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L’Amica Geniale è il manifesto Rai della fiction del futuro

La recensione de L’Amica Geniale, la serie tv di Raiuno tratta dai romanzi di Elena Ferrante, frutto di un enorme sforzo produttivo e di una serie di circostanze che hanno fatto elevare la serialità italiana

pubblicato 27 Novembre 2018 aggiornato 19 Aprile 2021 16:04

Non sono i numeri comunicati dall’ufficio stampa a fare de L’Amica Geniale la serie più attesa dell’autunno (o addirittura dell’anno). Non è il forte legame con i best-seller di Elena Ferrante, e neanche il fatto che quest’ultima abbia interagito con gli sceneggiatori garantendo agli episodi un’impronta fortemente letteraria.

A rendere L’Amica Geniale, ancora prima della sua messa in onda, quella che gli americani definirebbero must-see tv è l’allineamento di una serie di situazioni che hanno creato il contesto in cui va in onda. Innanzitutto, c’è un percorso compiuto da Rai Fiction in questi anni: è come se tutto il lavoro svolto dalla direttrice Eleonora Andreatta si fosse naturalmente diretto, ancora prima dell’annuncio della produzione, verso un clima ideale per portare in tv la storia dell’amicizia di Elena e Lila.

Tanto criticata in passato, la fiction generalista Rai negli ultimi anni ha indubbiamente compiuto dei passi da gigante, sia sul lato produttivo che su quello rappresentativo di una realtà in cui sapersi rispecchiare. Sarebbe inesatto dire che racconto de L’Amica Geniale, con il suo lunghissimo flashback negli anni Cinquanta (che poi è la colonna portante dei libri), è il racconto del nostro Paese. Piuttosto, è il racconto di un’anima, quella italiana, e della sua evoluzione per mezzo della potentissima arma dell’istruzione. Sebbene non sia mai esplicitamente dichiarato, è questo il tema che fa da minimo comune denominatore alla storia delle due giovani protagoniste, il cui futuro trova proprio nell’istruzione e nella possibilità di studiare o meno le ramificazioni necessarie a far proseguire la trama.

Questo non-detto, questo non voler a tutti i costi applicare una didascalia, fa sì che L’Amica Geniale abbia imparato delle lezioni dal passato che, si spera, possano essere poi apprese anche da altre produzioni. Certo, altre fiction non hanno dalla loro parte due case di produzione, un network via cavo americano ed una piattaforma streaming italiana a sostenerle, ma quando si parla di scrittura tutto questo sparisce. Resta, invece, la fiducia verso il pubblico e la sua capacità di leggere i multistrati che formano l’opera.

Perché non c’è solo l’istruzione a reggere L’Amica Geniale: è l’emancipazione, l’altro tema portante. Soprattutto quella femminile, raccontata con una delicatezza ed una voglia di riscatto che diventa di tutti e non solo delle donne alla visione. E proprio come Elena e Lila cercano, ognuna a modo suo e con i propri ostacoli lungo il percorso, di emanciparsi da famiglia, uomini e società, la serie cerca di emanciparsi dal pregiudizio di una fiction che per troppo tempo ha subìto il giudizio negativo (ma, ahimè, a volte giustificato) di tanti.

Per quanto si ostini a raccontare un passato (quello delle protagoniste, ma anche quello del nostro Paese e del nostro sentire) ed a farci dimenticare che la voce narrante è quella dell’Elena di oggi, L’Amica Geniale è decisamente proiettata nel futuro. Un futuro in cui anche la televisione italiana può offrire racconti, volti nuovi e sensazioni inedite scrollandosi di dosso pregiudizi e comodità, e riesce ad uscire da una zona di conforto che le permette, davvero, di essere migliore. Un manifesto della fiction italiana che deve (e può) essere.

Perché se l’istruzione lega Elena e Lila per tutta la vita, imparare a fare sempre di meglio deve diventare l’obiettivo anche di produttori, autori e registi che lavorano alla serialità televisiva. Con o senza fonti letterarie così forti, il messaggio è chiaro: la tv non ci sta più ad essere considerata una scatola di storie di seconda categoria.