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I Dieci Comandamenti, il Parco Verde di Caivano ci ricorda cos’è la Scuola (e cosa fa il Servizio Pubblico)

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pubblicato 28 Ottobre 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 06:28

“Come figli miei”, lo speciale che ha inaugurato la stagione de I Dieci Comandamenti ha portato in tv tutti i valori della scuola partendo dal Parco Verde di Caivano e andando lontano dai luoghi comuni.

Il Parco Verde di Caivano è materia difficile da raccontare: è terreno di inchieste sulle (mica tanto) nuove piazze di spaccio, è la cornice delle più atroci indagini sugli abusi sui minori (il caso Fortuna Loffredo su tutti) consumati tra queste palazzine anonime della periferia nord di Napoli, nate per ospitare gli sfollati e i senzatetto del Terremoto dell’80 e figlie soprattutto della speculazione edilizia e della gestione spregiudicata dei fondi per la Ricostruzione.

Raccontare il Parco Verde in tv da prospettive diverse da quelle solite non è facile. Qualche anno fa ci provò anche Il Boss delle Cerimonie con una comunione che voleva restituire la ‘normalità’ di un evento vissuto con la stessa ‘eccessiva’ normalità di una famiglia di Napoli Centro, ma che finì per restare avviluppata in un contesto che soffocò l’atmosfera fiabesca cara al programma.

Con il suo speciale de I Dieci Comandamenti (andato in onda nel prime time di sabato 27 ottobre 2018 e che potete rivedere su RaiPlay), Domenico Iannacone sceglie di raccontare altro dalla miseria, dal traffico di droga, dalla guerra per il controllo della piazza, dalle percentuali di dispersione scolastica, dalle raccapriccianti storie di violenza domestica e sessuale su donne e bambini. Non scompaiono dal quadro, ma fanno da cornice a un altro racconto, quello che mette al centro il lavoro di una preside che ha investito tutte le sue forze per far rinascere una scuola di frontiera, farne un polo di eccellenza formativa, imponendo – a quanto racconta – la sola forza della legalità. Ha fatto lavorare chi non lo faceva – come le imprese che avevano appalti di pulizia e manutenzione, ma non si presentavano -, ha eliminato chi commerciava senza licenze nella scuola o occupava abusivamente locali in nome di un principio di prepotenza e di strafottenza verso il bene comune che è la vera piaga di una società incivile. Senza latitudini.

Con l’aiuto di una squadra di docenti che hanno fatto dell’empatia la prima materia del loro programma di studi, la preside ha rimesso in piedi una struttura che è diventata, stando a quanto andato in onda ieri sera, un punto di riferimento per il quartiere e per i Quartieri più difficili della zona. Una preside – e un corpo docente – in prima linea, quindi: col suo modo di fare Eugenia Carfora ha di certo attirato odii e invidie, antipatie e ‘malelingue’. Non si può capovolgere lo status quo ed essere popolari.

Nel programma non si approfondiscono i modi attraverso cui la scuola è riuscita a ottimizzare fondi e recuperare risorse straordinarie: il punto su cui insiste lo speciale è ribadire il principio della pulizia che porta il pulito, dell’applicazione inflessibile della regola che alla lunga porta al suo rispetto; insiste, insomma, sull’esempio e sull’educazione come mezzo per indirizzare i ragazzi sulla retta vita, come se fossero tutti propri figli.

“Preside, questa sembra una prigione!”

“Sì ma è una prigione che ti dà la libertà…”

risponde la preside ai ragazzi. E in questo caso ‘libertà’ non è solo una ‘categoria dello spirito’, ma una vittoria che lascia intonsa la fedina penale.

La vera forza di questo speciale, però, non è solo nel valore dell’esempio e nell’impegno imprescindibile al rispetto delle regole incarnato dalla preside, lontana dai lassismi e dalla falsa condiscendenza, ma è anche, se non soprattutto, nel racconto del lavoro dei docenti, nel portare in tv, senza filtri, il tipo di lezione che ogni giorno – ogni ora – devono inventarsi per trasferire loro qualche concetto minimo utile per il superamento dell’anno. Un lavoro di continua ricerca, in cui ci si mette emotivamente in gioco, costruito intorno alla creazione di un contatto e una connessione con chi non ha nessun interesse a studiare per naturale inclinazione dell’età, per oggettive esigenze di contesto e anche per un certo stigma sociale (per niente esclusivamente territoriale) che marchia come perdente chi ‘perde tempo a scuola’.

In questo modo I Dieci Comandamenti ha portato alla ribalta tante scuole, non solo prototipicamente ‘di frontiera’ come può essere quella del Parco Verde, ma quelle di tante zone molto meno disagiate e più vicine al quotidiano di ciascuno di noi, che però rappresentano, come a Caivano, l’unico vero strumento di normalità, intesa anche come difesa della norma, di quella regola che non esiste in famiglie troppo distratte dalla disperazione quotidiana per pensare al futuro o troppo sfiduciate verso le Istituzioni, che per prime rifiutano. In ogni caso, la scuola diventa l’unico mezzo per recuperare ragazzi dal fallimento genitoriale.

“Pruessore’ nun se sceta. Chille sta ancora durmenn’… trasite vuje e jatevell”a sceta’” (“Professoressa, mio figlio non si è svegliato ancora: andate voi in camera e svegliatelo”): qualcuno commenterà che non è scuola questa, che sfiora il principio dell’assistenzialismo irresponsabile, che si tratta dell’olografico buonismo partenopeo del classico “I figli so’ piezz”e core..”. Qualcun altro, invece, vi rivedrà la fin troppo romantica immagine della maestra Oliviero de L’Amica Geniale. Di fatto questa è una condizione quotidiana per tanti docenti ‘normali’, senza superpoteri, che lottano contro i ragazzi, le famiglie, i tagli, i regolamenti, i ministeri.

Forse uno dei grandi meriti di questa puntata de I Dieci Comandamenti, sempre in grado di offrire uno sguardo diverso su realtà di cui si pensa di sapere tutto, è stato proprio quello di ricordare cosa sia la scuola, al netto del contesto. “Questa sembra proprio una scuola del Nord” dice uno Iannacone che assume l’espressione che potrebbe avere uno dei suoi telespettatori vedendo i corridoi puliti e colorati dell’Istituto professionale Morano del Parco Verde.

A Caivano la scuola sembra ritrovare tutti i colori dei suoi valori più profondi, quelli che troppo spesso si dimenticano e che sono esplosi in un doc che andrebbe fatto girare nei palazzi della Politica e che fa servizio pubblico senza il roboante richiamo esercitato da altri (meritevoli ed eccellenti) programmi, come del resto tanti altri prodotti tv Rai nei palinsesti quotidiani. E come tanti docenti nelle più disparate scuole d’Italia.