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Tv Talk, la tv da dentro e le cose che non ho detto perché il tempo è tiranno

Dal blog alla televisione, ecco tutto quel che mi sarebbe piaciuto aggiungere al mio intervento pomeridiano.

pubblicato 3 Novembre 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 00:30

Partiamo da un presupposto: per coerenza, dovrei scrivere una bella critica feroce contro me stesso, dopo la partecipazione a Tv Talk di oggi. Ma chi saprebbe autocriticarsi sul serio senza apparir falso? Nessuno. Quindi non ci proverò nemmeno, e le autocritiche le terrò per me. Eppure, qualcosa c’è da dire, e riguarda la difficoltà che ho riscontrato a razionalizzare i pensieri.

Sì, perché parliamoci chiaro: stare in televisione e provare a fare discorsi complessi nel breve tempo di un intervento in un talk è decisamente arduo. La tv è, per forza di cose, semplificazione (questo mi ricorda perché in passato ho sempre declinato, gentilmente, gli inviti a comparire. Questa volta è stato diverso, visto il ruolo decisamente più ufficiale che ho assunto in Blogo e in TvBlog, ma non dirò altro di autobiografico, se non che, ovviamente, è stato interessante essere, per una volta, dall’altra parte della barricata e pensare a come mi sarei visto da fuori. Grazie a Tv Talk, dunque. E’ stato quasi piacevole, anche se un po’ traumatico: come se fosse stato il mio Videodrome personale, insomma), e non dipende dal programma: dipende dai tempi, dall’esistenza stessa di una scaletta.

Così, ecco un bignamino delle cose che avrei voluto dire e che non ho detto (anche qui, riassumo per sommi capi, ma sempre più approfonditamente di quanto il mezzo consenta), non certo per autocensura ma proprio perché è fisicamente impossibile complicare i concetti. Fra l’altro, mi sembra anche un bel modo per alimentare l’interattività fra tv e web di cui si parla sempre tanto, spesso a sproposito.

Sulla generalista e su com’è partita la stagione: ce l’aspettavamo, la partenza a rilento. Forse non sono stato abbastanza chiaro nel dire che per quel che mi riguarda, la generalista di oggi si merita, globalmente – ovviamente, anche qui semplifico – il calo di ascolti e che dovrebbe imparare dalle tv tematiche, per quanto possibile.

Su Cielo che Gol, sostanzialmente ho detto quel che volevo dire. Che è un’esperienza sostanzialmente inutile. Avrei aggiunto, a beneficio del Prof. Simonelli, da cui evidentemente mi divide soltanto la passione calcistica, che tifo per la Juventus.

Torniamo seri. Su Alessio Vinci: non c’è stato il tempo di ricordare che quella surreale intervista rilasciata al Corriere.it era di due settimane prima rispetto all’addio in diretta tv. Che avrei voluto chiedere a Vinci, dunque, se già sapeva; e che avrei voluto chiedergli di quali “persone” non avrebbe dovuto fidarsi. Quanto al giornalismo anglosassone, il concetto è stato giustamente completato dagli analisti: anglosassone, sì. Nel senso di tabloid.

Sulla viralità intrinseca e la tv che si spacchetta avrei voluto insistere di più: programmi troppo lunghi, troppo polpettoni, che attraverso YouTube tradiscono il loro difetto principe. Quello di saper proporre solamente pochi momenti di grande interesse, diluiti nella programmazione.

Sulle web serie, il discorso sarebbe stato davvero troppo, troppo lungo, e lo è anche per un singolo post. Perché avrei voluto dire che:

– Freaks! è ben fatta tecnicamente, ma ha seri problemi di scrittura;
– gli episodi sono troppo lunghi (difetto, questo, comune a molte “web serie”)
– che i fan su YouTube non hanno affatto gradito l’aver preferito la messa in onda su DeeJay Tv prima che su YouTube (qualcuno ha fatto notare, per esempio, che era stato detto, al Telefilm Festival: «Freaks! nasce su youtube e sarà sempre data la priorità a youtube»);
– che non esiste solo Freaks! e se si parla quasi solo di Freaks! è come al solito perché il media generalista che si interessa agli argomenti “del web” deve per forza di cose semplificare;
– su Kubrick avrei detto, semplicemente, che non mi piace, che non fa ridere e che vorrebbe fare Boris senza aver capito cosa funziona di Boris;
– sulle web serie in generale, avrei voluto parlare del concetto stesso di web-serie. Ovvero: cos’è una web serie? Basta che stia sul web, per essere una web serie? O dovrebbe, forse, sfruttare le enormi potenzialità del web, che sono sostanzialmente l’interattività e la “socialità”?
– ho nominato Lost in Google, ma avrei voluto elencare altre web serie, solo che sarebbe stato come propinare una specie di lista della spesa, e quindi me lo appunto e ne parleremo su TvBlog;
– gli YouTuber, in Italia, vogliono davvero finire in tv? E’ quella l’ambizione finale? Allora c’è qualcosa che non quadra. Sean Dowson Shane Dawson, per dire, continua a fare i suoi video su YouTube, uno alla settimana. Per dire, io non ho mai scritto per TvBlog per finire a scrivere su, che so, Sorrisi e Canzoni. Volevo proprio far crescere TvBlog, non fare dell’altro, né farlo diventare di carta.

Sull’Auditel, mi sono tenuto tutte le cose che ho ampiamente scritto, insieme a molti altri, durante l’iniziativa “WIDG – La tv che vorrei“, per uscire dal modello ascolto = qualità.

Ovvero, non ho detto che l’Auditel è una convenzione statistica, che ci sono molti modi per parlare di qualtià e che quantità e qualità non sono necessariamente sinonimi, che la partita vince-perde è una costruzione forzata e via dicendo. Se volete, tutto sommato, banalità, o condizioni al contorno già ampiamente sviscerate qui e altrove.

E’ tutto, più o meno.

Alberto Puliafito

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