Home Notizie Andrea Scrosati: “A SkyTg24 più inchiesta. Aurora Ramazzotti modello aspirazionale”

Andrea Scrosati: “A SkyTg24 più inchiesta. Aurora Ramazzotti modello aspirazionale”

Andrea Scrosati ha parlato del tg del futuro e dei nuovi linguaggi di Sky, in un’intervista a Riccardo Bocca su L’Espresso

pubblicato 7 Novembre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 08:40

Andrea Scrosati a tutto campo come non l’abbiamo mai visto. Il vicepresidente programmi di Sky Italia si è raccontato a Riccardo Bocca sulle pagine de L’Espresso, partendo dal ribadire che “l’ipotesi di un mio passaggio in Rai nn c’è mai stato”. La sua attenta analisi del futuro della tv parte da quella di SkyTg24 che, come anticipato da Alessio Viola a Reputescion, necessita di stare al passo coi tempi:

“Il rischio che la formula dell’all news asettica sia superata esiste, ma SkyTg24 lavora proprio per evitarlo. Il punto di partenza è che terzietà non significa affatto evitare di prendere posizione. Noi ci siamo schierati su materie come le sofisticazioni alimentari o l’impatto della corruzione sul territorio. Prima che esplodesse Mafia Capitale, partendo dall’emergenza simbolica delle buche a Roma, abbiamo intuito che da quelle parti stava accadendo qualcosa di anomalo. Lì Sarah Varetto e il suo tg sono stati accusati di fare informazione troppo locale”.

Ecco cosa prevede, allora, lo SkyTg24 del futuro:

“A partire da questi giorni, e nel giro del prossimo anno e mezzo, il 10 per cento dei contenuti del nostro tg saranno costituiti da reportage e video inchieste. Un’enormità. Una trasformazione radicale che coinvolgerà tutti i nostri giornalisti. La cosa peggiore sarebbe produrre contenuti uguali al passato perché piacciono al pubblico. L’identità comunicativa, e il necessario scarto in avanti, si ottengono con l’incoerenza. Oltre che con il coraggio, giorno per giorno, di convincere chi ti segue a casa”.

Quindi anche da Sky saranno sempre più banditi i talk, un tempo cavallo di battaglia di Paola Saluzzi e Maria Latella:

“Rappresentano un linguaggio vecchio, per nulla coerente con il consumo di tv attuale. Un talk show dura in media tre interminabili ore, e dopo un minuto è già morto. Oggi servono prodotti ad alta forza visiva, come film e documentari d’inchiesta, che abbiano una durata minore e la possibilità di essere riproposti su qualunque supporto. Prodotti come il nostro Cronache di frontiera riassumono in 45 minuti il lavoro di settimane sul territorio. Lì sta l’abilità del giornalista, e lì sta la qualità di indagine che poi viene ottimizzata con il montaggio. Un discorso cruciale, per la televisione moderna. Ormai il terreno di sfida è il mix tra valore intrinseco del lavoro e confezione ideale per portare i contenuti su computer, cellulari e tablet. Tutt’altra cosa rispetto alle inchieste dove il cronista, in stile Bignamino, spiega al pubblico cosa sta seguendo”.

Scrosati rifiuta, però, l’etichetta di spersonalizzazione affibbiata agli anchormen di Sky:

“La questione è diversa. Io non credo che il protagonismo sia funzionale al nostro sistema di news. Penso invece che la personalità e l’autorevolezza dei conduttori debbano essere messe al servizio del prodotto, e non il contrario”.

Eppure la legge dei grandi numeri comanda anche sulla pay-tv:

“Lo sviluppo tecnologico ha bisogno di grandi numeri commerciali. Faccio parte del consiglio di amministrazione dell’Auditel. Trovo indispensabile che esista un sistema condiviso di valutazione delle performance televisive, e altrettanto indispensabile trovo che il sistema in questione rappresenti pure le modalità di consumo più innovative, garantendo massima affidabilità e trasparenza. Sky ha giocato un ruolo importante nella decisione di allargare il campione delle famiglie da 5 mila alle future 15 mila. Dunque serve cambiare, migliorarci, ma sempre creando prodotti che riscuotano ampio consenso. Un cerchio virtuoso che si chiude quando le nuove tecnologie consentono ai giovani di girare video a basso costo, noi li notiamo e li portiamo a contaminare la grande tv”.

Dello sbarco nel daytime di X Factor di una ‘figlia di’ come Aurora Ramazzotti, in compenso, Scrosati non è affatto pentito:

“Ha fatto un provino come altri cinque o sei ragazzi, e il suo risultato è il migliore. Ora i buoni ascolti confermano la nostra convinzione: lei sa accendere nel pubblico il cosiddetto processo di ‘aspirazione’. Quel meccanismo prezioso che porta a empatizzare con un certo artista o programma”.