Home Serie Tv Velia Lalli a Blogo: “In tv non c’è spazio per una stand up comedian donna. Alla Littizzetto dico che…”

Velia Lalli a Blogo: “In tv non c’è spazio per una stand up comedian donna. Alla Littizzetto dico che…”

Parla la panelist di Sbandati: “La comicità pop non può piacere a tutti. Anche due palle! A me fa schifo e così ne faccio un’altra”

pubblicato 7 Novembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 04:11

Comica con laurea in Ingegneria Elettronica, Velia Lalli fa parte, per il secondo anno consecutivo, del cast di Sbandati, il programma in onda in seconda serata ogni martedì su Rai2, nel ruolo di panelist, oltre ad essere in tour con il monologo Lasciate che i pargoli vengano a me. La sua storia professionale arriva da lontano: stand up comedian, autrice, battutista, in tv e radio (Ottovolante, Radio2).

Il vittimismo femminista proprio non lo sopporto, ma la realtà è che non essendoci tanto spazio, per una donna è più difficile. Ma ci sto lavorando. Già prendermi la libertà che Sbandati mi dà è un’operazione innovativa e avanguardista. Sbandati è un trampolino di lancio per gli spazi che la tv per ora non offre alla stand up comedy“.

Come sei arrivata a Sbandati?

Sostenendo un provino nell’estate 2016. A me piaceva l’idea del format, l’idea di fare una trasmissione che mettesse alla berlina il mondo televisivo. Io sono una outsider rispetto alla tv, vengo dagli spettacoli live.

Sei una telespettatrice appassionata?

Venendo da un altro tipo di percorso, non ero appassionata di televisione. Anzi, la snobbavo. Fare Sbandati è stata una sfida, ha significato scoprire personaggi che non conoscevo. Certo, non vivo nel Paese delle meraviglie, ma il mio occhio è distante, a volte sorpreso, a volte affascinato, rispetto al mondo della televisione.

L’ambientamento a Sbandati è stato facile da subito? Il programma nel tempo è cambiato…

Sbandati è multiforme. Dall’interno è molto divertente: costringe all’improvvisazione, ad essere vivi e attivi. Questo lo rende fresco. È una roulette. Tutti siamo diventati più bravi col passare delle puntate. All’inizio gli autori scrivevano un po’ di più perché non sapevano quanto il gruppo avrebbe funzionato, mentre adesso due-tre pilastri permettono al resto di ruotare intorno. Anche Gigi e Ross hanno avuto una crescita nella gestione di sei-sette lingue impazzite che non si sa dove vanno a parare. La trasmissione cambia sempre e questa è la sua forza.

Hai detto improvvisazione. Quanto i panelist improvvisano e quanto invece il programma è scritto? Fermo restando che il fatto che un programma sia molto scritto non è un disvalore…

Evidentemente, altrimenti non sarebbe un programma tv, ma una pizzata con gli amici e quante volte ti sei rotto le palle alle pizzate con gli amici?! Posso dirti che ad oggi (l’intervista è stata registrata ieri, Ndr), lunedì, ora di pranzo, non ho ancora ricevuto la scaletta di domani; non so ancora chi ci sarà con certezza. Con gli altri panelist sono in contatto, so chi di loro ci sarà, ma poco altro. Certo, arriverà una scaletta, ci saranno indicati i macro-temi, domani (oggi, Ndr) pomeriggio faremo una riunione di scaletta, ma considera che l’ultima scaletta arriva di solito alle 20.40 mentre sei al trucco. Io per i miei spettacoli di solito scrivo tutto, ma a Sbandati mi sono ritagliata il ruolo di quella che mette sulla graticola l’ospite quando serve. Le volte in cui ho fatto interventi più scritti c’ho perso in freschezza.

È capitato che una tua battuta su un programma o un personaggio tv abbia generato qualche problema a Sbandati?

A parte quella cosa di Paola Ferrari dell’anno scorso, no. Ed io a Sbandati sono quella che se la rischia di più, mi chiamano pitbull per prendermi in giro. Anche se tengo a precisare che questo è il mio lavoro ed io non vado mai sul personale, io uso l’iperbole.

Anche il vostro recente attacco a Tu sì que vales non ha avuto conseguenze?

No, è rimasto tutto in una dimensione molto piccola.

A Sbandati quest’anno c’è anche il tuo collega Saverio Raimondo.

Abbiamo iniziato insieme in Satiriasi, il gruppo di giovani comici che ha fatto conoscere la stand up comedy in Italia. Lui è molto bravo: i suoi interventi sono più scritti, fa da contraltare da me, lui ha la battuta sicura, io vado più a braccio. Non credo che ci accavalliamo. A me fa molto piacere che quel gruppo di comici di Satiriasi inizi a vedersi in tv – Giorgio Montanini aveva già fatto alcune cose. Di fatto noi siamo molto più versatili di altri comici che magari si limitano a fare gli sketch e le gag.

Tu ci tieni a dire che sei la prima stand up comedian donna in Italia. Lo fai perché è aperta una questione di genere nel mondo della comicità o perché nella tradizione della stand up comedy non ci sono donne?

Entrambe le cose. Essere stata l’unica donna, per tanti anni, in questo gruppo di comici, ha comportato una serie di difficoltà. Dire che sono stata la prima stand up comedian donna è una specie di medaglietta di merito, che io e chi cura la mia immagine rivendica. In Italia non esisteva una tradizione di stand up comedy, essendo stata io la prima ho vissuto sulla mia pelle la difficoltà di emergere. È stata davvero dura. Nel 2013 ad Aggratis (in onda su Rai2, Ndr) fui censurata: essendo donna non potevo dire ‘cazz0’ in un monologo. Peraltro, vivo tutto questo anche nella vita quotidiana, infatti ho dato via al porno comedian: i fan di questo genere di comicità non riescono a trattenersi dal fare avances e proposte perché se un uomo parla di figa tutti ridono, se una donna parla di cazz0 tutti glielo vogliono far provare. E poi in Italia c’è un problema: la comicità femminile è considerata quasi un genere a parte; le donne interpretano personaggi triti e ritriti, poco attuali, vecchi, si nascondono molto dietro il personaggio. La comicità femminile in Italia è sempre stata basata sui luoghi comuni che riguardano il rapporto tra uomo e donna. Roba vecchia, ma anche poco divertente. Io cerco di rappresentare la donna in modo magari più sfacciato ma sicuramente più contemporaneo.

Oggi per la stand up comedy c’è spazio? Quella battuta che non piacque ai dirigenti Rai nel 2013 oggi la potresti ripetere in tv?

Ti rispondo con una domanda: dove potrei farla quella battuta oggi in tv? Nemico Pubblico (su Rai3, Ndr) è stato un ottimo esempio di quello che uno stand up comedian può fare in televisione. Pensi che oggi si potrebbe fare un Nemica Pubblica? Io penso che sarebbe ora e che sarebbe dovuta essere una auspicabile evoluzione di Nemico Pubblico. Ma non c’è! Io ciò che spero è di portare il mio spettacolo in tv, di far vedere il mio lato da monologhista. Ma non c’è proprio spazio! L’Italia è un po’ indietro da questo punto di vista…

Eppure oggi Giorgio Montanini fa il suo pezzo in un programma popolare come Le Iene, Saverio Raimondo qualche anno fa aveva i suoi minuti nel talk di La7 La Gabbia. Non dico che tu debba salire sul palco di Colorado e fare il tuo monologo, però forse c’è da ritagliarsi il proprio spazio in un programma che poco ha a che fare con la stand up comedy?

Non si può fare. E poi è rischioso. La stand up comedy ha bisogno anche di un certo tipo di pubblico. In un contesto di comicità popolare sarebbe stridente e significherebbe andare contro il muro. Giorgio Montanini viene da Aggratis come me. A me mi censurarono, a lui lo notarono per fare Nemico Pubblico. Questo risponde alla tua domanda di prima sul problema di genere… Certo fare delle incursioni nei programmi sì, ma devono essere i programmi giusti.

Se dico Luciana Littizzetto, tu cosa rispondi?

(lunga risata, Ndr). Che dopo 20 anni di conquiste femminili in cui le femministe hanno fatto tanta teoria e noi ci stiamo facendo il cul0 per fare la pratica, per realizzare libertà ed emancipazione e coniugarla con il lavoro e la famiglia, non ci meritiamo di sentirla chiamare la Jolanda. Si chiama fi*a!

Immagino che tu pensi che in tv ci sia più comicità che satira…

Confermo.

Ecco. Ritieni che dovrebbe esserci meno comicità e più satira?

Non è una guerra. Esistono le professionalità e ognuno fa il suo lavoro: non è che siccome esistono i supermercati, devono sparire tutti i macellai. Non funziona così, in nessun settore. Semplicemente è bene che in tv, in teatro e nell’intrattenimento cinematografico si rendano conto che esistono le nicchie. E che chi ama le nicchie ha il diritto di divertirsi. Chi non si riconosce nella comicità generalista non deve pensare che tutta la comicità faccia schifo, ma allo stesso tempo la comicità pop non può piacere a tutti. Anche due palle! A me quella comicità fa schifo e così ne faccio un’altra. Che ha un pubblico e un mercato. Io voglio smettere di vergognarmi di dire che faccio la comica perché la gente pensa che vado in giro con le parrucche.

Ti fa schifo, ma è mai capitato che alcuni comici pop e generalisti ti facessero ridere?

Certo che è capitato! Però, oggettivamente, ho scelto di fare un altro tipo di comicità perché già durante la mia formazione, entrando in contatto con il mondo dei laboratori, del cabaret e della comicità, li trovavo sorpassati, troppo pop e poco interessati. Nessuna guerra, ma una presa d’atto!

velia-lalli-foto.png