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Io ci sono, Cristiana Capotondi: “Mi piace rappresentare il simbolo che è diventata Lucia Annibali”

Cristiana Capotondi parla di Io ci sono, film-tv in cui interpreta Lucia Annibali, la donna aggredita da due persone per volere dell’ex fidanzato, e racconta le difficoltà sul set

pubblicato 15 Giugno 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 23:38

Un ruolo drammatico e molto difficile per Cristiana Capotondi, sul set in queste settimana di Io ci sono, film-tv tratto dall’omonimo libro di Lucia Annibali, la donna sfregiata con l’acido nel 2013 da due uomini per volere del suo ex fidanzato, Luca Varani, scritto con Giusi Fasano. Una fiction dal forte impatto sociale che, in un Paese in cui i femminicidi non si placano, vuole raccontare una storia di riscatto di una donna, diventata simbolo della lotta contro la violenza maschile.

L’attrice romana è quindi chiamata ad una difficile prova, aiutata dalla stessa Annibali, presente sul set a Pesaro, con cui ha stretto amicizia. “È lo strano cortocircuito che si è creato su questo set, dove le Marche sembrano il centro di un mondo popolato da persone reali e da loro alter ego”, ha detto l’attrice al Corriere della Sera. “Dove, se uno parla di Lucia, gli altri non sanno se guardare me o lei. Dove alcuni, come il suo avvocato, si sono trasformati in attori e interpretano anche se stessi. Dove ci ritroviamo tutti a cena assieme e tutti sentiamo che questo progetto ha una componente emotiva fortissima”.

La presenza dell’Annibali sul set è stato di grande aiuto, dal momento che la donna ha aiutato non solo la Capotondi ad entrare meglio nel personaggio, ma anche a lavorare sui dialoghi, rendendoli più realistici possibili:

“Abbiamo cambiato battute su suo suggerimento, ci ha dato consigli tecnici. E averla accanto, sapere che tifava con fiducia affinché raccontassi bene la sua storia, mi ha fatto sentire con più forza le scene che giravo”.

Il film-tv, che andrà in onda su Raiuno il 25 novembre per la regia di Luciano Mannuzzi, si concentrerà sul percorso effettuato dalla Annibali, un percorso fatto di sofferenze fisiche e psicologiche:

“I medici mi hanno spiegato che Lucia ha vissuto sofferenze fisiche e psicologiche fra le più difficili da immaginare, ma la sua vicenda conquista e commuove perché è una storia di riscatto. Lucia oggi si definisce una persona, e una donna, più bella e più libera di prima. A me, piace rappresentare il simbolo che è diventata. E mi piace pensare che molte donne che vivono relazioni difficili possano imparare a riconoscere i segnali di allarme che lei non ha visto. Sul set, commentando le scene in cui il suo ex le racconta bugie e le fa stalking, ed entrando noi due in uno scambio di confidenze più profonde, potevo dirle, con affetto, con il sorriso: ‘Ma perché?'”.

Un ruolo difficile da interpretare, che l’attrice ha capito che avrebbe potuto portare sullo schermo solo in un modo:

“[Avevo paura] di non rendere lo sturm und drang della storia. Sa quando si dice ‘la banalità del male’? L’aggressione era talmente stupida che credevo di non riuscire a stare in quella dinamica. Ma il trucco è stato dimenticarmi che conoscevo il finale”.

La Capotondi reciterà anche in Di padre in figlia, altra fiction in cui sarà una giovane anticonformista nell’Italia degli anni Sessanta alle prese con l’emancipazione femminile:

“Ho scelto un personaggio, più che un tema. Mi è piaciuto il ruolo di Maria Teresa, una ragazza nata nel 1950 che va in modo pacifico contro le regole del tempo, che vuole essere indipendente, laurearsi, diventare imprenditrice”.