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Fabio Fazio a Blogo: “Gli ospiti da Sky? La tv pubblica non si può autoescludere dal presente” (video)

Da Rischiatutto a Che tempo che fa (con gli ospiti Sky) – Intervista a Fabio Fazio.

pubblicato 25 Ottobre 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 18:19

Giovedì 27 ottobre la prima serata di Rai 3 torna ad ospitare il Rischiatutto di Fabio Fazio. Un prodotto segnato dalla contemporaneità e dal rispetto verso la versione originale di Mike Bongiorno. “L’intento è divertirci. Io son felice perché rifaccio Rischiatutto. Questa volta è una serie, sono nove puntate su Rai 3, da giovedì prossimo. E’ tutto molto strano. Questo studio non ha niente del presente, è un auto d’epoca bellissima, curata in ogni dettaglio. Originale in tutto e per tutto. Quest’auto l’abbiamo rimessa in moto e funziona, vediamo se gli italiani hanno ancora voglia di giocarci”, ci racconta il conduttore.

L’obiettivo non fare ascolti, ma a chi si vuole rivolgere questa nuova serie del quiz? “A tutti. E’ un gioco di tutti. Il gioco è un territorio neutrale, come quando giochi a tombola: puoi essere un ingegnere, un falegname, un medico, un calciatore, un bambino, un adulto. Questo gioco è molto semplice, essenziale”.

E gli elementi di novità? “Il primo è che siamo in diretta, allora era registrato. La diretta cambia molto, corriamo sul filo perché non possiamo montare, i tempi sono dettati dalla conduzione. Abbiamo, poi, una materia vivente ovvero la biografia di un personaggio presente: Carlo Verdone alla prima. E poi la valletta, una figura che non può più esistere in televisione: sarà un ruolo interpretato da un attrice del cinema italiano”.

La versione long di Che tempo che fa va “molto bene, grazie al cielo. E’ stata una grande scommessa condivisa con Rai 3, è la rete che più sta cambiando palinsesto: sono molto felice di dare una mano”.

E la polemica sugli ospiti che arrivano da Sky? “Non è stata una polemicuccia. E’ una riflessione interessante che va fatta e condivisa. Carlo Freccero, tanti e tanti anni fa, mi ha insegnato una cosa. La televisione pubblica deve avere due caratteristiche che non hanno gli altri: è di tutti, anche di quelli che lavorano altrove, e devi essere includente. Non si può non raccontare la contemporaneità: quando racconti la televisione contemporanea, devi raccontare tutto quello che succede altrimenti è un suicidio, ti autoescludi dal presente e parli solo di te stesso. E’ un rischio assurdo che non si può correre”.