Home Agorà Serena Bortone e Barbara d’Urso: quando la lotta alla violenza sulle donne passa dalla diretta

Serena Bortone e Barbara d’Urso: quando la lotta alla violenza sulle donne passa dalla diretta

Il 25 novembre si celebra anche in televisione la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

pubblicato 26 Novembre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 05:13

Non è normale che sia normale”. Questo il nome della campagna lanciata dalla vicepresidente della Camera dei deputati, Mara Carfagna, in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dalle Nazioni Unite. Una striscia di rossetto rosso sotto l’occhio è stato il contributo simbolico di centinaia di uomini e donne, che nelle piazze di tutta Italia hanno manifestato contro la violenza di genere. Molti i volti noti che hanno aderito pubblicamente all’iniziativa, offrendo la loro popolarità per diffondere il messaggio che “non è normale che sia normale” l’abuso nei riguardi delle donne, che sia fisico o di potere.

Così come in Parlamento la campagna ha raccolto la partecipazione di esponenti di partiti rivali alle urne, a sottolineare che quella alla violenza di genere deve essere una battaglia comune a tutte le forze politiche, anche in televisione il messaggio è stato diffuso ad aziende unificate. Anzi, l’eco della campagna ha avuto come principale cassa di risonanza proprio il piccolo schermo. Conduttori e giornalisti di tutte le aziende hanno risposto a modo loro all’invito dell’ex Ministro delle Pari Opportunità: c’è chi ha aderito alla campagna invitando i propri telespettatori a denunciare chi mette a rischio la loro incolumità; chi ha riservato uno spazio maggiore nelle proprie trasmissioni al tema del femminicidio; chi sui social con un post accompagnato all’hashtag dedicato; chi tracciando in segno di protesta un baffo di rossetto sotto l’occhio davanti alle telecamere.

Dai contenitori domenicali ai programmi di inchiesta, tutti e tutte schierati per un’ideale, anche a favore di diretta. Tra le prime a diffondere dal vivo la campagna la giornalista Serena Bortone, che ha ospitato lo scorso venerdì la vicepresidente Carfagna nella sua Agorà. Una piazza, metaforicamente quella della democratica Atene, in cui annunciare al pubblico mattiniero l’iniziativa lanciata al Campidoglio appena due giorni prima. La Bortone ha fornito il proprio contributo insieme all’ex Ministro, mostrando ai telespettatori in che modo prendere parte all’iniziativa sui social. Il rito del rossetto ha così rotto la liturgia tradizionale del talk show, tutt’al più smosso da qualche ospite esagitato, amplificandone la forza del messaggio. È la potenza straniante dell’inatteso, come sa bene Gerardo Greco, il direttore del Tg4 che in una recente puntata di W L’Italia si è fatto iniettare una dose di vaccino in diretta per rispondere alle teorie degli antivax.

Nella giornata del 25 novembre, invece, chi ha usufruito della propria finestra mediatica per la causa è stata Barbara d’Urso, artefice dello slogan “Chi ti picchia non ti ama”, che da anni affronta casi di cronaca nera nelle sue trasmissioni dando voce a vittime di stalking e molestie fisiche. La conduttrice napoletana ha scelto senza dubbio un’altra prossemica nell’ultima puntata di Domenica Live, spiegando prima i motivi che l’hanno spinta ad accettare la richiesta di collaborazione al movimento, sfoderando poi l’armamentario di chi sa destreggiarsi coi tempi stretti della diretta: primo piano, parole spedite, sguardo lucido e magnetico rivolto all’occhio della camera. Il claim della campagna, che chiude l’intervento, pronunciato con la teatralità della fiction.

C’è chi dice altro pubblico, altre necessità, altri linguaggi. Se si considera che lo scopo della campagna era di uscire fuori dai palazzi e coinvolgere quante più persone possibili, ben vengano codici alternativi per individuare pubblici variegati, ad orari diversi, che non seguono l’agenda politica in televisione. Questo sì che deve essere normale.

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