannato non perché non era uno statista ma perché aveva tre conti correnti all’estero. Crazi era un corrotto condannato con sentenza penale passata in giudicato e Minzolini, cheprende uno stipendio dal servizio pubblico non può permettersi di raccontare bugie e di diffamare coloro che hanno fatto il loro dovere. Io privatamente querelerò Minzolini, non può accusare di intenzioni politiche chi ha fatto il proprio dovere.

Al prossimo, ovviamente equilibratissimo, editoriale.