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FAQ per gli artisti che non accettano le critiche negative (e contro le risposte preconfezionate)

Le risposte retoriche e preconfezionate smontate una ad una.

pubblicato 12 Ottobre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 09:38

Affermo immediatamente che quest’articolo è ispirato dal FAQ per gli Haters di Michele Monina, pubblicato su Fare Musica e Dintorni, lo metto in chiaro per correttezza, a scanso di equivoci.

Se quella di Monina, però, fu una serie di risposte ad affermazioni scritte frequentemente dai suoi haters, il mio è un FAQ rivolto agli artisti, nella fattispecie a quelli che replicano alle critiche negative, usufruendo di una retorica priva di contenuti e manifestando un’incapacità di argomentare senza eguali.

Per l’ispirazione principale, però, devo “ringraziare” Paolo Ruffini che ha disquisito sull’argomento haters per un bel po’ di tempo durante la prima puntata di Open Space, il talk show di Nadia Toffa che, nonostante le premesse rivoluzionarie, non ha fatto chiarezza su un argomento che, ormai, ha preso una piega più amara del chinotto.

Ci pensiamo noi.

Queste sono le risposte a tutte le repliche preconfenzionate alle quali certi artisti fanno affidamento dopo aver ricevuto una critica negativa (ne abbiamo selezionate 5).

Ieri sera, così per farvi un’idea, durante l’intervista a Ruffini ad Open Space, il conduttore e comico toscano è riuscito a dirne ben 4 su 5.

Cominciamo:

“Sei invidioso”: quando non ci si vuole confrontare o meglio, quando ci si vuole confrontare per sommi capi rimettendo il critico al proprio posto, la replica ideale è l’accusa di invidia. E’ ovvio che non si può escludere a priori che non esistano critiche dettate da un’invidia sorda e malcelata. Se esistono, sono critiche sleali. Non si può nemmeno affermare con certezza, però, che tutte, ma proprio tutte, le critiche siano originate da un sentimento di invidia. L’artista che lo sostiene è semplicemente arrogante. Sentirsi invidiati, inoltre, dovrebbe far star bene. Quindi, perché arrabbiarsi?;

“Fallo tu se sei più bravo”: e perché mai? Perché per legittimare una critica negativa su un programma televisivo o su un personaggio, si deve essere costretti a svolgere lo stesso mestiere di un artista? Se stessimo mangiando in un ristorante stellato, in caso di una pietanza non gradita, lo chef verrebbe da noi a sfidarci a cucinare quel piatto? E’ un’ipotesi alquanto surreale. E allora perchè un conduttore, un comico o un attore deve sfidarci a fare il suo stesso mestiere? L’idea che solo i conduttori possano giudicare i conduttori, che solo gli attori possano valutare gli attori e che solo i comici possano esprimere un’opinione sui comici, è semplicemente incongruente perchè il pubblico che decreta il successo di un artista (il successo vero), è il pubblico delle persone comuni, quelli che fruiscono di prodotti artistici, facendosi guidare semplicemente dal proprio gusto e non certo tenendo conto di dettagli tecnici. E’ incredibile ma si può esprimere un’opinione (o meglio ancora, si può essere addirittura esperti, come nel caso dei critici, appunto) su qualunque cosa anche senza saperla fare direttamente ma “solo” conoscendone la storia; Mario Verdone ha mai girato un film? Federico Zeri ha mai realizzato un’opera d’arte? Jon Pareles ha mai scritto una canzone?;

“I miei programmi puoi anche non vederli”: vero. In effetti, chi continua a guardare un programma televisivo dopo aver già formulato un giudizio negativo, è affetto da una forma lieve di masochismo. Per formulare un’opinione, però, un programma occorre necessariamente guardarlo altrimenti scatterebbe pure l’aggravante del pregiudizio. Anche in questo caso, quindi, si tratta di una risposta incoerente, classica di chi non sa argomentare;

“Ci sono cose più serie”: lo zenit della retorica, la frase che, potenzialmente, uccide ogni forma di sano confronto (per chi è così stupido da prenderla sul serio, ovvio). Il populismo insegna anche questo: ci sono cose più serie alle quali pensare e quindi la leggerezza è bandita. Quando un artista prova a spostare l’attenzione da se stesso, servendosi maldestramente di fatti più gravi, mette in atto un comportamento tremendamente scorretto perché ci sono cose che, semplicemente, sono imparagonabili per natura e per drammaticità;

“Il successo non si perdona”: ma non è vero. Per quanto mi riguarda, facendo un paio di esempi, sono contento delle recensioni positive che ho scritto per Giorgio Montanini e per Saverio Raimondo. Mi fa piacere il fatto che un personaggio di rottura come il comico marchigiano abbia un programma tutto suo in Rai come sono rimasto entusiasta per il Dopofestival 2015 del comico romano, al punto da auspicarne un passaggio dal web alla tv. L’ascesa di un artista capace può farti solo che piacere se sei un critico corretto.

A questo punto, le conclusioni sono tre:

– ci sono critici seri (ad esempio, noi di TvBlog, senza falsa modestia), critici normali ed educati (persone comuni che hanno tutto il sacrosanto diritto di esternare la propria opinione su un film, su una canzone, su un programma televisivo senza subire la seccatura di sentirsi rispondere “Fallo tu se sei più bravo!”) e persone disturbate che sfogano sul web la loro rabbia repressa, potenzialmente pericolosa per il prossimo e al limite del penale. Unire queste tre categorie sotto la definizione “haters” non solo è sbagliato ma ampiamente scorretto; cucinare queste tre categorie dentro lo stesso pentolone e servirle dentro lo stesso piatto è un atto che viene compiuto volontariamente con l’obiettivo di sminuire anche le critiche negative serie, le più temute perché scritte con lucidità;

gli haters sono un affare. La storia politica degli ultimi vent’anni insegna che un nemico giurato, o più nemici, portano consensi. Lo stesso concetto è stato ampiamente assimilato anche da certi artisti che, nell’epoca dei social network, possono servirsi tranquillamente dell’odio, recitando la parte delle vittime, sapendo che il dissenso è direttamente proporzionale al successo. Alcuni artisti se li inventerebbero, gli haters, pur di averli;

– accettare serenamente, e ripeto serenamente, che non si può piacere a tutti. Quando Fiorello dichiarò di essere incriticabile perché i suoi sono spettacoli positivi (“Ho ricevuto tante di quelle critiche. Io dicevo “è impossibile, non faccio uno spettacolo contro qualcuno”. E invece no, appena arrivo in televisione si scatenano tutti”, riportato da Il Corriere della Sera, 16 luglio 2015), in quell’occasione, lo showman siciliano cercò di attribuirsi un beneficio che non sta né in cielo né in terra. E’ una convinzione che non sta in piedi. Gli spettacoli “positivi”, qualunque cosa essi siano, non sono immuni da critiche semplicemente perché non è regolamentato da nessuna parte. E’ come se le canzoni d’amore, in quanto romantiche e positive, non possano essere criticate. Ma che senso ha?

Ripeto, non si può piacere a tutti.

Farsene una ragione, no?