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Fatma Ruffini a Blogo: “Il Saturday Night Live con Bisio e il futuro della tv”

Intervista a Fatma Ruffini, la signora della tv.

pubblicato 21 Aprile 2018 aggiornato 1 Settembre 2020 01:16

La televisione italiana ha svariate signore che la rappresentano. Una di queste, senz’altro tra le più importanti, si chiama Fatma Ruffini. Raccontare la sua storia in poche righe è pressoché impossibile, a lei è servito un libro per farlo (“La signora di Mediaset. La mia vita con Berlusconi e i divi della tv“, uscito nel 2015 per Mondadori Electa). Più facile parlare del suo presente: dopo anni di esclusiva con Mediaset, nel 2013 ha fondato una sua casa di produzione (la FTM Entertainment) ed è diventata a tutti gli effetti una libera professionista. Per Tv8 produce il Saturday Night Live con Claudio Bisio, in onda ogni sabato sera alle ore 21 per ancora quattro puntate: questa sera, tra gli ospiti, spiccheranno Ambra Angiolini, Lodovica Comello, Federica Pellegrini, Alvaro Soler. Nelle prossime settimane, anche Ale e Franz e Claudia Gerini.

Che ci fa la “signora di Mediaset” su Tv8?
“Da quando ho aperto la mia casa di produzione sono sul mercato, anche se continuo a lavorare anche per Mediaset”.

Come è arrivata al Saturday Night Live?
“Chi lavora nello showbiz, conosce da tanti anni questo programma. Parlando con i miei collaboratori è nata l’idea di proporlo a Claudio Bisio e poi a Sky: ci siamo messi a lavorare, abbiamo fatto una presentazione che è risultata efficace e, basandoci sul format originale, abbiamo scritto una vera e propria puntata con testi adatti al nostro Paese. Abbiamo cominciato a parlarne a ottobre e poi l’abbiamo portato in scena”.

È soddisfatta della resa finale?
“Credo che il programma ci sia. È chiaro che non possa essere la stessa formula della versione originale: l’abbiamo adattato alla nostra cultura e ai nostri gusti. Il Saturday americano dura 60 minuti a puntata, il nostro dura 85. Insomma, ci siamo dovuti adattare anche al nostro prime time, aggiungendo aspetti di spettacolo. Credo sia un buon prodotto”.

La prima puntata è partita con un problema tecnico importante.
“Anche quello è un modo per farsi notare, non crede? (ride, ndr)”.

Si era occupata anche delle precedenti versioni italiane?
“No, assolutamente”.

Si può fare satira libera in Italia?
“L’importante è non offendere e non calunniare, poi si può fare, entro i limiti del buon gusto”.

Ai tempi di Barracuda ci furono delle polemiche da parte di Luttazzi per delle battute che vennero cestinate. I tempi sono cambiati?
“Cambia la società, così come cambia la televisione”.

Che rapporto c’è con Bisio?
“Ottimo, stimo tantissimo Claudio ed è la prima persona alla quale abbiamo pensato per il Saturday. Spesso ci confrontiamo e discutiamo sul nostro lavoro perché entrambi aspiriamo al meglio”.

Ci sono le basi per una seconda edizione?
“Questo dovrebbe chiederlo a Sky”.

Lei è stata una pioniera nell’importazione di format stranieri nella televisione italiana.
“Credo di essere stata una delle prime ad andare all’estero a comprare i format. Il primo programma che sono andata ad acquistare negli Stati Uniti è stato Ok, il prezzo è giusto!: era il lontano 1983. Le prime volte, quando andavo a chiedere di acquistare questi prodotti, i responsabili non capivano. ‘Ma cosa vuole fare? Perché?’, mi chiedevano. Poi invece ne è nato un business mostruoso”.

Oggi c’è un’abbondanza?
“Oggi è molto più facile far produrre un format già collaudato in altri Paesi, che un programma originale scritto da noi. Questo non depone a nostro favore, ma credo succeda anche all’estero”.

Tanti format hanno anche delle imposizioni ben precise.
“C’è un regolamento da seguire; le musiche e le scenografie devono essere quelle perché il prodotto deve essere riconoscibile. Il Saturday è un caso a parte. C’è stata data grande libertà, anche perché dura da 43 anni e c’è un’abitudine alla sua esportazione. A parte il logo, la sigla iniziale e l’impostazione a moduli, abbiamo fatto tutto noi”.

Si può fare ancora varietà in Italia?
“Se l’idea è buona, se è realizzata bene e se c’è un buon cast, tutto passa e tutto si può fare. Ma dev’essere attuale, non bisogna più utilizzare le formule vecchie. Se non cominciamo a fare le formule nuove, rimaniamo sempre fermi lì. Anche all’estero non vedo trovate geniali, né formule che possono cambiare il modo di fare televisione”.

Ce lo aspettiamo da lei.
“Me lo auguro (ride, ndr).

Da La Corrida a Scommettiamo Che?, questa stagione è stata caratterizzata dalle operazioni nostalgia: cosa le piacerebbe far tornare in onda?
“Sta per tornare Scherzi a parte sulle reti Mediaset, quello è un programma che ho inventato io. Però sono dell’idea che bisogna andare avanti. La mia idea è guardare al futuro. È cambiata la società, sono cambiati i gusti, è cambiata la televisione: questi esperimenti possono funzionare come effetto nostalgia, ma si rischia di fermarci”.

Della nuova edizione di Scherzi a parte se ne occuperà lei?
“No, pur essendo mio, ho lasciato i diritti a Mediaset”.

Il programma più brutto che ha realizzato?
“Ma io non ho mai fatto programmi brutti (ride, ndr)”.

È vero che nell’epoca d’oro della televisione c’era terrore nei suoi confronti?
“Credo ci sia ancora adesso, sa?”.

Come mai?
“Pare che io abbia un carattere un po’ deciso, però lei sa bene che queste sono delle calunnie (ride, ndr)”.

Perché non è mai diventata direttrice di rete? Non le piacerebbe?
“Sono sempre stata più concentrata sul prodotto, sull’ideazione, sullo scovare nuovi talenti. Da Fiorello in poi, ho avuto la fortuna di lanciare molti”.