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Italia Sì, un contenitore ormai maturo dai tanti registri

Marco Liorni ha individuato la rotta del suo sabato pomeriggio tra storie dalle mille sfumature di tono e colore.

pubblicato 9 Marzo 2019 aggiornato 3 Novembre 2020 15:28

Sono passati 6 mesi dal debutto del nuovo pomeriggio di Rai 1 e mi corre l’obbligo di tornare sul contenitore ideato e condotto da Marco Liorni: ne seguii live l’esordio live e lo sintetizzai come un numero zero in cerca d’identità. Un’identità che il programma ha trovato, a dire il vero, molto rapidamente.
In realtà, mi corre l’obbligo di tornare su Italia Sì da mesi, diciamo già dalla seconda puntata, e per due motivi: in primis per cospargermi il capo di cenere e ammettere la mia colpevole ignoranza sull’origine del brano scelto come sigla, Italia d’Oro di Pierangelo Bertoli (mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa, lo confesso con vergogna); in secundis per sottolineare che già dalla seconda settimana buona parte dei problemi di scrittura, di costruzione, di regia, anche di conduzione, trovarono una prima soluzione, poi limata ulteriormente nel tempo. Dimostrazione di una capacità di ascolto e di analisi del proprio lavoro non sempre facile da trovare in tv.

Da allora il programma è riuscito a trovare una propria dimensione narrativa e tematica riconoscibile e piacevole: superati i rigidi paletti del tempo imposto e l’affannosa ricerca di un’artificiosa leggerezza, ora non si ha più paura di spaziare tra toni e temi. L’alternanza di personaggi che presentano la propria storia diventa lo spunto per affrontare argomenti profondamente diversi, ma finalmente trattati con il giusto approfondimento, senza la fretta del tempo che passa e neanche senza quel morboso ‘ravanare’ in cui cadono molti talk pur di riempire un blocco o di cavalcare un fenomeno. Italia Sì è riuscita a trovare un proprio ‘linguaggio’ narrativo, che permette di introdurre il tema attraverso una testimonianza concreta, che lascia spazio alle opinioni dei tre Saggi – simulacri diversi del pubblico a casa -, che non indugia sul dettaglio ma cerca di lasciare una traccia che vada oltre il dibattito in studio e si traduca in ‘conoscenza’ per i telespettatori. Penso alla puntata andata in onda oggi, sabato 9 marzo, tra l’avviso del chirurgo estetico Roy de Vita, che invita a diffidare delle pubblicità-truffa che lo immortalano come testimonial di creme miracolose, all’appello (bellissimo) per donatori di voce utili alla registrazione di testi per non vedenti. Nel mezzo, l’omaggio a Totò – diciamo soprattutto ad Angela Luce chiamata a ricordarlo – con la curiosità che lo vuole fantasma nel Palazzo di Città di Napoli e gli aggiornamenti di Fiore De Rienzo sul caso Emanuela Orlandi, in una sorta di interessante ‘crossover’ con Chi l’ha visto?. E con la partecipazione di Dodi Battaglia, ultimo dei Pooh ad esprimersi sul caso Fogli – Corona all’Isola dei Famosi, Italia Sì ha mostrato di non temere la trattazione di temi metatv, che sono sempre i più interessanti per chi si occupa del mezzo.

Attualità, curiosità, spettacolo, informazione: c’è ora davvero di tutto nello speaker’s corner, ma con sempre minor gusto per il freak e sempre più attenzione a un contenuto che sia ‘utile’ allo spettatore, un contenuto che arriva anche da spunti ‘spulciati’ dalle timeline dei social. Occhi aperti sul contemporaneo, quindi, in una formula che ha cercato di ibridare forme e contenuti (talk e people show in primis) e che non si tira indietro a infilarsi in situazioni ‘spinose’, come il caso Fogli a L’Isola dei Famosi o la ‘vicenda’ Paola Ferrari – Diletta Leotta sulla chirurgia estetica (con una Elena Santarelli che le sue idee non ha paura a esprimerle, così come gli altri due ‘Saggi’, Rita Dalla Chiesa e Mauro Coruzzi, ognuno con le proprie caratteristiche e idiosincrasie, ma tutti con il pregio di non nascondere la mano se si tira un sasso).

Rispetto alla prima puntata è decisamente un altro programma, con una intenzione narrativa di tutt’altro spessore. Asciugata anche la confezione (che pur a volte ricasca in qualche ‘ingenuità’ spesso dettata dalle circostanze di specie – e so bene che l’entusiasmo del pubblico è ormai uno stilema di cui non riesce a fare più a meno nemmeno il prime time – ma che riesce a dar movimento a un programma fatto praticamente da fermo, tra spazi ridotti e protagonisti necessariamente immobili nelle loro posizioni), Italia Sì ha così tracciato la sua rotta e procede con decisione nel mare sempre periglioso del pomeriggio di Rai 1.

A sei mesi dall’esordio, e ormai superata la boa della stagione tv, la marca di Liorni, però, non è cambiata: resta sempre all’insegna di quel garbo e quella misura di cui si sente il bisogno nel racconto del quotidiano, nel daytime e non solo, soprattutto quando si affrontano temi delicati come cronaca e attualità che, mai come in questi tempi, richiedono oggettività e equidistanza tra ‘realtà’ e ‘percepito’, humus fertile (anche) per una comunicazione politica sempre più vicina all’agenda dell’infotainment. Proprio per questo i programmi del genere hanno sempre più bisogno di chi questa materia sa trattarla con tatto e lucidità. Ma questa è un’altra storia.