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Narcos: Messico, la storia del narcotraffico diventa un format

Recensione in anteprima della quarta stagione di Narcos dal titolo Narcos: Messico su Netflix dal 16 novembre

pubblicato 15 Novembre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 05:43

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Finita la terza stagione di Narcos, Netflix e Gaumont Productions si sono trovati davanti a una scelta: proseguire nel racconto dei cartelli della droga colombiani, seguendo le imprese dell’agente Peña interpretato da Pedro Pascal o cambiare totalmente prospettiva.

La scelta è, giustamente ci sentiamo di aggiungere, ricaduta sull’ultima opzione, ecco perchè dal 16 novembre sulla piattaforma di streaming saranno rilasciati i 10 episodi di Narcos: Messico quarta stagione di Narcos e/o prima di un nuovo ciclo di racconti del narcotraffico. Al centro la storia dell’ascesa del cartello di Gauadalajara in Messico, appunto, guidati da Miguel Angel Felix Gallardo, interpretato da Diego Luna perfetto nel ruolo del trafficante “suo malgrado”, ambizioso, spietato, stratega elegante. Originario di Sinaloa, Gallardo è ora in carcere per traffico di droga e per essere il mandante dell’omicidio dell’agente della DEA Kiki Camarena, interpretato nella serie da Michael Peña (e no, non è spoiler quando si tratta di una storia vera).

Dopo Pena-Escobar e Pena-Cartello di Calì, Kiki-Felix è la doppia prospettiva al centro di questa prima stagione di Narcos: Messico ( o quarta stagione di Narcos decidete voi come contare).

Il racconto della lotta al narcotraffico diventa così un format targato Gaumont/Netflix, mostrando però tutti i limiti di una scelta potenzialmente perfetta ma che sconta tutti i difetti di un prodotto industriale. Troppo tardi, troppo simile.

Arrivato nel 2015 Narcos rispondeva a pieno allo spirito rivoluzionario e innovativo della piattaforma: recitato in gran parte in spagnolo per ragioni di autenticità ma anche per seguire la diffusione internazionale di Netflix, è diventato un grande successo popolare e globale grazie alla figura iconica al centro. Il Pablo Escobar di Wagner Moura è stato un simbolo dell’ascesa della piattaforma a colpi di parodie, immagini comiche sui social, il tutto poggiando su una solida struttura narrativa che univa immagini di repertorio con ricostruzioni degli eventi realmente accaduti. Un personaggio reale che ha superato la finzione.

Dopo due stagioni così fortemente caratterizzate da Pablo Escobar, fermare tutto sembrava la scelta migliore, invece ecco subentrare il catello di Calì anche se è Pedro Pascal e la lotta del suo agente Pena a rubare la scena. Finito anche questo terzo capitolo, mentre tutto sembrava indicare la strada di un “agente Pena contro il narcotraffico” come futuro della serie tv,  arriva la decisione di tornare indietro nel tempo e raccontare i cartelli messicani.

Un ripartire che assomiglia a un revival, che tanto va di moda in questo periodo, fatto senza aspettare che il tempo giusto sia trascorso. Narcos: Messico è costruito esattamente come le tre stagioni precedenti e trasforma Narcos in una sorta di Masterchef del narcotraffico riadattabile in tutto il mondo, preparandosi per l’esportazione e per le infinite possibilità che il tema e la resa possono offrire.

Narcos: Messico è costruita proprio come le precedenti versioni: c’è la voce fuori campo che racconta la lotta alla droga della DEA e intervalla le immagini di repertorio con le ricostruzioni, ma c’è anche un senso di ripetitività nei vari personaggi. Sembra assurdo trattandosi di storie vere, eppure la scansione della storia sa di già visto. L’ascesa del giovane e nuovo leader, la costruzione del consenso, le prime difficoltà, la rivalità con la polizia, ritorsioni e omicidi, quella di Narcos è un formula consolidata e ben precisa replicabile in ogni paese. E proprio per questo funziona. Non lasciatevi ingannare, quando un prodotto è buono replicarlo non è un problema, rovinarlo potrebbe esserlo ma non è questo il caso. Paradossalmente, però, sarebbe stato meglio farlo riposare per un anno o anche più, separare nettamente i vari capitoli anche in senso temporale.

Diego Luna e il suo Felix non hanno nulla in comune con Pablo Escobar e Wagner Moura. Felix Gallardo è un “patron” carismatico, pacato, elegante nei modi, che ama più l’arte della trattativa negli affari che l’uso delle armi, che finisce per subire il suo stesso successo. Kiki Camarena (Pena) è il classico poliziotto buono, antagonista di tutto e tutti che dà la vita per la propria missione. Due antagonisti, due facce della stessa medaglia, due uomini spinti da uno stesso furore: la voglia di giustizia per Kiki, la sete di potere per Felix. Felix è un ex poliziotto che ha capito come funziona il mondo, è deluso da quello stesso mondo e per questo decide di conquistarlo.

Gli intrecci tra politica, polizia e narcotraffico sono ancora più evidenti in Narcos: Messico mostrando come il denaro sia il motore di ogni singola azione individuale e sono poche le figure capaci di resistere alla tentazione di soldi e potere.

Il mondo di Narcos continuerà? Al momento non c’è alcun annuncio ufficiale, ma ancora una volta tutte le strade sono possibili sia rimanendo in Messico che tornando in Colombia o spostandosi in un altro paese. Narcos è un format e potrà funzionare ancora a lungo.

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