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In arte Nino, Paola Minaccioni è Arsenia Bianconi | Video intervista Blogo

Guarda la video intervista di Blogo all’attrice del film di Rai1 su Nino Manfredi

pubblicato 25 Settembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 05:59

A margine della conferenza stampa di presentazione di In arte Nino, film tv in onda su Rai1 stasera, lunedì 25 settembre 2017, Blogo ha intervistato Paola Minaccioni. L’attrice interpreta Arsenia Bianconi, una zitella titolare di una pensione che ospita Manfredi.

In apertura di post il video integrale dell’intervista.

In arte Nino | Sinossi

“Questo ragazzo ha una fibra molto forte, potrebbe vivere altri tre o quattro anni… ma non deve fare sport, non deve prendere freddo, non deve fumare e, soprattutto, non deve andare con le donne, perché è ancora positivo alla tbc.”
A ricevere la notizia è una donna sulla quarantina, che si asciuga le lacrime con il fazzoletto. La seconda guerra mondiale è ancora in corso, il ragazzo in questione è Saturnino Manfredi, classe 1921, da Castro dei Volsci, in Ciociaria. La prognosi di dimissione è del primario del Forlanini, dove Nino, colpito da tubercolosi quando aveva solo diciott’anni, finisce ricoverato per tre anni.
Un miracolo, è l’unico sopravvissuto della sua camerata d’ospedale.
Uscito dal sanatorio, Nino ritorna alla vita. Una sera conosce per caso un gruppo di ragazzi esuberanti, che frequentano l’Accademia d’Arte Drammatica (tra i quali Tino Buazzelli) e, affascinato, decide di fare l’attore.
Una decisione irrevocabile, che lo riscatta dalla malattia e diventa ragione di vita.
Una vocazione che trova, a sbarrargli la strada, un grosso macigno: Romeo Manfredi, solido maresciallo di polizia, ciociaro, e padre di Nino.
Romeo, come gli altri Manfredi (una famiglia semplice in gran parte emigrata negli USA dopo la prima guerra mondiale) è un uomo severo, un maresciallo tutto d’un pezzo, che non fa trapelare mai i sentimenti, né con la moglie Antonia e tanto meno con i due figli maschi, Dante e Saturnino, a cui vuole insegnare che “il dovere” viene prima di tutto, coincide col sacrificio e l’obbedienza. Mentre la madre Antonia (sarta specializzata nel rovesciamento” degli abiti usurati) soffre e gioisce per quel figlio scapestrato, Romeo è convinto che, prima o poi, riuscirà a piegare il suo secondogenito (sempre che la “tbc” non lo ammazzi prima) alla disciplina e a una vita ordinata.

Quando viene a sapere che Nino si è iscritto, di nascosto, all’Accademia d’Arte Drammatica, il maresciallo non la prende bene. Anzi, malissimo. Nino deve studiare e diventare avvocato: questo è quello che Romeo, a costo di enormi sacrifici, ha in serbo per lui. Nino sceglie di combattere la sua battaglia, mescolando rabbia e astuzia. Si iscrive a Giurisprudenza ma, contemporaneamente, frequenta l’Accademia Silvio D’Amico, dove sotto la guida dell’eccentrico maestro Orazio Costa si forma, insieme al suo compagno di corso Morelli che lo accompagnerà, come mentore e sodale, in un viaggio iniziatico attraverso ingaggi di fortuna, espedienti per sbarcare il lunario, incontri strani, avventure e disastri nel colorato mondo della Rivista italiana.

Intanto il braccio di ferro con il padre Romeo, che gli ha tagliato ogni sostegno, continua. Poi, un giorno, Nino finalmente prende la laurea in Legge. Come prima cosa, salta sul tram, si presenta in commissariato e la butta sulla scrivania dell’ufficio di polizia di Romeo: “Eccola, ti ho accontentato. Adesso con questa facci quello che vuoi, perché io parto in tournée con Gassman!”
Nino vive più di un’avventura sentimentale avventure, fino a che non incontra lei. Fascino, eleganza, bellezza.
Fa la mannequin per Capucci e si chiama Erminia Ferrari. Qualche tempo dopo, nel ’55, diventa Erminia Manfredi.
Dopo qualche anno incerto, dividendosi tra teatro, doppiaggio, la radio e piccole partecipazioni in film di scarso valore, improvvisamente per Nino arriva il successo con la TV. Siamo nel ’58. E il figlio si aspetta dal padre che gli venga riconosciuto.
E invece, no. Niente. Il rapporto tra padre e figlio è ripartito, più o meno cordiale, ma l’applauso di Romeo non arriva nemmeno adesso. O meglio: Nino non lo può vedere.
Perché, invece, quando esordisce con la battuta ciociara Fusse ca fusse la vorta bbona la prima sera di Canzonissima, fuori da un bar di quartiere, affollatissimo, dove la gente si sganascia alle battute di Bastiano barista di Ceccano, c’è anche il maresciallo Romeo Manfredi che ride, piange e applaude quel figlio, che alla fine ha vinto la sfida contro la tbc e contro di lui.