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Leonardo De Amicis a Blogo: Ti lascio una canzone si è evoluto. Talent? Solo delle canzoni e non dei bambini

L’intervista a Leonardo De Amicis

di Hit
pubblicato 10 Ottobre 2015 aggiornato 21 Gennaio 2021 17:50

Ha prodotto lavori discografici per alcuni dei maggiori protagonisti della musica leggera italiana, fra gli altri Riccardo Cocciante, Mina e Gianni Morandi. Ha diretto le orchestre di alcuni dei programmi musicali di maggior successo della Rai, citiamo C’era un ragazzo con Gianni Morandi e Stasera pago io con Fiorello. E’ il direttore artistico e musicale dello show del sabato sera di Rai1 Ti lascio una canzone, parliamo di Leonardo De Amicis che oggi è ospite qui su TvBlog per parlarci di questo suo ruolo nel varietà condotto da Antonella Clerici (stasera la quinta emissione con ospiti Raf e i Ricchi e poveri). Lui, insieme ad Antonella, è presente a Ti lascio fin dalla sua prima edizione, abbiamo parlato con lui dell’evoluzione in tutti questi anni di questo spettacolo musicale, ma anche di The Voice e più in generale della musica in televisione.

Sei presente fin dalla prima edizione di Ti lascio una canzone, come è cambiato il programma in tutti questi anni ?

Non è cambiato nella sostanza, diciamo che si è evoluto nel linguaggio. Nelle prime edizioni avevamo una preponderanza di romanze liriche e di canzoni degli anni sessanta-settanta, ora variamo di più il repertorio. All’inizio c’erano meno puntate, più bambini nel cast, ricordo che facevamo dei gruppi di 60 bimbi, ora i casting sono leggermente più mirati, tendo a non cercare dei doppioni e ad armonizzare al massimo il gruppo.

Qualcuno dice che c’è stata nel tempo una svolta verso il talent, che ne dici?

Non credo molto. Sono sempre le canzoni in gara e mai i bambini. Infatti quando in finale un bimbo vince con più titoli, poi le canzoni vengono ridistribuite agli altri ragazzi. La parola talent, nel senso di una gara fra cantanti, non ci appartiene molto. Certo, se un interprete è molto bravo, può aiutare il brano ad uscire meglio, ma è sempre la canzone ad essere in gara e mai il bambino.

Come sei stato coinvolto in questo progetto ?

Sono stato chiamato dalla Ballandi come direttore d’orchestra e direttore musicale. Lavoro con questo gruppo dal primo “C’era un ragazzo” con Gianni Morandi, passando per “Stasera pago io” con Fiorello, quindi è stato quasi naturale chiamassero me. Ricordo che alle prime riunioni, in cui c’era ovviamente Roberto Cenci, ancora non si capiva chi lo avrebbe condotto. E’ stata quindi chiamata Antonella che poi ci si è buttata a capofitto. Sono davvero contento di fare Ti lascio una canzone, un programma che adoro, come adoro Antonella che è una donna straordinaria, oltre che una grande professionista.

Come sono cambiati i bambini da quella prima edizione del 2008 fino ad oggi ?

Caratterialmente i bambini sono sempre gli stessi, così come i loro genitori. Penso che si sia alzato il livello medio, che ora è più alto. Arrivano più preparati, probabilmente perchè studiano di più la materia musicale e sono anche più consapevoli, infatti mi confronto molto con loro.

Quali sono i criteri che usi per la scelta dei brani?

Parlo con i bambini, non faccio il padre padrone che impone la sua scelta musicale. Mi confronto molto con loro, li metto a loro agio e chiedo “cosa ti piace” e “cosa ti piacerebbe cantare”. Ritengo questa una cosa fondamentale. Credo che questo modo di operare sia la cosa più giusta. Per esempio la piccola Valentina Critelli che ha cantato Whitney Houston sabato scorso, ha delle idee chiarissime. Lei ama un genere preciso di musica, quando mi confronto con lei sul suo piano è con me, ma se io le dovessi chiedere di cantare una cosa che ne le piace, mi direbbe subito “non la canto”. Ovviamente io non porterei mai un bambino a dirmi una cosa del genere. Scelgo dei brani che ritengo adatti a loro, do una rosa di titoli e poi scegliamo il brano da cantare.

Tra un bambino che capisci ha un grande talento, ma è un po’ acerbo ed un altro che invece è già pronto perchè ha studiato, però non ha quella scintilla, chi sceglieresti ?

Alla base scelgo il bambino che passa di cuore. Dico anche che se non è preparato per affrontare un palco sarei un pazzo a sceglierlo, perchè lo metterei in difficoltà. Poi la scelta la fai anche in base alla spontaneità. Ci sono anche dei bambini forse troppo costruiti ed io quello cosa non la amo molto. Preferisco il mezzo errore che la perfezione robotica, insomma in una parola preferisco il cuore.

Il concerto dall’Arena di Verona del Volo trasmesso da Rai1 qualche tempo fa, come scaletta musicale – inediti a parte – sembrava praticamente una puntata di Ti lascio una canzone. Il marchio di Ti lascio dunque è davvero molto evidente nell’operazione del trio Ginoble-Boschetto-Barone, come li avete scelti e come vi è venuto in mente di unirli?

E’ innegabile che i tre ragazzi escono dal nostro programma, precisamente era la seconda edizione, quando eravamo ancora a Sanremo. Sono tre ragazzi totalmente diversi fra di loro. Ginoble è un mezzo baritono, Piero un tenore ed Ignazio è totalmente un’altra cosa, molto lontano dalla musica lirica. Lui era molto Albano, aveva queste note alte. In quella seconda edizione, che ebbe davvero molto talenti, loro parteciparono singolarmente. Non avevamo la certezza che potessero funzionare, però settimana dopo settimana ci accorgevamo che erano amatissimi e ci venne l’idea insieme a Roberto Cenci ed Antonella di metterli insieme e giocando li chiamammo “i tre tenorini” facendo il verso ai grandi “Tre tenori”. Ebbero subito grande successo, poi arrivò Tony Renis che li portò in America e da li presero il Volo di nome e di fatto.

Vi sentite spesso ?

Assolutamente si. Ci sentiamo via telefono, via messaggi, via social. Poi quando è possibile c’incontriamo fisicamente. Loro sono davvero molto attaccati a noi e ad Antonella in particolare.

Dopo le prime due edizioni di Ti lascio c’è stato l’addio dell’ ideatore e regista del programma Roberto Cenci, passato a Canale5 per fare un programma molto simile, Io canto. Ti era stato chiesto di seguirlo? Ci racconti quei momenti?

Non mi è stato chiesto di seguirlo. Lui ci ha lasciato all’improvviso. Fai conto che i casting iniziavano domani e lui ci ha comunicato oggi che non ci sarebbe stato. E’ stato ovviamente un colpo perchè Roberto era il direttore artistico del programma, tutto ruotava intorno a lui. Quella cosa io l’ho vissuta all’inizio un po’ male, ma subito dopo mi è stato chiesto se volevo occuparmi della direzione artistica del programma. Ricordo Ballandi me lo chiese ed io dissi subito di si. Un po’ di paura devo dirti la verità ce l’ho avuta, perchè ereditare da un giorno all’altro un compito così gravoso non è come bere un bicchier d’acqua. Ho subito iniziato a lavorare, oltre che da direttore musicale anche da direttore artistico. Dalla terza edizione ho anche questo ruolo, mi hanno confermato tutti questi anni, quindi qualcosa di buono l’ho fatto. Ringrazio tutti per la fiducia.

In che rapporti sei rimasto con Roberto Cenci ?

Buoni.

Ho visto che quest’anno stai inserendo anche delle canzoni più recenti e anche dei pezzi in inglese nella scaletta del programma

E’ vero, è un tentativo che sto facendo quest’anno. Ho la sensazione personale, che ho condiviso con tutta la squadra, che il pubblico di Rai1 può -a piccole dosi- ascoltare anche altro. Non possiamo fare il programma solo con le canzoni degli anni sessanta, anche perchè i grandi brani italiani sono tanti, quindi per quale motivo fermarci là. In queste prime puntate abbiamo inserito per esempio i Tazenda, i Guns N’ Roses ed alcuni pezzi in inglese che raramente abbiamo affrontato gli anni scorsi ed il riscontro buono c’è.

Ti sei occupato anche di The Voice, come è diverso preparare i due programmi ?

Sono due cose completamente diverse. The Voice è un talent con la “T” maiuscola. E’ il diretto concorrente di X Factor. Ho firmato per tre anni la direzione musicale e come autore. Lì si usa tutt’altro criterio, è un taglio televisivo diverso, oltre che di scelta di canzoni. A The Voice la percentuale di canzoni in inglese ed in italiano è 70-30 e quelle 30 italiane possibilmente recenti. C’è anche un altro impatto sonoro. A Ti lascio c’è un orchestra di 30 persone che riesce ad essere abbastanza “crossover” in tutti i pezzi. A The Voice invece abbiamo una band di una decina di elementi che è più indirizzata ad un pop più attuale.

In quale dei due programmi ti sei trovato meglio ?

Entrambi, sono due anime differenti, ma altrettanto importanti. Non sono un democristiano quando ti rispondo così e comunque mi ritengo fortunato di poter fare della musica in televisione.

Com’è oggi il rapporto fra musica e televisione e come potrebbe migliorare secondo te ?

L’importante è aver rispetto per la musica. La televisione lo dice la parola stessa, è un qualcosa che si vede. Negli anni c’è stata sempre una grande predominanza a concentrarsi sul fattore visivo. Io sono certo che la musica in televisione funziona e lo ha dimostrato Carlo Conti con i suoi programmi e con il suo Festival. Lo dimostra Antonella con i suoi programmi. Oggi devo dire che viene trattata meglio in Tv. Ci sono stati anni in cui la musica veniva usata solo come sottofondo, oppure veniva fatta in playback. Nei programmi vedo sempre più spesso il ritorno di piccole orchestrine che suonano live. E’ una cosa bella da vedere, per esempio anche in un programma pomeridiano, un quartetto che suona con la cantante, io lo preferisco al playback e al preconfezionato.

E’ difficile far passare questo concetto ?

La musica costa in televisione, costa meno non farla. Finora, dove vado, mi permettono sempre di farla come voglio io. Per esempio ho tolto le sequenze, ritengo che la musica si possa replicare dal vivo, non servono le basi, la musica si fa sul palco, almeno io la penso così.

Grazie a Leonardo De Amicis ed in bocca al lupo per tutto.