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RadioBlog | Gianni Boncompagni: “Bandiera gialla ha inventato il pubblico giovane”

Bandiera Gialla, lo storico programma radiofonico Rai, compie 50 anni: a ricordarlo Gianni Boncompagni e Renzo Arbore

pubblicato 13 Ottobre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 09:36

Sono passati 50 anni dalla nascita dello storico programma radiofonico Bandiera Gialla. Per l’occasione Repubblica ha contattato i suoi ideatori, Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che nella metà degli anni sessanta hanno portato nella Rai di Ettore Bernabei un pubblico che non c’era. Il papà del clarinetto commenta così la nascita di quell’avventura:

“Io e Gianni, due veri sciagurati, ci eravamo rincontrati a settembre dopo aver vinto un concorso di maestri programmatori per la radio con l’idea di fare una trasmissione di musica moderna. La proposta fu discussa dalla direzione della radio, allora guidata dal maestro Giulio Razzi e successivamente affidata a Leone Piccioni, ma determinante fu Luciano Rispoli, che per superare le diffidenze propose di chiamare il programma Bandiera gialla”.

Boncompagni ha, quindi, aggiunto:

“Era quella che si metteva sulle navi quando c’erano gli appestati. Grande intuizione, ci davano via libera. All’inizio non pensavamo di fare una rivoluzione, però si parlava molto del programma: avevamo ‘inventato’ i giovani, categoria che non era considerata. Prima i programmatori erano anziani, io che venivo dall’estero – ero stato dieci anni in Svezia – avevo una visione diversa, ero abbonato a Billboard, forse l’unico italiano. Prendevamo i pezzi nuovi e li mettevamo in gara tra di loro”.

In ogni puntata venivano presentati quattro gruppi di tre canzoni che venivano votate, arginando la regola secondo cui un disco poteva passare nella stessa trasmissione ogni quindici giorni per evitare casi di corruzione da parte dei discografici.

A esibirsi per la prima volta a Bandiera gialla, tra i giovani artisti che ha lanciato, fu lo stesso Lucio Battisti:

“Aveva scritto bellissime canzoni con Mogol per i Dik Dik e non voleva cantare, diceva di avere una brutta voce, gli mettemmo in mano una chitarraccia per far sentire i brani che aveva composto”.

Tra i ragazzi che affollavano gli studi di Via Asiago, nel 1965, c’erano Renato Zero, Giancarlo Magalli, Barbara Palombelli e Clemente Mimun. Tra le tendenze lanciate “la sfida dei Beatles contro i Rolling Stones”, o lo sdoganamento della beat generation anche sul piano musicale, una giovane generazione che non era semplicemente pop, bensì figlia del rock’n’roll. Così Boncompagni ha chiosato sul degrado attuale:

“Oggi gli stadi si riempiono con cantanti orrendi. Loro, i giovani del cavolo, cantano canzoni senza senso. Per certi cantanti ci vogliono gli arresti domiciliari, così non fanno danni”.