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Gabriele Corsi a Blogo: “Take me out va vissuto come un gioco, non credo nella funzione pedagogica della tv”

Gabriele Corsi racconta Take me out (dal lunedì al venerdì su Real Time, ore 20.10) a Blogo. Intervista.

pubblicato 28 Gennaio 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 05:32

Attore, ‘opinion leader’ sul Fatto Quotidiano online, speaker radiofonico su Radio Deejay, (ex) voce fuori campo de Le Iene (“I patti erano chiari sin da subito, sapevamo che ci saremmo stati solo nella prima parte di stagione. Era giusto cambiare tutta la squadra”) e pure conduttore televisivo di uno dei programmi rivelazione di questo inizio 2016. La carriera di Gabriele Corsi, 33% del Trio Medusa, è in ascesa anche grazie a Take me out – Esci con me, il dating/game show in onda dal lunedì al venerdì su Real Time, canale 31 del digitale terrestre. Gli ascolti sono buoni, i risultati sui social sorprendenti.

Non è facile far affermare un programma nuovo.

“Il successo è incredibile nonostante il conduttore, è un’osservazione che devo fare assolutamente. Sono lusingato. Scherzi a parte, io credo molto nel gruppo. Quando è partita questa operazione mi sono posto il problema e mi sono chiesto: ‘Oddio, e se non funziona?’. Era un grosso rischio. Mi sono risposto: ‘Se non funziona mi prendo tutte le colpe, se funziona dico le cose come stanno'”.

E le cose come stanno?

“E’ la vittoria di un grande gruppo di professionisti: autori, produttori, la rete… ma soprattutto è la vittoria delle ragazze, coloro che ci permettono di essere così seguiti sui social. Sono spontanee e vere, ragazze normali. Non c’è un’immagine stereotipata e non sono neppure delle modelle. Sono rappresentate tutti i generi: varie età, estrazioni sociali, professioni ed accenti. Ci chiedono perché determinate ragazze ‘spariscono’ anche senza aver ottenuto un appuntamento: è previsto dal format. E poi, essendo ragazze comuni, hanno dei lavori e magari hanno semplicemente finito le ferie a loro disposizione”.

Immagino che molte siano lì per cercare visibilità. O cercano il vero amore?

“Credo che il fatto di essere in televisione le abbia invogliate a partecipare. Ma io non credo che vogliano fare televisione, sicuramente sono incuriosite dal mezzo. Mia moglie prima di sposarmi non era mai stata in un parco di divertimenti, una volta ha espresso il desiderio di andare a Disneyland ma questo non significa che voglia passare la vita lì. Così è andata – credo – per le nostre ragazze”.

Take me out è un dating show misto a game. I dating sono la moda del momento in tv. Tinder non tira più? Si va in televisione a cercare l’amore?

“(ride, ndr) Il nostro è un dating show sui generis. Prevale l’aspetto show e l’aspetto game, quello del divertimento. Non credo che l’obiettivo delle persone che si presentano al nostro programma sia quello di cercare l’amore, ma se succede, perché no. Ho incontrato per Roma alcune coppie che si sono formate lì. Non c’è un luogo deputato a formare coppie solide, altrimenti tutti avremmo frequentato quel posto lì. Ci si può conoscere al cinema, su Facebook, Tinder o a Take me out“.

Questo è stato il tuo debutto alla conduzione ‘solista’, senza Furio e Giorgio. Si sono offesi?

“La nostra storia professionale nasce prima come amicizia. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzini, poi siamo diventati anche un trio radiofonico e televisivo ma è stato tutto casuale, nonostante gli anni di dura gavetta. Io sono sempre stato quello dei tre che spingeva di più per questa professione. Agli inizi, quando avevo 18 anni, facevo degli spettacoli in teatro e loro erano gli unici che venivano a vedermi. Il loro atteggiamento è sempre di grande tifo e supporto, mai di rimprovero. Non ce l’avrei fatta senza il loro supporto logistico. Sono stati due fratelli come al solito”.

C’è la volontà di intraprendere carriere ‘singole’? Vi prenderete una pausa come gli One Direction?

“Nessuna pausa. La radio prosegue, ogni mattina. Furio e Giorgio in particolare amano profondamente la dimensione radiofonica. Ma nessuno spinge per fare qualcosa a tutti i costi. Già in passato mi erano arrivate delle proposte per alcune conduzioni ma avevo rifiutato. Questa volta il progetto lo sentivo nelle mie corde, ma non pensavo che potesse avere un successo così clamoroso”.

E’ un successo, sì, ma sono arrivate anche alcune critiche: c’è chi parla di trash e chi di anacronismo. Ti va di commentarle?

“Chi fa il critico, è giusto che critichi. Io, invece, penso di fare una cosa poco importante nella vita. Alla televisione si può rinunciare, tant’è che in alcuni momenti della nostra vita – tipo in vacanza – se ne fa a meno. Penso che sia una cosa poco fondamentale. E se tu commenti una cosa poco fondamentale, un qualcosa che non può cambiare l’umanità o regalare un futuro migliore… beh. E’ una critica che accetto, ma non mi fascio la testa. Non discuto sui gusti, ma alcune critiche le ho trovate poco centrate perché parlavano di un altro tipo di programma. Questo è un gioco, va vissuto come tale. Non si può commentare Take me out come se ci fossero dietro chissà quale retro pensieri di moralità. Altrimenti mi sembra di aver fatto una cosa alla Saviano. Io non credo nella funzione pedagogica della televisione”.