I consigli di TvBlog
Home Mediaset Infinity Roadies, su Premium Stories il dietro le quinte (poco appassionato) del rock visto con gli occhi dei tecnici

Roadies, su Premium Stories il dietro le quinte (poco appassionato) del rock visto con gli occhi dei tecnici

Su Premium Stories di Mediaset Premium Roadies, serie tv con al centro il lavoro di un gruppo di tecnici addetti al tour di una band

pubblicato 30 Gennaio 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 14:08

Il rock è una cosa seria: raccontarlo tramite una serie tv può essere un rischio, che Showtime ha corso l’estate scorsa con Roadies, in onda da questa sera alle 21:15 su Premium Stories di Mediaset Premium. Uno show musicale all’ennesima potenza, dove la musica però non è protagonista assoluta, ma diventa strumento tramite cui raccontare le vicissitudini di un dietro le quinte di un tour.

Il telefilm, infatti, segue il lavoro dei cosiddetti Roadies, appunto, ovvero uomini e donne che viaggiano parallelamente agli artisti, anticipandoli nel loro arrivo nelle città che toccherà il loro tour e predispondendo così tutto il necessario per la messa in scena dei concerti. Soundcheck, verifiche delle location, gestione dei fan più accaniti e degli imprevisti dell’ultimo minuto: questi sono solo alcune delle questioni che in ogni episodio devono essere affrontati dai protagonisti, che si ritrovano a formare una vera e propria famiglia, con tanto di liti e dissapori.

Alla guida del gruppo c’è la direttrice di produzione Shelli Anderson (Carla Gugino), a cui tocca il compito di seguire tutti i passi del loro team. Tra questi, il tour manager Bill Hanson (Luke Wilson), legato a Shelli da un rapporto di amore-odio; l’attrezzista Kelly Ann Mason (Imogen Poots), ad un passo dal lasciare il lavoro per frequentare la scuola di cinema; Donna Mancini (Keisha Castle-Hughes), la responsabile del mixer audio, alle prese con un fratello poco indipendente; il tecnico dei bassi Milo (Peter Cambor); il chitarrista Wes Mason (Machine Gun Kelly); il consulente finanziario Reg Whitehead (Rafe Spall), che fatica ad entrare in simpatia con il resto del gruppo, dato anche il suo ruolo; l’autista del bus su cui la troupe dorme di notte Gooch (Luis Guzmán) e Phil (Ron White), vero boss del team, colui contro cui è meglio non opporsi.

Tutti loro lavorano affinchè possa esibirsi l’immaginaria The Staton-House Band, formata dal frontman Tom Staton (Catero Alain Colbert), il chitarrista ed autore Christopher House (Tanc Sade) ed il bassista Rick (Christopher Backus). I protagonisti dovranno soddisfare ogni loro richiesta, organizzare interviste, tenere alla bada le loro groupie, come Natalie Shayne (Jacqueline Byers), ed i loro figli, come Winston (Ethan Michael Mora), figlio di Tom.

Lo spirito familiare che Roadies vorrebbe far passare, però, non sempre riesce ad arrivare al pubblico: questo nonostante dietro la serie ci siano Cameron Crowe, regista e sceneggiatore Premio Oscar che, prima di lavorare nel cinema, per anni ha scritto per il “Rolling Stone” intervistando i grandi del rock e la presenza tra i produttori di J.J. Abrams. Non solo: la serie vanta di una ricca colonna sonora, composta da brani indie, e di prestigiosi cameo, come quelli di Eddie Vedder (“Men of the Hour”), John Mellencamp (“Longest Days”) e Jackson Browne (“The Load-Out”).

Roadies conferma la difficoltà della tv di raccontare il rock, adattandolo al racconto: già la Hbo ci aveva provato con Vinyl, non riuscendo però ad avvicinare il pubblico neanche con incursioni nella storia del rock degli anni Settanta. La serie tv di Showtime aveva altre ambizioni, ovvero quella di mostrare il lato più umano di cosa accade dietro i grandi spettacoli musicali sfruttando l’onda del rock. Purtroppo, però, manca l’empatia con il pubblico, che non viene agganciato tanto quanto potrebbe esserlo ad un vero concerto: Roadies si perde troppo nel tentativo di costruire situazioni che girano intorno alla musica che riescano a far ridere ed intrattenere. Non per questo Roadies non merita di essere visto: la serie è gradevole e fa sorridere, ma non abbastanza rispetto a quanto avrebbe potuto regalare, ovvero uno sguardo magico e poetico verso il rock: meglio una canzone o un vero concerto.