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Unto e Bisunto, Cristiana e Riccardo Mastropietro a Blogo: “Rubio dalla serie al film con una narrazione più fictional e tecniche meno tv”

La produttrice e il regista di Unti e Bisunti presentano il film di Unto e Bisunto – La vera storia di Chef Rubio.

pubblicato 19 Dicembre 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 16:11

Dalla kitchen series al film evento: Cristiana Mastropietro di Pesci Combattenti ci racconta le differenze tra gli episodi di Unti e Bisunti e il ‘cinepanettone’ celebrativo che chiude la saga (o meglio questa saga) di Chef Rubio. Giusto un’indicazione di lettura prima di entrare in sala per l’anteprima sul grande schermo di Unto e Bisunto – La vera storia di Chef Rubio, che arriverà in tv domani, martedì 20 dicembre, alle 21.10 su DMAX (DTT, 52).

“Da un punto di vista narrativo abbiamo dovuto lavorare, ovviamente, su piani un po’ diversi rispetto alla serie: c’erano già, soprattutto nella terza stagione, degli elementi fiction, ma col film abbiamo fatto un salto ulteriore, raccontando una storia compiuta e autoconclusiva che fosse in grado di appassionare anche chi non ha mai visto la serie”

dice la Mastropietro, alla quale in sala la SVP Programming e Content Discovery, Laura Carafoli, riconosce il merito di aver ideato e realizzato, con tutta la squadra di Pesci Combattenti, una serie diventata cult per stile, racconto e protagonista. Un programma che ha avuto anche il piacere di dividere il pubblico tra chi lo ama e chi lo odia: prerogativa esclusiva dei racconti di carattere.

Come anticipato dal trailer, il film si dipana tra flashforward e flashback: uno stratagemma per raccontare la ‘vera’ storia dello Chef, dalla nascita alla vecchiaia, consumata in solitudine su una spiaggia del litorale laziale.

“Abbiamo cercato di mantenere degli elementi reali della vita di Rubio, ma romanzandoli e inserendoli in una narrazione a più livelli sicuramente più impegnativa, ma speriamo anche più  ricca e più avvincente per il pubblico”

ci confida la Mastropietro che sottolinea, inoltre, come

“dal punto di vista tecnico sono state utilizzate camere più sofisticate, in grado di avere una color più cinematografica e abbiamo utilizzato diversamente le musiche. Abbiamo chiesto al compositore della sigla di rielaborare la traccia a seconda del mood della scena”.

E proprio la colonna sonora riserva sui titoli di coda una creazione inedita di Frankie Hi-Nrg MC, che ha presentato live al pubblico in sala: un omaggio a un personaggio che rientra pienamente – a mio personalissimo avviso – nell’universo umano raccontato dal rapper.

Chiusa la magica esperienza di Rubio con la favola natalizia, PesciCombattenti guarda al futuro con nuovi progetti: in fase di post-produzione Le Ragazze del ’68, in primavera su Rai 3, con una narrazione anche più lunga e più ricca di quella vista con Le ragazze del ’46, e in fase di ideazione due nuovi format con Simonetta Agnello Hornby, già protagonista di Il pranzo di Mosè, andato in onda su Real Time, e di Io & George, trasmesso da Rai 3. Anche di questo abbiamo parlato con Riccardo Mastropietro, regista della serie tv e di Unto e Bisunto: ne abbiamo approfittato anche per chiarire qualche ‘dubbio’ sul film visto in anteprima, per cui scatta d’ufficio un ‘AVVISO SPOILER’, fatto più per scrupolo che per reale necessità a dire il vero. Ma non sia mai detto che poi noi roviniamo le sorprese di Natale.

Primo lungometraggio per PesciCombattenti: soddisfatto?

Per essere la prima volta è andata abbastanza bene. In genere le prime volte sono sempre un disastro, no? (dice schermendosi dietro una risata che sa di timidezza). Ci siamo divertiti, ma in fondo ci eravamo anche già allenati con Unti e Bisunti. Di stagione in stagione abbiamo rivoluzionato la liturgia, il tipo di narrazione e già con nella terza avevamo ipotizzato una linea orizzontale leggera che desse di più la sensazione di una serie.

Che sfida è stata sul piano registico? Mai pensato: “E adesso che faccio?”

Sinceramente no. Non abbiamo mai vissuto questo film come un Everest. Sapevamo cosa volevamo raccontare e come. Diciamo, però, che per prevenire l’effetto scalata abbiamo pensato al film come una puntata ‘molto lunga’: faceva meno paura (ride).

E sul piano produttivo come è stato affrontare un lungometraggio?

E’ stato impegnativo da un punto di vista logistico. La lavorazione è durata da aprile a settembre per incastrare gli impegni di tutti, da quelli di Gabriele alle disponibilità delle location, in tutto 4, diverse e lontane l’una dall’altra (Ostia, Frascati, Napoli Bari, ndr), anche se di shooting sono state in tutto due settimane. Abbiamo concentrato a settembre la parte sulla spiaggia, perché avevamo bisogno di calibrare il racconto e tenere più ‘sotto controllo’ la parte più recitata, necessariamente più rigida. Avendo tempi stretti, abbiamo dovuto fare i conti con le condizioni meteo, e questo è molto ‘televisivo’ visto che il piccolo schermo non dispone dei ‘mezzi’ del cinema, ma mi è anche capitato di montare un controcampo girato a due settimane e a 300 km dal campo originale, e questo fa molto cinema. Ed è stata una di quelle piccole sfide che ti dà la misura del diverso lavoro fatto. E intendo non solo da me, ma da tutta la squadra di Pesci Combattenti, davvero eccezionale. Ce li siamo tirati su, ma sono persone in gamba, dedite al lavoro, che tengono al prodotto finale e che hanno dato tutte il massimo.

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Un prodotto tv in un formato cinematografico anche sul piano della realizzazione tecnica: ci sono stati compromessi nella confezione?

Abbiamo cercato di attivare tutti gli strumenti necessari per mantenere un alto standard qualitativo sulle immagini. Diversamente dalla serie, abbiamo girato in log, praticamente senza una vera colorimetria dell’immagine, in modo da poter essere più flessibili in post-produzione con la correzione colore e adattarci meglio nei vari momenti della narrazione. Ormai si gira così: si fa una fotografia di base e poi si lavora in post. Più che un fatto strettamente economico è un fatto di tempi, che è poi un fatto economico (la voce ‘sorride’). Per il resto abbiamo girato tutto a spalla, come nella serie, eccezion fatta per un carrello, il tocco cinematografico (ride), usato in qualche scena.

Veniamo, però, alla narrazione. Visto il film, spicca la differenza, diciamo anche la lontananza, con la serie: sono due cose completamente diverse.

E’ il quarto stadio di Unti e Bisunti, che si focalizza su Chef Rubio: questa era l’idea e questo abbiamo fatto. Chiamiamolo un cinepanettone col guanciale, va (ride). Scherzi a parte, non doveva essere il film di Unti e Bisunti, anche se in qualche modo vi si ricollega: alla fine della terza stagione avevamo lasciato Rubio in mezzo al mare e adesso lo ritroviamo, anni, dopo su una spiaggia.

Un richiamo per chi conosce la serie, quindi, anche se questo film non ne è né un prequel, né un vero e proprio sequel.

Beh sì, perché l’obiettivo, dichiarato da subito, era quello di fare qualcosa che avesse un senso e fosse godibile anche per chi non aveva mai visto la serie, lasciando però qualche elemento che potesse essere riconosciuto dagli aficionados, ma senza marcarli troppo.

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Eppure alcuni dei momenti più emozionanti sono proprio le ‘pinze’ con la serie: le due rapide clip di best of e il ritorno a Napoli, lì dove tutto era iniziato. E devo dire che ho trovato il film in sé un omaggio a Napoli, non solo al pilot.

Sì e ti ringrazio per averlo notato. Quel pilot fu un ‘bagno di sangue’ (ride). Ricordo che mentre lo giravamo ci domandavamo, quasi smarriti, in cosa ci fossimo imbarcati. “Ma cosa abbiamo fatto? Ma non ce la faremo mai a fare una serie così!” ci dicevamo: e invece ce l’abbiamo fatta. Ma quella puntata fu veramente tosta.

Però per i fans resta la puntata più amata.

Devo dire che lo è anche per me. E’ la mia preferita, anche perché era la prima volta che facevamo qualcosa che ci permetteva di testare un linguaggio diverso. L’abbiamo sperimentato in quell’occasione e ce lo siamo portato dietro.

Tornando al film, mi ha invece lasciato perplessa il segmento in Puglia che ho trovato slegato dal resto. Mi sfugge il nesso narrativo. Era, a suo modo, un omaggio a Bari, che inaugurò la seconda stagione?

Era un modo per omaggiare U’ Russ’, altro personaggio a suo modo storico della serie. Dovendo raccontare la storia stra-romanzata di Rubio, l’idea che fosse ‘desiderato’ il suo palato assoluto e ‘impiegato’ con un compito speciale ci faceva ridere. E poi, con la color correction abbiamo reso la masseria pugliese un po’ alla Traffic… ci siamo divertiti.

Questo film è diverso dalla serie, lo abbiamo detto. E lo è anche nel ritmo, piuttosto rallentato rispetto alla serie: certo, i tempi sono diversi, ma è proprio il racconto che procede in maniera molto più ‘diluita’, diciamo. 

Beh, si torna al punto di partenza: non volevamo un ‘puntatone’ di Unti e Bisunti, sarebbe stato anche ‘troppo’. In un racconto completamente orizzontale come un lungometraggio, hai anche bisogno di raccontare le cose con un ritmo diverso, altrimenti sarebbe venuta fuori una cosa troppo ‘psichedelica’, se si considera il montaggio della serie. Anche qui abbiamo qualcosa come 1200 tagli. Sicuramente ci sono delle scene molto più rilassate rispetto al prodotto tv, ma anche questo è un elemento del quarto stadio che volevamo raggiungere con questo film, una variazione del nostro linguaggio.

C’è una scena a cui hai dovuto rinunciare, sia pur a malincuore?

No. Anzi, come già nella serie, spesso abbiamo montato anche i ciak ‘sbagliati’, quelli più spontanei, che poi sono anche più divertenti. In fondo uno dei leit motiv di Unti e Bisunti è stato il montaggio capace di tirar fuori il 5/4 di quello che giravamo. Devo dire che i nostri montatori sono straordinari e lo dico con l’orgoglio dell’ex montatore.

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Non sarà la vostra prima preoccupazione, ma non temete la reazione dei vegani sulla scena della porchetta? Diciamo anche che Rubio non è proprio uno dei più amati dalla categoria.

Onestamente no. La porchetta ‘è’ i Castelli Romani e, curiosamente, non ce n’eravamo mai occupati: la puntata su Frascati, terra natale di Rubio, è sempre stata rimessa nel cassetto. Forse era ‘destino’ che se ne parlasse nel film. La porchetta è tradizione e la tradizione prevede il taglio della cotica. Una cosa è certa: Unti e Bisunti fa venir fame, più di qualsiasi altro cooking show.

Fa venire fame anche di un secondo esperimento ‘cinematografico’?

Beh, si sa, l’appetito vien mangiando (ride). Ci piacerebbe fare altri lungometraggi. Vediamo… anche perché poi vai su un mercato diverso, che non è quello tv. In questo caso ci siamo divertiti a traslare un contenuto tv in un formato quasi cinematografico. La volontà di cimentarsi in un progetto interamente cinematografico però c’è, perché no. La filosofia di Pesci Combattenti, fin dalla sua nascita, è quella di non mettersi limiti. La nostra storia lo dimostra e non abbiamo intenzione di metterceli adesso.

Intanto c’è Le Ragazze del ’68, spin-off de Le Ragazze del ’46, che dovrebbe debuttare in primavera su Rai 3.

Anche in quel caso abbiamo creato ‘involontariamente’ (sorride) un brand, un linguaggio attraverso cui raccontare l’universo femminile. E’ piaciuto. Ovviamente questo secondo esperimento avrà un linguaggio ancor diverso dal primo: del resto sono altre esperienze, altri argomenti, altre età.

So anche di due progetti con Simonetta Agnello Hornby…

Guarda, siamo ancora in fase di ideazione. Con Simonetta e George c’è stato da subito un innamoramento reciproco, diventata un’amicizia e frutto di una reciproca stima. Per questo ogni occasione per lavorare insieme è immediatamente colta. Tra questi non c’è una seconda stagione di Io & George, però. Si tratta di due progetti diversi tra loro che potrebbero approdare su due canali diversi. Ma è davvero presto per parlarne.

Per ora ci si concentra su Unto e Bisunto: dopo la presentazione alla stampa è il momento di vederlo in tv, domani, martedì 20 dicembre, su DMAX (26, DTT). Se poi le strade di Rubio e di Pesci Combattenti si incroceranno di nuovo lo vedremo nei prossimi anni.