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Le Iene, Otto e Mezzo, il caso Sarti e l’importanza dei limiti

Il caso Sarti da Rimborsopoli a foto e filmini privati diventati tema di programmi tv: Tiziana Cantone non ha insegnato nulla?

pubblicato 13 Marzo 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 23:11

“Il mistero dei filmini a casa dell’Onorevole continua…”.

Filippo Roma chiude così il servizio sul caso Giulia Sarti e Rimborsopoli andato in onda nella puntata de Le Iene di martedì 12 marzo. Un servizio incentrato su un’intervista all’ex collaboratore della Sarti, Andrea Bogdan Tibusche, che parte dai bonifici emessi e annullati a favore del fondo per il Microcredito – cui la prassi del m5S vuole vada una parte dello stipendio di ciascun parlamentare – passa per le spese della Sarti a favore di Bogdan e si sofferma sulle conseguenze dell’installazione di un impianto di videosorveglianza voluto dall’Onorevole a casa sua. Su questo punto si concentra tutta la parte finale del servizio, con tanto di ricerca del dettaglio sulla copertura delle telecamere, sulle stanze interessate e sui collegamenti stabiliti tra telecamere e tv in camera da letto. ‘L’istinto della Iena’ spinge Roma a ‘indagare’ su chi abbia frequentato casa Sarti, e nello specifico i luoghi più privati di quella casa, con tanto di telefonata finale a uno che gli chiude il telefono in faccia quando la Iena afferma: “So per certo che hai avuto una storia con Giulia Sarti“. Sfugge la pertinenza della domanda: se anche fosse, cosa avrebbe a che fare, oggettivamente, con i rimborsi o con un’eventuale violazione della privacy? Mi sfugge, onestamente.

Ma torniamo al servizio. Il passaggio dai bonifici annullati alla vita privata dell’onorevole si consuma in 16 minuti e a un occhio ignaro, ignorante e superficiale come il mio sembra si conceda un po’ troppo alla pruderie, alla morbosità, alla ricerca dello scandalo e del gossip. Se anche qualcuno è stato filmato a sua insaputa a casa dell’onorevole, perché insistere su chi ne avrebbe frequentato le stanze private? Il punto è che l’ex collaboratore fa capire di avere una copia delle registrazioni di casa Sarti? Bene, immagino ci sia materiale per coinvolgere la Procura, più che indagare su chi sia stato filmato nella camera da letto dell’onorevole.

“Le domande che ci poniamo sono innanzitutto su come sono stati spesi i soldi che Giulia Sarti ha dichiarato di aver restituito alle piccole imprese. Secondo: affrontiamo il problema dei video che sarebbero stati registrati a casa di Giulia Sarti esclusivamente perché è una questione di pubblico interesse se, come ha sostenuto Bogdan, un onorevole, per di più con un ruolo delicato prima in Commissione Antimafia, poi in Commissione Giustizia, abbia o meno registrato tutte le persone che entravano a casa sua, a maggior ragione se a loro insaputa. E’ vero che Giulia Sarti ne era conoscenza? O è stata ancora una volta vittima di qualcuno tecnologicamente più esperto di lei. Infine, la questione diventa ancora più rilevante nel caso in cui, come raccontato dall’ex Bogdan, se questi video fossero veramente finiti nelle mani di una terza persona, che dichiara di essere in possesso di una copia di tutti i filmati e che però nulla ha a che fare con i soggetti ripresi e non ha alcun diritto su quelle immagini (grassetti nell’originale, n.d.r)“:

così Le Iene hanno risposto in una nota diffusa all’indomani del servizio, per precisare la propria posizione (e che potete leggere integralmente sul sito ufficiale del programma).

Foto, filmini, video-sorveglianza: quando ‘gli effetti di senso’ possono più delle intenzioni

Il servizio de Le Iene ha scatenato, dunque, più di una polemica sia per la deriva che ha avuto il racconto dello scandalo Rimborsopoli, arrivato ai ‘misteri’ in camera da letto, sia perché si intreccia – rischiando di alimentarlo – a un caso, gravissimo, di diffusione di materiale intimo della stessa Sarti, delle foto che a quanto pare stanno girando forsennatamente tra smartphone e pc di mezza Italia. E qui i due ‘filoni’ sembrano convergere, creando un cortocircuito complesso da gestire: se è vero che le stesse Iene nella nota ribadiscono che “le foto non c’entrano niente con l’inchiesta delle Iene e risalgono a molti anni fa“, è anche vero che ricostruire la conservazione dei ‘filmini’, insistere sulla natura degli stessi, indagare sull’identità dei potenziali protagonisti crea un effetto di senso che spinge a creare una connessione tra ‘diffusione’ e ‘registrazione volontaria’. Non sarà stata quella l’intenzione, ma testo e contesto contribuiscono a generare sensi magari diversi da quelli preventivati.

Non ‘aiuta’ certo neanche il titolo scelto per il servizio, “La ‘verità’ dell’ex sui bonifici e i filmini dell’Onorevole?“, di cui quindi si postula l’esistenza. E ‘filmini’ è un termine che per consuetudine d’uso porta con sé connotazioni decisamente negative. Aggiungerei che viste le virgolette e il punto interrogativo finale pare si stia cercando una verifica dei fatti nel momento stesso in cui si mostra il servizio ai telespettatori. Un po’ tardiva come tempistica.

“Nell’ultimo capitolo dell’inchiesta, abbiamo approfondito la vicenda dei presunti filmini hard andando a sentire lo stesso ex fidanzato e collaboratore della Sarti. […] Sull’uso di quelle telecamere Bogdan ha precisato che riguardo al contenuto delle registrazioni “cosa, quando, quanto e chi, è la proprietaria che vi può rispondere, non io”. Ma che Bogdan non ne fosse a conoscenza sembra smentito da un’altra chat di cui siamo entrati in possesso, dove Bogdan dice che lei “registrava tutto e ci sono i filmati”. […] Ripetiamo qui le nostre domande ancora rimaste senza risposta: quei soldi sono stati veramente spesi così? Si trattava di “video controlli” legali e autorizzati? […] Perché quei “video controlli” sarebbero dovuti essere qualcosa di cui era conveniente parlare con Bogdan e un avvocato prima che l’onorevole presentasse la sua denuncia? […] Quante altre persone sono state video registrate? A loro insaputa? (grassetti nell’originale, n.d.r)

chiosa la già citata nota de Le Iene a chiarimento delle intenzioni comunicative quanto andato in onda ieri. Ma resta fitto soprattutto il mistero sulla struttura del servizio: cosa c’entra la ricerca di chi era in camera da letto? Perché andare così nel dettaglio in un servizio tv? Perché non lasciare che se ne occupi chi di dovere nelle forme e nei luoghi consoni? E soprattutto, “perché approfondire la vicenda dei presunti ‘filmini hard‘” per Rimborsopoli? E’ davvero politicamente e giornalisticamente rilevante? O lo è solo ‘televisivamente’?

Non sembra si cerchi, neanche indirettamente, chi possa aver messo in giro le ‘vecchie’ foto. Si ha, però, la sensazione che si cerchi un nesso tra installazione dell’impianto di video-sorveglianza, registrazione, ‘incauta custodia’, diffusione illegale da parte di terzi di contenuti compromettenti, di cui si prova a capire natura e protagonisti. Insomma, nella ricerca di un filo narrativo che tenga insieme le varie parti del servizio di ieri viene quasi da pensare che si cerchi una catena di responsabilità che arrivi a quell’impianto di video-sorveglianza.

Il caso Cantone non ci ha insegnato nulla?

“Con riferimento a notizie relative alla possibile circolazione di immagini molto personali della deputata M5s Giulia Sarti, il Garante per la Privacy richiama l’attenzione dei mezzi di informazione al rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e del codice deontologico dei giornalisti”

ha scritto il Garante in una nota stampa diffusa all’indomani del servizio.

“Tali regole impongono al giornalista di astenersi dal diffondere dati riguardanti la sfera intima di una persona per il solo fatto che si tratti di un personaggio noto o che eserciti funzioni pubbliche, richiedendo invece il pieno rispetto della sua vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul suo ruolo e sulla sua vita pubblica”

continua. E sembra proprio una missiva indirizzata al programma di Italia 1, reo di aver indugiato su aspetti che nulla hanno a che fare con il caso dei mancati rimborsi. Quel “diffondere dati riguardanti la sfera intima di una persona” e la richiesta del “pieno rispetto della sua vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul suo ruolo e sulla sua vita pubblica” non sono solo – e non tanto – un monito affinché nessuno abbia la geniale idea di pubblicare eventuali materiali scabrosi, ma un preciso invito al rispetto della persona e della sua sfera privata nella costruzione di inchieste, indagini, servizi. Il caso di Tiziana Cantone è evidentemente il più evocato in queste ore: a crearlo non fu soltanto la diffusione delittuosa del materiale, ma anche il tipo di copertura mediatica che ebbe e che non aiutò certo a creare un ambiente protetto e tranquillo alla ragazza, che decise poi di togliersi la vita.

Fa bene quindi Le Iene a sottolineare, sempre nella sua nota, che la diffusione di materiali privati non autorizzati è un reato (“ci teniamo a ricordare che diffondere queste foto è un reato e una violenza nei suoi confronti. Per chi dovesse riceverle: una volta aperto e visualizzato il contenuto, le foto vanno cancellate e non possono essere conservate sul proprio telefono, altrimenti si compie un reato. […](grassetti nell’originale, n.d.r)). Il programma stesso richiama il caso Cantone quando si precisa che

“la nostra inchiesta si basa su queste domande, che nulla c’entrano certo con il “revenge porn” o con la diffusione di materiale privato dell’onorevole. Sono temi delicatissimi, che come sappiamo in alcuni casi hanno portato addirittura alla morte di chi ne è stato vittima, come nel caso di Tiziana Cantone, di cui anche noi ci siamo occupati”.

Peccato però che poi si finisca per domandare continuamente se quelle telecamere fossero piazzate in camera da letto, chi abbia le registrazioni, che fine abbiano fatto. Se c’è un problema di privacy per gli inconsapevoli ospiti di casa Sarti, c’è nel momento stesso in cui varcano l’ingresso, non la porta di una camera da letto. E così si finisce per valicare il limite della decenza, per concedersi morbosità inutili che diventano un boomerang: indagare sullo scandalo dei Rimborsi è una cosa, cercare chi è stato nella camera da letto di un’abitazione privata ne è un’altra. A prescindere.

Il consiglio de Le Iene a Paolo Mieli e l’errore di Otto e Mezzo

C’è un aspetto particolarmente curioso nella nota de Le Iene e ha il sapore del crossover. Nel difendersi dalle accuse e nel precisare lo spirito del loro servizio, Le Iene chiama in causa Paolo Mieli, che nella puntata di Otto e Mezzo di martedì 12 marzo ha dichiarato di aver ricevuto le foto e di averle conservate. Da qui il ‘consiglio’ rivolto al già direttore del Corriere:

“Le foto vanno cancellate e non possono essere conservate sul proprio telefono, altrimenti si compie un reato. Per questo consigliamo anche a Paolo Mieli di disfarsene il prima possibile (grassetti nell’originale, n.d.r)“.

Un pensiero cortese, n’est pas? Un modo gentile per ricordare ai lettori che delle foto della Sarti, di cui loro – lo dicono due volte – non si occupano: ne hanno parlato altri, altrove. Quindi il ‘marcio’ va cercato su altre reti. La dichiarazione di Mieli a Otto e Mezzo, peraltro, ha aperto un altro fronte, che ha chiamato in causa Lilli Gruber e un suo presunto commento, smentito anche a mezzo Twitter, sull’effetto ‘boomerang’ che avrebbe avuto la ricerca della trasparenza cara al M5S nel caso Sarti. Un sillogismo a dir poco sgradevole smentito via social. Ma resta il fatto che il programma se ne sia occupato, evocandolo anch’esso in un titolo (“Il Governo tra Tav e foto osé“) che mescola pere e mele e che entra in una questione del tutto priva di consistenza politica, affrontata fin dal minuto 1.37 della puntata del 12 marzo, presentata però come un mezzo di guerriglia politica senza esclusione di colpi, usato contro una persona già n difficoltà, “di cui però  il caso di parlare per capire cosa racconta questo caso”, definito correttamente da Mieli come una “turpe violazione della privacy a fini politici…”, ma alla fine diventato argomento di dibattito, trattato come se fosse ‘solo’ la contromossa di schieramenti opposti al M5S, o a parte di esso, e non una vicenda privata che investe la sfera intima di una persona.

 

Due modi diversi di mettere le mani su una materia privata che, a mio avviso, non fa onore a nessuno dei due programmi.

La domanda resta una sola…

Se c’è una costante nel servizio de Le Iene (con annessa nota di spiegazione) e nel trattamento di Otto e Mezzo è una certa tendenza a deviare l’attenzione su aspetti intimi e privati della vita dell’onorevole a fronte di una vicenda politica in sé, diciamolo, piuttosto marginale. La domanda, in fondo, resta una sola: a cosa serve indagare nelle stanze private di un’abitazione privata chiamando in causa un ex con cui c’è una vertenza giudiziaria, o interrogarsi sul ‘valore politico’ della diffusione di foto intime di una parlamentare, quando il caso principale può avere al massimo una rilevanza politica in chiave prevalentemente propagandistica? O forse la domanda da farsi è quando impareremo a rispettare limiti e persone.

 

 

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