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Gabriele Cirilli a Blogo: “Tale e quale con me cresce del 3% di share. Io fatto fuori da Eccezionale veramente, assurdo!”

“Con Diego Abatantuono amicizia finita. Sono grato a Carlo Conti, mi chiama in tutti i suoi programmi, la Rai invece non rischia con me. Vorrei un one man show, sarei in grado di farlo”

pubblicato 7 Ottobre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 05:25

Gabriele Cirilli a ruota libera. Dalla sua riconferma a Tale e quale show (che questa settimana va in onda sabato, cioè stasera, per via di Italia-Macedonia di ieri) all’esclusione da Eccezionale Veramente, con rottura del rapporto anche di amicizia con Diego Abatantuono, passando per l’amarezza nei confronti della Rai che, a suo dire, non gli permette di dimostrare a 360 gradi il suo talento artistico e per le critiche che anche sui social gli vengono rivolte.

Dopo l’Ape Maia e Heidi, il comico, scoperto da Gigi Proietti ed esploso a Zelig, questa sera nel programma di Carlo Conti si esibirà nei panni di Shrek. In attesa di tornare nei teatri con la quarta stagione di Tale e quale a me, again e, da marzo 2018, di debuttare come protagonista del musical La Famiglia Addams al Teatro Nuovo di Milano.

Quest’anno a Tale e quale show porti in scena i cartoni animati. Come mai?

Non lo dico per autocelebrazione, ma avevo fatto veramente di tutto: uomini, donne, coppie di uomini e donne e gruppi. Cercare nuovi personaggi, che i concorrenti avrebbero potuto mettere in scena, sarebbe significato ripetersi e avremmo rischiato di stufare il pubblico. O si trova l’idea oppure è meglio andarsene. Così con Carlo abbiamo pensato di proporre i cartoni animati. All’insegna del divertimento, ma fatto bene. Non semplici goliardate, ma con l’idea di far riemergere il senso di fanciullezza che è in ognuno di noi.

Vi siete posti il problema che la tua esibizione arriva dopo le 23, quando i bambini presumibilmente sono già a letto?

Sì, anche se l’idea di Carlo è di proporre i cartoni animati per il bambino che è in noi adulti. Io ho 50 anni ho voglia di tornare bambino, ho voglia di qualcuno che pensi a me. Così, intanto ci dedichiamo agli adulti, poi vedremo. E poi c’è RaiPlay per farlo vedere ai bambini. Carlo, comunque, ha già pensato a dove posizionarlo qualora ci fosse la necessità. Per adesso, però, funziona così: ogni volta l’ascolto della serata aumenta in quel momento.

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Sugli ascolti ci torniamo tra poco. Intanto, è vero che nel 2016 la tua partecipazione a Tale e quale show fu a rischio?

Sì. Ogni anno il concetto è che o ci viene in mente l’idea oppure è inutile perseverare e far stufare il pubblico. L’anno scorso era arrivato il momento di dire basta. O cambiavo ruolo, per esempio il giurato, oppure sarebbe stato meglio andare via. A fine agosto ero rassegnato, ma mi venne l’idea di ‘a grande richiesta’, cioè chiedere al pubblico cosa vuole rivedere. E, così, sono rientrato nel programma. Con grandi risultati, perché gli ascolti parlano. Quest’anno, se non fosse arrivata l’idea dei cartoni, probabilmente avrei rischiato di nuovo. Il prossimo anno succederà lo stesso. Io sono sempre per la diversificazione. Nella mia carriera ho fatto di tutto, da Zelig alla fiction, dal teatro al cinema: in Italia è difficile esternare tutto il tuo talento, ma a me piace essere a 360 gradi. In America è più semplice, basti pensare a Tim Robbins, partito dal cabaret e arrivato a Le ali della libertà. Ecco, se chiedi a Ferzan Özpetek se mi vuole nei suoi film forse ci sarebbe qualche difficoltà…

Lo hai verificato?

No, l’ho citato perché a me piacerebbe tanto lavorare con un professionista come lui. Sono sicuro che potrei dimostrare di essere un bravo attore. Il primo che rischierà con me avrà delle soddisfazioni. In realtà Fabrizio Costa lo ha già fatto, con San Francesco d’Assisi su Rai1. Andò benissimo, fu un grande successo, mi servì per sdoganarmi da Zelig.

Tornando a Tale e quale, scrissero che il tuo posto l’avrebbe preso Antonio Mezzancella….

Lui è un mostro di bravura. Ma il ruolo mio non è facile, non perché solo io sia in grado di farlo, per carità. Ma è molto delicato, va messo in mano ad un comico di razza pura. Io non sono né un imitatore, né un cantante, ma sono riuscito a trovare alcune piccole particolarità che portate in scena fanno divertire il pubblico. La conferma ce l’ho in teatro.

In conferenza stampa hai scherzato sul fatto che tu lavori in tv grazie a Carlo Conti. Gli sei grato veramente?

Assolutamente sì. Carlo è un amico, lo è da 18 anni. Fu il primo a portarmi fuori da Zelig: mi chiamò nel 2000 per fare Sanremo estate, fu la mia prima volta in Rai. Da lì ho partecipato a tutte le trasmissioni di Carlo…

Al Festival di Sanremo no!

In realtà sì, feci un monologo sulla paura di volare a Sanremo 2015 e uno sketch con Flavio Insinna ed Enrico Brignano nel 2017.

Comico fisso nel cast no, però.

Non credo di essere stato mai nei pensieri di Carlo in quel senso. Lui tende a non confondere i cast delle sue trasmissioni. Il fatto che mi abbia utilizzato come ospite nelle sue trasmissioni è perché ho portato dentro la mia professionalità: serviva un comico e ho fatto ridere, serviva qualcuno che cantasse e ho cantato, qualcuno che ballasse e ho ballato. Devo dire un grazie vero a Carlo. Mi dispiace che la Rai non abbia voluto minimamente rischiare con me: vedo che viene fatto qualsiasi tipo di esperimento. Ecco, a me piacerebbe che la Rai mi chiamasse per un mio one man show. Io credo di essere in grado.

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Una tua ambizione, mi pare di capire, è anche la fiction.

Vero. Vorrei essere usato a 360 gradi. Il mondo della fiction è particolare. Se mi offrissero qualcosa io ne sarei grato, al momento le mie proposte non sono andate in porto. Evidentemente hanno altre priorità.

Veniamo a Eccezionale veramente. Avevi contribuito alla nascita del format televisivo, lo hai condotto e poi… sei sparito, sostituito da Francesco Facchinetti. Cosa è successo?

(ride, Ndr). Non lo so cosa sia successo. Ti spiego come è andata: il format era di mia proprietà insieme a Federico Andreotti, un autore con il quale ho collaborato sin dai tempi di Zelig. La società Colorado, che si occupa della produzione del format, l’ha promosso in video ma ci ha chiesto la cessione dei diritti perché in Italia funziona così: la produzione deve avere la proprietà del format per trattare con la rete. Io, fidandomi della mia agenzia e della produzione, perché c’era nei confronti di Diego Abatantuono una grande stima, li ho ceduti. E ho portato al successo la prima stagione: abbiamo fatto picchi del 12-13% di share nelle puntate finali. Poi non so cosa sia successo. La rete dà la colpa a Colorado, Colorado dà la colpa alla rete. Sta di fatto che non mi hanno rinnovato il contratto né come conduttore né come autore. È rimasto solo ‘da un’idea di Gabriele Cirilli’ nei titoli. Sono stato fatto fuori.

Avevi un rapporto di amicizia con Abatantuono?

Adesso non c’è più!

Immagino tu abbia chiesto spiegazioni.

Non mi sono state date. La mia stima nei confronti di un grande personaggio come Diego Abatantuono rimane immutata. Lui ha fatto e sta facendo la storia del cinema e della tv. Ma non mi è arrivata nessuna telefonata, mail o spiegazione. Neanche un ‘ciao, come stai?’.

Sembra assurdo.

Non sembra, è assurdo! Ma io l’ho già dimenticato, preferisco andare avanti. I fatti dicono che il programma l’hanno sospeso dopo due puntate (in realtà dopo cinque, Ndr)! La formula Facchinetti l’ha fatto diventare una cosa fredda e irrispettosa nei confronti della categoria del comico.

La chiusura anticipata del programma è una piccola rivincita per te?

No. Per me è una sconfitta. Hanno ucciso il mio format, una mia creatura. È come se tu affidi agli amici tuo figlio e loro te lo rubano e te lo distruggono. È una sconfitta!

Fino ad ora avevi preferito non commentare la vicenda, mi pare.

Io non faccio mai polemiche, non è giusto farle. Questo mondo va avanti così. Ho sbagliato io a fidarmi, a mettere in mano la mia creatura ad altre persone. Mi dispiace sia andata a finire così. Ripeto: la mia stima per Diego resta immutata perché in tv e al cinema ha fatto cose che io non riuscirò mai a fare. Ma non potrò dimenticare come sono stato trattato.

Chiudiamo con le critiche. Soprattutto sui social ti rimproverano per il fatto che tu rida per le tue stesse battute.

È una cosa naturale: io mi faccio ridere. So che sembra presuntuoso, ma è così: prima di dire una cosa, la penso e già mi fa ridere mentre la penso. Giuro, mi scappa la risata. Quando facevo Zelig succedeva molto spesso, ora meno. Questa critica l’ho ascoltata. Ad un certo punto ho anche eliminato la risata, ho provato a farlo. Poi, non si può piacere a tutti; persino il Papa non piace a tutti. Io ho i miei estimatori, ma anche quelli che mi odiano e che mi vorrebbero morto. Io cerco di fare la mia professione al mio meglio. Non ho mai avuto raccomandazioni, ho fatto tutto da solo. L’11 marzo 2018 festeggerò i miei 30 anni di carriera, iniziata con Gigi Proietti che, con lungimiranza, mi scelse per il suo laboratorio.

L’esempio del Papa lo facesti anche un anno fa rispondendo ad un pezzo di critica del sito del Fatto Quotidiano.

Sì. Mi ricordo il nome del giornalista, Domenico Naso. Io le critiche le accetto. Ma non le offese. Se scrivi che io accetto l’elemosina di Carlo Conti allora mi offendi. Se scrivi che Carlo Conti ti rispetta, ti stima e ti fa partecipare a tutte le sue trasmissioni allora mi fa piacere perché è la verità. Se non ti piaccio va bene, ma non puoi scrivere che non faccio ridere. Dovresti scrivere ‘non mi fai ridere’. Allora lo accetto. Ma se scrivi che non faccio ridere ti rispondo che non è vero perché in teatro mille persone a sera ridono. Per questo mi arrabbiai. Quando un giornalista critica in modo distruttivo mi dispiace. Se scrivi che quella battuta ti fa cagare, ok, può essere. Ma non puoi scrivere che fa cagare in generale. Mi offesi tantissimo.

Nella tua replica molto vivace sottolineasti che con te gli ascolti di Tale e quale salivano…

È così. Nelle prime due puntate di questa stagione io ho portato su la curva degli ascolti di 2-3 punti percentuali. Quindi vuol dire che c’è gente a cui piaccio.