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Fuori gli Autori II – Fausto Enni a Blogo: L’emozione che corregge la regola, la regola che corregge l’emozione

Oggi esce su TvBlog Fausto Enni

di Hit
pubblicato 8 Agosto 2016 aggiornato 21 Gennaio 2021 18:16

E’ uno degli autori televisivi più prolifici del panorama del piccolo schermo nostrano. Ha scritto, fra gli altri, Piccoli giganti, Grande Fratello, Torto o ragione, Affari tuoi, La macchina della verità, La fattoria, La terra dei cuochi, Il treno dei desideri, Sogni e tantissimi altri titoli. Ospite e padrone di casa oggi qui su TvBlog è Fausto Enni.

Questo mestiere strambo, complesso ed inspiegabile

Questo è l’invito al quale sono spesso sfuggito . Non è falsa modestia o ritrosia ma è proprio un modo di intendere un lavoro che può portare a ridicoli egocentrismi . A chi interessano i vaniloqui degli autori ? Ma, soprattutto, a qualcuno possono essere utili ? O ci leggiamo solo tra noi per criticarci o lodarci ?Bah…poi ho riletto quello che hanno scritto i miei colleghi e mi sono riconosciuto in tante cose. Da qui sono partite le riflessioni su un mestiere strambo, complesso, inspiegabile.

Dopo trent’anni di questo lavoro mi viene in mente la celebre frase di Alberto Arbasino. In questi anni ho visto spegnersi brillanti promesse, ho cercato di evitare di diventare il solito stronzo ma soprattutto mi tornano in mente tante frasi dei venerati maestri che ho incontrato in questo mestiere.

I primi sono stati i macchinisti e i tecnici del cinema che ho incrociato quando facevo il ragazzetto tuttofare sui set. Prototipi della categoria “burberi ma bonari” ( se conquistavi le loro simpatie sopravvivevi sennò erano dolori) che ti sibilavano frasi secche come frustate: ” a ragazzì sul set se sta sempre in piedi e mai con le mani in tasca” o ” rubba co’ l’occhi pe’ imparà”. Non c’è bisogno di spiegarle per capire che già questi erano due comandamenti che mi sono rimasti stampati in testa.

Poi sono passato dall’altra parte, la produzione. Quando quegli stessi amabili macchinisti hanno cominciato a darmi la caccia per essere pagati, ho capito che la gastrite sarebbe stata la mia compagna di vita e sono tornato a studiare. Dopo quella esperienza ho imparato ad avere rispetto delle persone che lavorano in produzione e delle loro gastriti.

Un’esperienza fondamentale però perché penso che un autore debba avere sempre un occhio a quello che si può fare, evitando di chiedere cose impossibili ma impuntandosi su quello che ritiene indispensabile per la riuscita di un programma.

Poi sbarcai sul pianeta Telemontecarlo, un paradiso senza auditel, almeno i primi tempi. Lì ho incontrato un altro maestro, Luciano Rispoli . Si dimentica troppo spesso che è stato uno degli inventori di Bandiera gialla, della Corrida e scopritore di talenti come la Carrà o Costanzo . Ha tirato su generazioni di autori e in tanti gli dobbiamo moltissimo.

Nel suo camerino , durante il rito del prosecco pre-puntata ( sì i maestri si sapevano godere anche la vita…) ho imparato quanto sia importante mischiare l’alto con il basso, il popolare con il colto. In pratica Carmelo Bene e Nicola di Bari, il politologo e le Oba Oba, la soubrette con Gassman .

Altro capitolo fu Unomattina, che come il militare tutti gli autori dovrebbero fare. Se alle sei del mattino riesci ad avere la lucidità di passare dall’intervista alla mamma del canaro allo spazio dedicato ai cani dalmata , il più è fatto. Qui l’incontro con altri venerati maestri, Emilio Ravel e Brando giordani , autori di uno dei miei programmi preferiti di sempre “Odeon, tutto quanto fa spettacolo”.

Due veri signori e devo dire che un paio di frasi di Giordani fanno parte di quelle stampate nella mia testa. Quando cercavamo gli ospiti per un talk ci diceva sempre ” non partiamo da Mao Tse Tung per arrivare al cuoco cinese!” , fulminante frase per dipingere il destino di tanti nomi sparati inutilmente. Poi, quando gli proponevo il tema per un approfondimento,l’altra frase illuminante era: “si, va bene, ma che se vede!?!” . Frase che racchiudeva il senso, che a volte sfuggiva ,che non stavamo facendo radio ma televisione.

Se penso ai programmi che ho fatto mi viene l’immagine dei ponti di Venezia ( o le scale di Escher a seconda delle situazioni) , ogni programma un canale da attraversare e questi maestri mi hanno accompagnato da una parte all’altra. Dalla televisione classica a quella più moderna.

In un altro ponte, a Sanremo, ho incontrato Alfredo Cerruti e il mio “mentore” Ugo porcelli, gli autori dei capolavori di Arbore ( lo dico per i più giovani anche se non ci sarebbe bisogno). Da loro imparavo tante cose anche in cene indimenticabili piene di racconti incredibili. A tavola c’erano Gino Landi, Cesare Gigli, Pippo Baudo…così tanto per gradire, in pratica la storia dello spettacolo . Sarebbero tante le frasi che mi hanno regalato , due su tutte.

Alfredo, straordinario napoletano di altri tempi, quando ci vedeva chini come impiegati sulle scalette ci spronava a vivere la vita con irripetibili inviti alla dissipazione ! Un modo per evitare di prendersi troppo sul serio e per invitarci ad essere creativi e non impiegatucci. Di Ugo mi è rimasta impressa la frase ” la TV non ha memoria”. Io l’ho letta sempre come un monito a dimenticare un pò quello si è fatto per affrontare nuove sfide, ma soprattutto l’ho trovata utile quando uno si imbatte in un flop epocale.

Crollano certezze e già si pensa a preparare gli scatoloni ed aprire una pizzeria a taglio, invece ci si rimette in carreggiata e si fa tesoro degli errori…e in questo caso, sì che la televisione rimane nella memoria di chi ha fatto il flop. Ho citato prima Pippo Baudo, prototipo del maestro, che quando era contento di una scaletta ci diceva: ” questa scaletta mi sembra ricca”, e pronunciando quel “ricca” ti sembrava di vedere un cannolo siciliano gustoso davanti a te. Oppure ci diceva ” nel più ci sta il meno”, nel senso che ci sta sempre tempo per sfrondare le parti inutili, importante era averle.

A proposito di scalette, nostra croce e delizia, mi vengono in mente le conversazioni con Carlo Freccero e il suo invito a “spettinare un pò”, rendere imprevedibile, quello che rischia di essere un meccanico avvicendamento di momenti di spettacolo. Subito dopo , un altro incontro fortunato, quello con Raffaella Carrà . Un intuito micidiale nel capire quello che funzionava per il pubblico , nel capire al volo le persone. Una macchina da guerra, nulla lasciato al caso, tutto verificato e controllato. Una lavoratrice insuperabile che però sapeva divertirsi. La sua tipica risata quando preparavamo la scaletta era il premio al lavoro fatto, sennò era tutto da rifare e controllare.

Ognuno di noi trova i suoi ponti da attraversare. Lavorando per tanto tempo in Endemol ho avuto la fortuna di sfuggire alla routine e cercare di far lavorare parti del cervello differenti: talent, scripted reality, emotainment, game show, talk show,reality vip e Grande Fratello.

Dopo otto edizioni di questo programma posso dire che è ancora un’esperienza unica e irripetibile per un autore. Ci vorrebbe un capitolo a parte per spiegare la scelta di un gruppo di concorrenti, la curiosità di vedere come si sviluppano le dinamiche interne, la complessità tecnica, la gestione delle emergenze . Si entra dentro questa lavatrice e si esce dopo mesi vivendo in una dimensione parallela e ipnotica. Vivi su quella collinetta a Cinecittà gran parte della giornata . quando torni a casa o guardi quello che succede nella casa o parli al telefono con i colleghi che lavorano nel cuore del programma, il confessionale. Ma l’aspetto che mi premeva raccontare è un altro: l’importanza di un gruppo di lavoro, lo sforzo di creare un ambiente giusto per far nascere delle idee, per scambiarsi le opinioni diverse nel rispetto dell’altro.

Del ruolo chiave della produzione ho già detto ma il lavoro della redazione e il rispetto per chi ci lavora è una delle cose che mi hanno insegnato tanti di quei “venerati maestri” citati prima. Ecco, questa “ecologia del lavoro”, è quella che richiede più impegno in un lavoro molto spesso fatto di personalità complesse e ingombranti. Per questo una volta trovati i compagni più affini si cerca di lavorare insieme su altri progetti, nel mio caso Andrea Palazzo col quale ho camminato su tanti ponti.

Ho citato tanti maestri ma c’è una frase che chi mi conosce bene sa che dico spesso. Una frase di uno che non ha mai fatto televisione ma è riuscito a fare una rivoluzione nella pittura, il cubista Georges Braque che diceva ” Amo l’emozione che corregge la regola, amo la regola che corregge l’emozione”, un buon insegnamento per trasmettere emozioni seguendo delle regole anche in televisione.

Fausto Enni

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